Possono essere mondi
reali o irreali, terreni o ultraterreni, vicini o lontani, tristi o felici,
inquietanti o tranquillizzanti; possono essere nati dai sogni, dalle fantasie
personali, dalle fiabe, dalle leggende o da una realtà volontariamente
modificata dal poeta. I protagonisti che vi si incontrano, maschili o femminili
che siano, si dimostrano altamente affascinanti, profondamente misteriosi,
immensamente enigmatici. Certamente questi mondi racchiudono simboli a volte
occulti: sta al lettore quindi, la capacità di individuarli (in qualche caso
l'impresa è ardua) e di analizzarli. Gli autori di queste poesie appartengono
alle più varie correnti, scuole o tendenze nate tra la fine dell'Ottocento e il
primo ventennio del Novecento. Il tema è più che mai ampio e coinvolgente, a
confermare la mia tesi sarà sufficiente leggere alcune della serie di poesie
che di seguito elenco.
Poesie dell'argomento
Mario Adobati:
"I desolati" e "L'offerta" in "I cipressi e le
sorgenti" (1919).
Vittoria Aganoor:
"Mai!" e "Leggendo Maeterlinck" in "Leggenda
eterna" (1900).
Diego Angeli:
"La madonna della neve" in «Il Marzocco», ottobre 1897.
Avancinio Avancini:
"Pastello" in "Dai nostri poeti viventi" (1903).
Alfredo Baccelli:
"Della morte all'ampie foci" in "Poesie" (1929).
Sandro Baganzani:
"Buoni morti" in "Senzanome" (1924).
Pier Luigi Baratono:
"I santi di ghiaccio" in "Sparvieri" (1900).
Ugo Betti: "I
palazzi di smeraldo" in "Il Re pensieroso" (1922).
Gustavo Botta:
"Vignetta" in "Alcuni scritti" (1952).
Paolo Buzzi:
"Arcobaleni" in "Aeroplani" (1909).
Paolo Buzzi:
"Mallarmé" in "Poema dei quarant'anni" (1922).
Giovanni Camerana:
"Tempeste" e "Sotto i placidi monti che tu sai" in
"Poesie" (1968).
Dino Campana:
"La speranza" in "Canti Orfici" (1914).
Giovanni Cavicchioli:
"Le trombe de la notte ingemmano" e "Arabeschi" in
"Palazzi incantati" (1916).
Girolamo Comi: "Dagli
orizzonti ignoti" in "Lampadario" (1912).
Italo Dalmatico:
"A i mali de la mia vita passata" e "La coscienza" in
"Juvenilia" (1903).
Gabriele D'Annunzio:
"Vas spirituale" in "L'Isotteo. La Chimera" (1890).
Adolfo De Bosis:
"Anima errante" in "Amori ac Silentio e Le rime sparse"
(1914).
Federico De Maria:
"Gl'Invisibili" in "Voci" (1903).
Federico De Maria:
"Magia" in "La Leggenda della Vita" (1909).
Arturo Foa:
"Inverni di provincia" in "Le vie dell'anima" (1912).
Luisa Giaconi:
"Nei muti campi del sogno" in "Tebaide" (1912).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Il tennis" in "Il convegno dei cipressi" (1894).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Libertà" in «Nuova Antologia», settembre 1907.
Corrado Govoni:
"Delizie sconosciute" in "Le Fiale" (1903).
Corrado Govoni:
"Io penso ai numerosi beghinaggi" in "Armonia in grigio et in
silenzio" (1903).
Corrado Govoni
"Ver" in "Gli aborti" (1907).
Corrado Govoni:
"La colonia del pianto" in "Poesie elettriche" (1911).
Arturo Graf:
"Superi" e "Inferi" in "Medusa" (1990).
Arturo Graf: "La
caccia disperata" in "Le Danaidi" (1905).
Tito Marrone:
"Corinna" in "Liriche" (1904).
Tito Marrone:
"Dove andrò" in «La Vita Letteraria», dicembre 1905.
Marino Moretti:
"Ascensore" in "Poesie di tutti i giorni" (1911).
Arturo Onofri:
"La fola" in "Poemi tragici" (1908).
Angiolo Orvieto:
"Invito" in "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya" (1898).
Giovanni Pascoli:
"Il miracolo" in "Myricae" (1900).
Luca Pignato:
"Laus Mortis" in "Persèfone" (1913).
Francesco Scaglione:
"Le città sommerse" in "Litanie" (1911).
Emanuele Sella:
"Un'Altra Vita" in "Rudimentum" (1911).
Agostino John
Sinadinò: "Ôpora" in "Melodie" (1900).
Domenico Tumiati:
"La Grande Acqua" e "Signora de le Nevi" in "Musica
antica per chitarra" (1897).
Domenico Tumiati:
"L'infinito" in "Liriche" (1937).
Aurelio Ugolini:
"Dittico" in "Viburna" (1905).
Remigio Zena:
"Quosque?" in "Le Pellegrine" (1894).
Remigio Zena:
"Domino azzurro" in "Olympia" (1905).
Testi
LE TROMBE DELLA NOTTE
INGEMMANO
di Giovanni
Cavicchioli
Le trombe de la notte ingemmano
i romantici fuochi
del crepuscolo
alluminati sui velari
degli orizzonti sconfinati.
Le arpe gemono e le
colombe
su le tombe
calaron stanche.
Oltre il bosco su la
riva del mare
melanconici cavalieri
vestiti a lutto
attorneati a una
tavola di pietra come a un'agape fraterna,
quali dormono
e quali, mordendo
voraci pesche e poma,
scrutano lentamente
antichissime
pergamene;...
e l'infaticabile mare
sussurra
e ansa come sospeso
che in lui sta
sommerso
il cuor de la notte.
E pallide e smagrite
fanciulle
con il volto macero
di pianto
e i lugubri occhi
sbarrati
là verso, ove il sole
moriva
e tuttora del suo
sangue
rosseggiano l'acque,
si cullano in una
tarlata canoa
e abbrividiscono al
freddo serotino
nei loro veli
gialli...
Una verde mestizia è soffusa
su l'invisibile volto
romantico,
e le trombe
crepuscolari
oh come malinconiche
e fioche!
Solo in un lontano giardino
un fanciullo malato,
seduto a l'orlo d'una
fontana,
si lagna sul flauto
ma le taciturne acque
sorgive
già occhiute di
stelle
tosto assiderano
l'esili note
piangenti...
E le trombe notturne
si tacciono;
e i trombettieri
discendono in fondo
al mare ...
Azzurro.
(da "Palazzi
incantati")
LE CITTÀ SOMMERSE
di Francesco
Scaglione
Affondano nei mari
alti azzurri tranquilli
come grandi meduse le
città rovesciate,
e seguono, calando,
il filo degli abissi
quasi sotto gli
abissi respirate
dal respiro del
mondo;
le acque, muraglie di
vetro,
rotolano -
specchiandolo -
il quieto naufragio
luminoso.
Città trasognate come
belve affacciate
a deserti colmi di
luce e di silenzio,
città inginocchiate
su le vette,
candidi anacoreti del
mondo,
città aggrappate
disperatamente agli abissi;
languide tuniche
obliate
negli atri verdissimi
de la terra
da leggendarie
gigantesse,
città scagliate come rupi,
o emerse come una
paziente
vegetazione di
muraglie,
città, fiori di
pietra curvati nei cieli,
il mondo che muore,
gravato di voi, vi sommerge
oggi nei mari alti ed
azzurri.
Oh rossi tramonti,
incendio di tramonti
raffica di tramonti
su le morte città, su
le città bianche silenziose
grandi petriere
incantate!
o crosci di fiamme su
le vetrate,
enormi polipi di
sangue
aggrappati a le mura
come in una
carneficina,
o flagellanti pei
rossi tentacoli
le piazze, i minareti
deserti
erti come scogliere
su la bianca spuma de
le città morte!...
perché, tramonto,
ridi il tuo riso di sangue
su le morte città
e le illudi di
efimera vita?
poi quando cadi,
anche tu
stanco naufrago del
cielo
tra i lividi rottami
de le nubi,
con te trascini negli
abissi dei cieli
le morte città,
e le città ti seguono
come creature
afferrate ne le
capigliature
rosse da le tue rosse
mani,
poi fumano ne la
notte
come roghi spenti!
No, no, città senza
tramonti,
città senza soli,
città senza stelle...
voi siete cieche,
o vuote città sognanti
un lungo sogno di
pietra, di sabbie di deserti,
siete le carovane
pietrificate
nei deserti de la
terra,
le vagabonde de la
terra
accovacciate su la
vostra tomba
coi vostri bianchi
cenci
a cogliere, saliente
per le vene di granito,
il pianto del mondo!
(da "Le
litanie")
Jheronimus Bosch, "Trittico del Giardino delle Delizie" (da questa pagina Web) |
Nessun commento:
Posta un commento