Adriano Guerrini (Alfonsine 1923 - Genova 1986) è l'ennesimo poeta italiano sottostimato - e di conseguenza trascurato - da una critica letteraria che troppo spesso, nel valutare le opere di uno scrittore, fa attenzione e dà importanza soltanto ad elementi che riguardano le correnti e le mode dei tempi in cui tale scrittore visse e operò. Guerrini è stato senza alcun dubbio un poeta dotato di un talento enorme, che però ha sempre rifiutato, se non avversato, certe tendenze poetiche basate su ricercatezze formali e su preziosismi linguistici, come pure quelle che prediligevano sterili e cervellotici sperimentalismi. Fin dalla sua prima gioventù, il poeta romagnolo ebbe precisi punti di riferimento: i versi che sempre amò e da cui s'ispirò sono soprattutto quelli di Giovanni Pascoli, Diego Valeri e Camillo Sbarbaro. Ciò è evidente già dalla prima raccolta di versi: Alti boschi, che comprende poesie scritte tra il 1943 e il 1947, e che fu pubblicata soltanto nel 1973. Qui emerge la natura in tutta la sua stupefacente bellezza; i luoghi alpini così pieni di fascino e di mistero sono descritti in modo eccellente, e mostrano tutta la passione del poeta romagnolo nei confronti della montagna, ma direi anche, più in generale, della natura incontaminata. Però a partire dalla sua seconda raccolta: L'età del ferro, ecco comparire il timore per il serio pericolo che tale, meravigliosa natura subisca delle interferenze da parte dell'uomo, comprese le conseguenti modifiche tali da renderla assai meno affascinante e da comprometterne definitivamente quella verginità fondamentale, senza la quale si avvia un percorso di deterioramento cronico, che si conclude con la fine della vita stessa, come viene paventato in un'altra, splendida raccolta di Guerrini: Jon il groenlandese¹.
Accanto al Guerrini naturalista ed ecologista ne esiste un altro, del tutto differente dal primo, che mette in mostra la sua tagliente vena polemica e la sua sincera passione politica. Quest'ultimo aspetto poetico lo si rintraccia facilmente in due raccolte dai titoli eloquenti: Polemica e Poesie politiche. In questi versi Guerrini prende spunto dalle mode poetiche dei suoi tempi e dai falsi o distorti ideali politici in voga nella seconda metà del Novecento, per esporre, con evidente indignazione, il suo disappunto e la sua ironia; anche quando tratta questi argomenti, si nota una non comune capacità di colpire nel segno, a conferma dell'enorme talento poetico di Guerrini. Le restanti raccolte, che vanno da Quindici poesie a qualcuno a Ultimi versi ², e che aggiungono ulteriori memorabili tasselli alla sua notevole produzione poetica, sono assolutamente "da leggere", e sarebbe anche il caso di riunire tutti i versi di questo poeta così tormentato e così misteriosamente trascurato in un unico volume, visto che a tutt'oggi esiste soltanto un libro: Poesie (1941-1986) che in parte ripercorre la sua carriera letteraria. In conclusione, riporto un elenco delle opere poetiche e tre bellissime poesie di Guerrini.
NOTE
1) Ora disponibile in nuova edizione dal 2016, grazie alla casa editrice San Marco dei Giustiniani di Genova.
2) Comprende otto liriche scritte tra il 1981 e il 1986, presenti nel volume Poesie (1941-1986).
Opere poetiche
"L'adolescente", Liguria, Genova 1957 (2° ed. accr. Sabatelli, Savona 1980).
"Età di ferro", Rebellato, Padova 1958.
"L'amore e il tempo", Amicucci, Padova 1960.
"Ritorno alla terra euganea", Ca' Diedo, Padova 1961.
"Polemica", Genova 1966.
"Cinquanta quartine", Genova 1971.
"Alti boschi (1943-1947)", Genova 1973.
"Jon il groenlandese", Scheiwiller, Milano 1974.
"Poesie politiche", Scheiwiller, Milano 1976.
"Età del ferro", Mondadori, Milano 1978.
"Quindici poesie a qualcuno", Sabatelli, Savona 1981.
"Ventotto poesie", San Marco dei Giustiniani, Genova 1981.
"L'invito", San Marco dei Giustiniani, Genova 1984.
"Tanka (1974-1979)", Res, Milano 1984.
"Poesie (1941-1986)", De Ferrari, Genova 1996.
L'OMBRA
Tra voci e fitti suoni,
tra ansiti di macchine
veloci, e luci, e scritte
senza tregua, al tramonto,
appare oscura un'ombra.
Dietro vortici d'occhi
febbrili e indifferenti,
mossi da un rosso lampo
o da un rifiuto inerme,
livida affiora un'ombra.
Lungo le vecchie strade,
a notte, se torniamo
silenziosi, pensando
a questi nostri anni,
cupa s'addensa un'ombra.
E nel tuo cielo, Europa,
su dal mare in cui splendide
galere più non vanno,
coi giorni malcerti,
come ingrandisce l'ombra!
[da "Poesie (1941-1986)", p. 57]
NULLA
Quando sarò scomparso anch'io, e di me
non resterà che un nome ed una data
sopra una pietra lungo un vecchio muro,
forse sarà scontata, solo allora,
la grande colpa d'essere esistito.
Tutto diventerà puro, lontano:
io non sarò che una leggenda antica
che nessuno conosce. Il nome mio
d'altro non parlerà se non del tempo
a qualcuno, per caso. Su di esso
passerà il lume dei giorni sereni,
la nebbia delle sere tristi, sempre,
sempre; fino a che anch'esso sparirà.
Così, nulla di me sarà mai stato.
(da "L'invito", p. 44)
NOI
Tu che torni ogni sera
e vai sicuro e lieto, discorrendo
senza guardarti intorno, conosciamo
il tuo segreto: mai col desiderio
sei andato al di là di quella donna
che hai, di quelle frasi
che pronunci ogni giorno,
di quel ritorno per la via che sai.
Noi con fastidio e con disperazione
verso di te guardiamo:
noi che dovunque siamo non è mai
casa nostra, che in fondo
al cuore udiamo sempre un'altra voce,
cui gli occhi sempre fuggono
oltre i muri e cui sempre l'inquietudine
ha vuotato le mani.
Uomini soli, noi, che quando anch'esse
le parole ci avranno ormai delusi,
solo squallore attenderà, domani.
(da "L'invito", p. 71)
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