domenica 22 settembre 2019

Il pianto: qualche riflessione e tre poesie


Forse è un sintomo della vecchiaia o chissà cos'altro, fatto sta che da un po' di tempo a questa parte mi succede di piangere spesso; ciò mi può accadere mentre sto guardando un determinato film, o ascoltando una particolare musica; altre volte le lacrime affiorano a seguito di pensieri... Quando sono solo le lascio cadere copiose, e mi abbandono senza resistenza al pianto... ma se mi trovo in compagnia, cerco di reprimerle, anche perché susciterei imbarazzo o ilarità in coloro che si troverebbero con me in quel preciso momento, e che magari proverebbero a farmi smettere immediatamente. Perché l'uomo, spesso, si vergogna di piangere? e perché, chi osserva una persona che piange, sente l'istinto di consolarla per farla smettere? cosa c'è di imbarazzante e di sbagliato nel pianto? A pensarci bene nulla, e non dovrebbe esistere nessuna vergogna nel piangere. Il pianto è un atto liberatorio e a volte piacevole, che fa emergere il lato più bello della nostra personalità: quella capace di commuoversi e di provare un'emozione molto forte. Non è detto che si pianga per dolore: si può piangere per emozioni spiacevoli o piacevoli; si piange anche per felicità. Purtroppo il pianto è sempre stato considerato quale sintomo di debolezza e, a volte, di immaturità. Ebbene io non potrò mai essere di questo parere, sebbene mi vergogni di piangere davanti ad altre persone, poiché ogni volta che ho la possibilità di farlo provo un senso di benessere e, quando è caduta l'ultima lacrima dai miei occhi, mi sento molto meglio. Ecco, a tal proposito, tre poesie di tre poeti italiani del Novecento, dedicate al pianto e alle lacrime - che del pianto sono le figlie -. La prima è di Camillo Sbarbaro (Santa Margherita Ligure 1888 - Savona 1967), e fa parte di Pianissimo (La Voce, Firenze 1914), una raccolta poetica fondamentale, di cui ho già parlato in un post dedicatogli; la seconda si trova in Ora serrata retinae (Feltrinelli, Milano 1980), primo volume di versi di Valerio Magrelli (Roma 1957), che confermò il grande talento del poeta romano, già rivelatosi appena ventenne in alcune poesie apparse nella storica antologia La parola innamorata (Feltrinelli, Milano 1978); la terza è di Roberto Carifi (Pistoia 1948), e si trova all'interno di un bellissimo volume di versi intitolato Amore d'autunno (Guanda, Parma 1998), forse il migliore tra quelli pubblicati in Italia nell'ultimo decennio del XX secolo. Buona lettura.

 
Vincent van Gogh, "Weeping Woman"
(da questa pagina web)


LACRIME, SOTTO SGUARDI CURIOSI
di Camillo Sbarbaro

Lacrime, sotto sguardi curiosi
non mi scoppiate a un tratto mentre parlo
di vane cose (mi sovviene a un tratto
del mio cammino sotto cieli bui,
non avendo una mano che m’incuori;
e l’inutilità di ciò che dico
di ciò che faccio mi fa grave il cuore).
M’irrita la carezza nei capelli.
Io troppe volte in giovinezza risi
per ricacciare dentro le mie lacrime,
ché la pietà degli uomini mi umilia.
E quell’altro mio io il quale sempre
m’accompagna, vorrebbe quando piango
alzar la faccia e ridere frenetico.

Mentre guardo mio padre ginocchioni
non mi colate giù rapide e calde.
Mi guarda il padre coi suoi poveri occhi
senza battere ciglio e scopre nuovo
l’irrequieto che tenea per mano
e che gli crebbe presso sconosciuto.

Ma nell’angolo buio d’una stanza
o nella solitudine d’un bosco
oh dolcezza di pianger tutto solo!
Al sostegno più prossimo m’appoggio
nell’improvvisa piena del mio petto
abbandonatamente come fossi
per morire e tra mezzo grosse lacrime
mi brilla il viso di riconoscenza.

Allora sotto la bontà dei cieli
io sono nudo come quando nacqui.
Dietro il sottile velo delle lacrime
allora sono solamente io.

(da "Pianissimo", Marsilio, Venezia 2001, pp. 54-55)






È SPECIALMENTE NEL PIANTO
di Valerio Magrelli

È specialmente nel pianto
che l’anima manifesta
la sua presenza
e per una segreta compressione
tramuta in acqua il dolore.
La prima gemmazione dello spirito
è dunque nella lacrima,
parola trasparente e lenta.
Secondo questa elementare alchimia
veramente il pensiero si fa sostanza
come una pietra o un braccio.
E non c’è turbamento nel liquido,
ma solo minerale
sconforto della materia.

[da "Poesie (1980-1992) e altre poesie", Einaudi, Torino 1992, p. 26]





CHI PIANGE, CAMPANA...
di Roberto Carifi

Chi piange, campana, nel lento rintocco,
che cielo tramonta sul  tuo campanile,
il rosso è di sangue
o così si colora l'amore morente?
Tu sola conosci, campana, il canto dolente
che l'angelo intona
quando di sera abbandona chi ama
all'abbraccio del nulla,
ma dimmi se l'angelo piange
nel lento rintocco
oppure è soltanto il mio cuore
che piano si spegne.

(da "Amore d'autunno", Guanda, Parma 1998, p. 17)



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