Forse è un
sintomo della vecchiaia o chissà cos'altro, fatto sta che da un po' di tempo a
questa parte mi succede di piangere spesso; ciò mi può accadere mentre sto
guardando un determinato film, o ascoltando una particolare musica; altre volte
le lacrime affiorano a seguito di pensieri... Quando sono solo le lascio cadere
copiose, e mi abbandono senza resistenza al pianto... ma se mi trovo in
compagnia, cerco di reprimerle, anche perché susciterei imbarazzo o ilarità in
coloro che si troverebbero con me in quel preciso momento, e che magari
proverebbero a farmi smettere immediatamente. Perché l'uomo, spesso, si
vergogna di piangere? e perché, chi osserva una persona che piange, sente
l'istinto di consolarla per farla smettere? cosa c'è di imbarazzante e di
sbagliato nel pianto? A pensarci bene nulla, e non dovrebbe esistere nessuna
vergogna nel piangere. Il pianto è un atto liberatorio e a volte piacevole, che
fa emergere il lato più bello della nostra personalità: quella capace di
commuoversi e di provare un'emozione molto forte. Non è detto che si pianga per
dolore: si può piangere per emozioni spiacevoli o piacevoli; si piange anche
per felicità. Purtroppo il pianto è sempre stato considerato quale sintomo di
debolezza e, a volte, di immaturità. Ebbene io non potrò mai essere di questo
parere, sebbene mi vergogni di piangere davanti ad altre persone, poiché ogni
volta che ho la possibilità di farlo provo un senso di benessere e, quando è
caduta l'ultima lacrima dai miei occhi, mi sento molto meglio. Ecco, a tal
proposito, tre poesie di tre poeti italiani del Novecento, dedicate al pianto e
alle lacrime - che del pianto sono le figlie -. La prima è di Camillo Sbarbaro
(Santa Margherita Ligure 1888 - Savona 1967), e fa parte di Pianissimo (La Voce, Firenze 1914), una
raccolta poetica fondamentale, di cui ho già parlato in un post dedicatogli; la
seconda si trova in Ora serrata retinae
(Feltrinelli, Milano 1980), primo volume di versi di Valerio Magrelli (Roma
1957), che confermò il grande talento del poeta romano, già rivelatosi appena
ventenne in alcune poesie apparse nella storica antologia La parola innamorata (Feltrinelli, Milano 1978); la terza è di
Roberto Carifi (Pistoia 1948), e si trova all'interno di un bellissimo volume
di versi intitolato Amore d'autunno
(Guanda, Parma 1998), forse il migliore tra quelli pubblicati in Italia nell'ultimo
decennio del XX secolo. Buona lettura.
Vincent van Gogh, "Weeping Woman" (da questa pagina web) |
LACRIME, SOTTO
SGUARDI CURIOSI
di Camillo
Sbarbaro
Lacrime, sotto
sguardi curiosi
non mi scoppiate
a un tratto mentre parlo
di vane cose (mi
sovviene a un tratto
del mio cammino
sotto cieli bui,
non avendo una
mano che m’incuori;
e l’inutilità di
ciò che dico
di ciò che faccio
mi fa grave il cuore).
M’irrita la
carezza nei capelli.
Io troppe volte
in giovinezza risi
per ricacciare
dentro le mie lacrime,
ché la pietà
degli uomini mi umilia.
E quell’altro mio
io il quale sempre
m’accompagna,
vorrebbe quando piango
alzar la faccia e
ridere frenetico.
Mentre guardo mio
padre ginocchioni
non mi colate giù
rapide e calde.
Mi guarda il
padre coi suoi poveri occhi
senza battere
ciglio e scopre nuovo
l’irrequieto che
tenea per mano
e che gli crebbe
presso sconosciuto.
Ma nell’angolo
buio d’una stanza
o nella
solitudine d’un bosco
oh dolcezza di
pianger tutto solo!
Al sostegno più prossimo
m’appoggio
nell’improvvisa
piena del mio petto
abbandonatamente
come fossi
per morire e tra
mezzo grosse lacrime
mi brilla il viso
di riconoscenza.
Allora sotto la
bontà dei cieli
io sono nudo come
quando nacqui.
Dietro il sottile
velo delle lacrime
allora sono
solamente io.
(da
"Pianissimo", Marsilio, Venezia 2001, pp. 54-55)
È SPECIALMENTE
NEL PIANTO
di Valerio
Magrelli
È specialmente
nel pianto
che l’anima
manifesta
la sua presenza
e per una segreta
compressione
tramuta in acqua
il dolore.
La prima
gemmazione dello spirito
è dunque nella
lacrima,
parola
trasparente e lenta.
Secondo questa
elementare alchimia
veramente il
pensiero si fa sostanza
come una pietra o
un braccio.
E non c’è
turbamento nel liquido,
ma solo minerale
sconforto della
materia.
[da "Poesie
(1980-1992) e altre poesie", Einaudi, Torino 1992, p. 26]
CHI PIANGE,
CAMPANA...
di Roberto Carifi
Chi piange,
campana, nel lento rintocco,
che cielo
tramonta sul tuo campanile,
il rosso è di
sangue
o così si colora
l'amore morente?
Tu sola conosci,
campana, il canto dolente
che l'angelo
intona
quando di sera
abbandona chi ama
all'abbraccio del
nulla,
ma dimmi se
l'angelo piange
nel lento
rintocco
oppure è soltanto
il mio cuore
che piano si
spegne.
(da "Amore
d'autunno", Guanda, Parma 1998, p. 17)
Nessun commento:
Posta un commento