giovedì 25 aprile 2019

Le drammatiche conseguenze di una guerra devastante in due poesie


Quest'anno voglio ricordare l'anniversario della Liberazione con due poesie attinenti alle devastazioni e ai lutti causati dalla Seconda Guerra Mondiale. Entrambe furono scritte nell'immediato dopoguerra, quando ancora erano fresche e molto dolenti le tremende ferite causate da un evento bellico senza pari per ferocia e per accanimento. La prima, che è di Gaetano Arcangeli (Bologna 1910 - ivi 1970), fa parte del volume Solo se ombra e altre poesie (Mondadori, Milano 1954); io in realtà l'ho estratta da una ristampa del citato volume, pubblicata da Scheiwiller in Milano, nell'anno 1995. I versi aprono la seconda sezione della raccolta, e portano il titolo della stessa, che però ha anche, tra parentesi, gli anni limite in cui queste poesie furono scritte: 1945-1947. Il poeta guarda le rovine causate dai bombardamenti della recente guerra, e si lascia andare a considerazioni che includono i rimorsi per una tragedia forse evitabile e la pietà per tutto ciò che si è perso lungo i devastanti cinque anni del conflitto. Nella seconda parte del componimento poetico, Arcangeli pone l'accento sull'infinita vita che continua, malgrado tutto. Là dove il vortice di odio aveva distrutto e annientato qualsiasi cosa o persona, ecco che compaiono già i primi segni di una rinascita: le prime erbe che affiorano dalle rovine, così come le persone che lentamente tornano a ricostruire ciò che è stato raso al suolo, sono segnali evidenti della voglia di ricominciare a vivere, pacificamente e dolcemente, magari cercando di dimenticare nel più breve tempo possibile gli incalcolabili dolori causati da una inopinata guerra.
La seconda poesia è di Elda Bossi (Firenze 1901 - ivi 1996), una scrittrice che, forse, oggi è stata un po' messa da parte, malgrado sia autrice di buoni romanzi e di interessanti raccolte poetiche, tra le quali A lume di candela (Vallecchi, Firenze 1965), in cui si nota una fitta presenza di versi dedicati alla Seconda Guerra Mondiale, basati sulle esperienze personali della poetessa, che fa divenire l'intero libro, come una sorta di diario in versi, a voler rimarcare in modo inequivocabile tutte le sofferenze, gli stupori e le meditazioni scaturite da quei terribili anni. La poesia che ho selezionato, come quella di Arcangeli parla di rovine in cui si rintracciano i primi segni di una rinascita naturale, rappresentata dall'erba, che di nuovo verdeggia sul cemento, nel periodo in cui sta per terminare la prima estate del dopoguerra. La poetessa, mentre si aggira nei pressi di questo paesaggio ancora così fresco di distruzione, nota la costante presenza di una donna, la quale continua a parlargli di un tragico evento accaduto a seguito di un bombardamento: la morte di una bambina sotto le macerie di una casa crollata; la donna insiste nell'affermare che questa bambina (forse sua figlia) è ancora lì sotto; a questa disgrazia non sa rassegnarsi, e cerca almeno una parola di conforto da chi incontra, per attutire il fortissimo dolore, e per poter pensare che per lo meno, prima di morire, la piccola non abbia troppo sofferto. Anche in questa lirica, emerge una voglia di ricominciare da parte dei sopravvissuti, e ciò è ben esemplificato dagli ultimi due versi, riferiti ad una attività commerciale presente in un edificio risparmiato dalle bombe, che, finalmente, ha la possibilità di riaprire.   


FRA ROVINE IMPLORANTI
di Gaetano Arcangeli

Fra rovine imploranti, che sommuove
non so se questa mia pietà che pronta
su di esse si china a un suo soccorso,
o il rimorso implacato della guerra,
la vita affiora in stupite radici,
in una esitazione di erbe nuove;

e dove d'ira vortice più offese,
in premuroso vortice or delira,
impaziente reduce, un amore
che qui abitò; e qui, mentre si aggira,
riedifica ore, gesti, attese
dolci, di un infinito mite vivere...

[da "Solo se ombra (1941-1953)", Scheiwiller, Milano 1995, p. 27]





PRIME MACERIE
di Elda Bossi

Sulle prime macerie
riverzica l'erba
all'acqua di settembre.

Coi piedi nel fango
una donna ferma per ore.
Ogni giorno la ritrovo.
«C'è una bimba - mi dice -
una bimba,
c'è una bimba là sotto.
Crede che sarà morta
di colpo?»

Hanno riaperto
il bar sull'angolo.

(da "A lume di candela", Vallecchi, Firenze 1965, p. 18)




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