sabato 23 marzo 2019

La poesia di Claudio Damiani


Claudio Damiani è un poeta italiano che, volendolo inserire in un secolo, può benissimo rientrare fra le ultime generazioni del Novecento. Io lo conobbi grazie ad una ottima e preziosa antologia di cui ho già parlato in un altro post: Nuovi poeti italiani contemporanei (a cura di Roberto Galaverni, Guaraldi, Rimini 1996). Le poche poesie selezionate dal curatore, mi colpirono per l'estrema semplicità e la disarmante bellezza che sapevano trasmettere al lettore; tanto più a me che, parlando di poesia, ho sempre preferito i versi in cui non comparissero troppi artifici e inutili sperimentazioni. Ciò che eccelle, nella poesia di Damiani, come spiega magistralmente Roberto Galaverni nella sua presentazione nella detta antologia, è l'assenza totale di componenti intellettuali, a favore di una spontaneità palpabile e di una semplicità estrema. Damiani ama descrivere la bellezza della natura che lo circonda, l'amore, gli affetti familiari, gli animali e i migliori ricordi di un passato personale più o meno recente; nel contempo, sebbene in modo saltuario, non esita a confessare i suoi timori, le sue sensazioni negative, che, però, risultano attenuate, quasi addolcite da parole e pensieri privi di qualsivoglia crudezza. Ho notato che più di qualcuno ha provato ad avvicinare la poesia di Damiani a quella dei grandi del passato, paragonandolo, seppure parzialmente, a Petrarca, ai poeti dell'Arcadia, a Pascoli ed a Saba; in verità, a me sembra che il poeta pugliese non debba niente a nessuno di costoro, e che i suoi versi posseggano un'originalità indiscutibile e quindi siano imparagonabili. Devo infine precisare che io conosco bene soltanto una parte dell'opera poetica di Damiani: quella che va dalla prima raccolta: Fraturno (1987) a Eroi (2000). Per quanto riguarda Il resto, mi è successo di leggere qualcosa che comunque conferma in pieno l'ottima impressione avuta fin da quando lessi le prime poesie. Chiudo riportando una splendida lirica tratta dalla raccolta La miniera, del 1997, che è anche il primo libro di Damiani che acquistai.




Che bello che questo tempo
è come tutti gli altri tempi,
che io scrivo poesie
come sempre sono state scritte,
che questa gatta davanti a me si sta lavando
e scorre il suo tempo,
nonostante sia sola, quasi sempre sola nella casa,
pure fa tutte le cose e non dimentica niente
- ora si è sdraiata ad esempio e si guarda intorno -
e scorre il suo tempo.
Che bello che questo tempo, come ogni tempo, finirà,
che bello che non siamo eterni,
che non siamo diversi
da nessun altro che è vissuto e che è morto,
che è entrato nella morte calmo
come su un sentiero che prima sembrava difficile, erto
e poi, invece, era piano.

(da "La miniera", Fazi, Roma 1997, p. 73)

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