domenica 3 marzo 2019

"Il libro dei frammenti" di Ceccardo Roccatagliata Ceccardi


La prima opera poetica di Roccatagliata Ceccardi (Genova 1871 - ivi 1919) uscì nel 1895, presso l'editore Aliprandi di Milano; il volumetto di 83 pagine, contiene 38 poesie dello scrittore ligure, divise in tre sezioni contrassegnate da numeri romani. Quindici anni fa, per fortuna, l'editore San Marco dei Giustiniani ha ripubblicato questo libro, inserendolo nella interessantissima collana La biblioteca ritrovata. Quasi tutte le poesie presenti ne Il libro dei frammenti, erano già state pubblicate in riviste locali l'anno precedente o lo stesso in cui il volumetto vide la luce. Come si evince dagli annunci del Roccatagliata Ceccardi presenti nelle riviste dove comparvero per la prima volta questi versi, il libro si sarebbe dovuto intitolare Gattici, forse in onore ad una poesia di Giovanni Pascoli che si legge nelle prime edizioni delle Myricae. Prima ancora, il poeta genovese avrebbe voluto pubblicare un altro volume di versi, intitolato Petali, che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto raccogliere le sue primissime poesie apparse in varie riviste ormai introvabili; qualcuna di quest'ultime è possibile leggerla nel libro che raccoglie l'intero corpus poetico di Roccatagliata Ceccardi: Colloqui d'ombre (De Ferrari, Genova 2005).
L'importanza de Il libro dei frammenti, risiede soprattutto nel fatto che in queste pagine, il Roccatagliata Ceccardi si dimostrò uno dei primi poeti del nostro paese che abbia chiaramente preso come riferimento principale la poesia dei maledetti e dei simbolisti francesi, e lo abbia fatto in modo egregio; in ognuna delle sezioni qui presenti, si nota almeno una bellissima poesia che imita o traduce alcuni versi di Paul Verlaine, Leconte de Lisle, André Lemoyne e Arthur Rimbaud. Ma anche in altri versi non tradotti o imitati, si può notare l'influenza esercitata dai grandi poeti francesi nei confronti del Roccatagliata Ceccardi. Però, all'interno del libro, ci sono anche poesie nate da tutt'altre ispirazioni ed atmosfere; sono quelli che descrivono magistralmente alcuni paesaggi liguri, o che riflettono il dolore del poeta per la perdita recente della mamma e della donna amata. Indubbiamente, nei versi di Ceccardi, ci sono anche suggestioni pascoliane e carducciane (facilmente riscontrabili, per esempio, in una poesia come La Santa). Quando, nel 1910, ovvero ben quindici anni dopo Il libro dei frammenti, Roccatagliata Ceccardi pubblicò Sonetti e poemi, il suo secondo e ben più consistente volume di versi, ripropose soltanto una poesia del suo primo libriccino, commentandola in una nota con queste parole:

[...] Povero e caro volumetto! Poca cosa erano, è vero, quei canti; ma, sebben nati tra la rovina di mia casa, e la battaglia aspra di quei miei giovanissimi anni, s'avean pur un vanto: ché non eran litanie di querimonie o di bestemmie alla vita, od al caso; tutt'altro! Si pompeggiavan, come meglio sapean, ad un'eco di Pan, l'Eterno, cui, null'altro badando, allor tendevo l'orecchio, come tra un sogno. E s'ebbe il libretto qualche lode, tra cui quella ancor oggi carissima di Giovanni Marradi, e l'onor di un saggio critico sul Marzocco, allor al suo primo anno di vita, per la penna acuta ed onesta di Pietro Mastri, il quale, poi, lo volle raccolto in un suo volume di critiche: Su per l'erta, edito nel 1903 dallo Zanichelli. Ma per un fiore che ronzio di saette, assiduo, dall'ombra alle spalle! Per uno sprazzo di sole quanto intrigo di insidie ai piè del povero viandante!
Pur mi commuovo al ricordo di un cenacoletto, che in quel tempo si raccogliea a Sturla...

Ecco, per concludere, due splendide poesie estratte da Il libro dei frammenti.



NEL VIALE

Ella è muta e quieta: un poco snella;
si raccoglie in un sogno d'ombra il volto
timidamente: eppur essa è ancor molto
cara e, in quel velo di tramonto è bella.

Passando pel viale essa ha raccolto
in una falda de la sua gonnella,
qualche foglia di ciano e di rosella
che il vento in un frullar d'ali ha travolto.

Or contempla col mite occhio la mesta
sfioritura: e così di ogni dischiusa
bocca - pensa. - Così? Ed in cuor trema.

E in quel pensier di gioventù delusa
la fronte inchina come se la testa
una mano invisibile le prema.




SOGNO D'OTTOBRE

Quelle giornate pallide e soavi
come infiniti e placidi tramonti,
dai grandi righi d'oro agli orizzonti,
             come architravi;

e quell'incenso di languenti rose
che ristagnava per le strade a valle,
e più ne' vespri, tra un fumar di gialle
             brume pensose;

e quel villaggio che stillava brine
a l'albe, mentre discendevan lenti
gli uomini ad impinguar d'alme sementi
             piani, colline;

e quella porta - quel piazzolo muto
donde fra reti di rossastri pampi,
un bel volto dagli occhi senza lampi
             fece il saluto:

il lento cenno del supremo addio
solito, sempre, quando si son tocche
troppo le mani e su le mute bocche
             languì il desìo:

sempre ricorderò, dolce e malato
Ottobre, e il sogno che a quei dì mi vissi:
sogno di baci e pallidi narcissi
             incoronato.

Eran quei baci come il miel che porti
a le labbra una man diaccia di brina;
quei narcissi, fior d'alba sementina
             che nascon morti.

E il sogno una vision d'Eros che fosco
cenna tra mucchi pallidi di rose,
a fantasmi di brume dolorose
             penduli al bosco.

1 commento:

  1. Sono stata di recente alla presentazione di un libro su Ceccardo: visse ad Ortonovo, dove sono cresciuta.

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