La prima opera
poetica di Roccatagliata Ceccardi (Genova 1871 - ivi 1919) uscì nel 1895,
presso l'editore Aliprandi di Milano; il volumetto di 83 pagine, contiene 38
poesie dello scrittore ligure, divise in tre sezioni contrassegnate da numeri
romani. Quindici anni fa, per fortuna, l'editore San Marco dei Giustiniani ha
ripubblicato questo libro, inserendolo nella interessantissima collana La biblioteca ritrovata. Quasi tutte le
poesie presenti ne Il libro dei frammenti,
erano già state pubblicate in riviste locali l'anno precedente o lo stesso in
cui il volumetto vide la luce. Come si evince dagli annunci del Roccatagliata
Ceccardi presenti nelle riviste dove comparvero per la prima volta questi
versi, il libro si sarebbe dovuto intitolare Gattici, forse in onore ad una poesia di Giovanni Pascoli che si
legge nelle prime edizioni delle Myricae.
Prima ancora, il poeta genovese avrebbe voluto pubblicare un altro volume di
versi, intitolato Petali, che, nelle
sue intenzioni, avrebbe dovuto raccogliere le sue primissime poesie apparse in
varie riviste ormai introvabili; qualcuna di quest'ultime è possibile leggerla
nel libro che raccoglie l'intero corpus poetico di Roccatagliata Ceccardi: Colloqui d'ombre (De Ferrari, Genova
2005).
L'importanza de Il libro dei frammenti, risiede soprattutto
nel fatto che in queste pagine, il Roccatagliata Ceccardi si dimostrò uno dei
primi poeti del nostro paese che abbia chiaramente preso come riferimento
principale la poesia dei maledetti e dei simbolisti francesi, e lo abbia fatto
in modo egregio; in ognuna delle sezioni qui presenti, si nota almeno una bellissima
poesia che imita o traduce alcuni versi di Paul Verlaine, Leconte de Lisle,
André Lemoyne e Arthur Rimbaud. Ma anche in altri versi non tradotti o imitati,
si può notare l'influenza esercitata dai grandi poeti francesi nei confronti
del Roccatagliata Ceccardi. Però, all'interno del libro, ci sono anche poesie
nate da tutt'altre ispirazioni ed atmosfere; sono quelli che descrivono
magistralmente alcuni paesaggi liguri, o che riflettono il dolore del poeta per
la perdita recente della mamma e della donna amata. Indubbiamente, nei versi di
Ceccardi, ci sono anche suggestioni pascoliane e carducciane (facilmente
riscontrabili, per esempio, in una poesia come La Santa). Quando, nel 1910, ovvero ben quindici anni dopo Il libro dei frammenti, Roccatagliata
Ceccardi pubblicò Sonetti e poemi, il
suo secondo e ben più consistente volume di versi, ripropose soltanto una
poesia del suo primo libriccino, commentandola in una nota con queste parole:
[...] Povero e
caro volumetto! Poca cosa erano, è vero, quei canti; ma, sebben nati tra la
rovina di mia casa, e la battaglia aspra di quei miei giovanissimi anni,
s'avean pur un vanto: ché non eran litanie di querimonie o di bestemmie alla
vita, od al caso; tutt'altro! Si pompeggiavan, come meglio sapean, ad un'eco di
Pan, l'Eterno, cui, null'altro badando, allor tendevo l'orecchio, come tra un
sogno. E s'ebbe il libretto qualche lode, tra cui quella ancor oggi carissima
di Giovanni Marradi, e l'onor di un saggio critico sul Marzocco, allor al suo primo anno di vita, per la penna acuta ed
onesta di Pietro Mastri, il quale, poi, lo volle raccolto in un suo volume di
critiche: Su per l'erta, edito nel
1903 dallo Zanichelli. Ma per un fiore che ronzio di saette, assiduo,
dall'ombra alle spalle! Per uno sprazzo di sole quanto intrigo di insidie ai
piè del povero viandante!
Pur mi commuovo
al ricordo di un cenacoletto, che in quel tempo si raccogliea a Sturla...
Ecco, per
concludere, due splendide poesie estratte da Il libro dei frammenti.
NEL VIALE
Ella è muta e
quieta: un poco snella;
si raccoglie in
un sogno d'ombra il volto
timidamente:
eppur essa è ancor molto
cara e, in quel
velo di tramonto è bella.
Passando pel
viale essa ha raccolto
in una falda de
la sua gonnella,
qualche foglia di
ciano e di rosella
che il vento in
un frullar d'ali ha travolto.
Or contempla col
mite occhio la mesta
sfioritura: e
così di ogni dischiusa
bocca - pensa. -
Così? Ed in cuor trema.
E in quel pensier
di gioventù delusa
la fronte inchina
come se la testa
una mano
invisibile le prema.
SOGNO D'OTTOBRE
Quelle giornate
pallide e soavi
come infiniti e
placidi tramonti,
dai grandi righi
d'oro agli orizzonti,
come architravi;
e quell'incenso
di languenti rose
che ristagnava
per le strade a valle,
e più ne' vespri,
tra un fumar di gialle
brume pensose;
e quel villaggio
che stillava brine
a l'albe, mentre
discendevan lenti
gli uomini ad
impinguar d'alme sementi
piani, colline;
e quella porta -
quel piazzolo muto
donde fra reti di
rossastri pampi,
un bel volto
dagli occhi senza lampi
fece il saluto:
il lento cenno
del supremo addio
solito, sempre,
quando si son tocche
troppo le mani e
su le mute bocche
languì il desìo:
sempre ricorderò,
dolce e malato
Ottobre, e il
sogno che a quei dì mi vissi:
sogno di baci e
pallidi narcissi
incoronato.
Eran quei baci
come il miel che porti
a le labbra una
man diaccia di brina;
quei narcissi,
fior d'alba sementina
che nascon morti.
E il sogno una
vision d'Eros che fosco
cenna tra mucchi
pallidi di rose,
a fantasmi di
brume dolorose
penduli al bosco.
Sono stata di recente alla presentazione di un libro su Ceccardo: visse ad Ortonovo, dove sono cresciuta.
RispondiElimina