La malattia, nei
poeti decadenti e simbolisti, è molto spesso collegata con la morte, in
particolare quando al centro del discorso c'è un infermo particolarmente grave;
in alcuni casi, come dimostrano le poesie L'incubo
dei folletti di Mario Adobati, La
febbre di Corrado Govoni e Delirium
tremens di Antonio Rubino, il malato rimane vittima di allucinazioni che
sfociano in visioni terrificanti. A volte, però, le allucinazioni non hanno
nulla di spaventoso, e si dimostrano addirittura piacevoli. In diverse poesie
viene messo in risalto il periodo della convalescenza; qui il poeta, ancora
debole, esprime le proprie sensazioni e i desideri di guarigione, e chiede
conforto ad una presenza femminile non ben delineata (madre, sorella o
amante?). Vi sono poesie ironiche, che sbeffeggiano la malattia ed anche i
malati, come Il cancro di Corrado
Govoni e Il pagliaccio dell'ospedale
di Paolo Buzzi. E a proposito di ospedali, non possono mancare i versi in cui
si parla delle corsie dei sanatori, spesso ponendo in evidenza l'estrema
malinconia che vi si respira, e l'immancabile presenza della morte sempre in
agguato. Ma qualche volta non è la morte che si presenta ai piedi del letto del
moribondo, bensì la Pietà, che aiuta
il povero condannato a far si che la fine della sua esistenza possa essere
dolce.
Poesie sull'argomento
Mario Adobati:
"L'incubo dei folletti" in "I cipressi e le sorgenti"
(1919).
Vittoria Aganoor:
"Inferma" in "Leggenda eterna" (1900).
Ettore Botteghi:
"La preghiera" in "Poesie" (1902).
Paolo Buzzi: "Il
pagliaccio dell'Ospedale" in "Versi liberi" (1913).
Enrico Cavacchioli:
"L'ospedale" e "Lo spavento" in "Le ranocchie
turchine" (1909).
Francesco Cazzamini
Mussi: "Convalescenza in settembre" in "Fogline d'assenzio"
(1913).
Giovanni Cena:
"Nell'ospedale" in "In umbra" (1899).
Gabriele D'Annunzio:
"L'incurabile" in "Poema paradisiaco" (1893).
Adolfo De Bosis:
"Ai convalescenti" in "Amori ac Silentio e Le rime sparse"
(1914).
Giuliano Donati
Pétteni: "Sera nello spedale" in "Intimità" (1926).
Giulio Gianelli:
"Il dolce infermo" in «Grande Illustrazione», marzo 1914.
Corrado Govoni:
"Quante ore trascorse senza luce"
in "Armonia in grigio et in silenzio" (1903).
Corrado Govoni:
"Il lamento del tisico" in "Fuochi d'artifizio" (1905).
Corrado Govoni
"La febbre" e "Il cancro" in "Gli aborti" (1907).
Federico De Maria:
"Dame Vérole" in «Poesia», novembre 1908.
Ugo Ghiron: "La
compagna" in "Poesie (1908-1930)" (1932).
Enzo Marcellusi:
"Allucinazioni d'una convalescenza" in "I canti violetti"
(1912).
Fausto Maria Martini:
"Convalescenza" in "Le piccole morte" (1906).
Fausto Maria Martini:
"Senza ragione" e "A una malattia" in "Poesie
provinciali" (1910).
Pietro Mastri: "Nella corsìa la duplice" in
"La Meridiana" (1920).
Ada Negri: "La
Pietà" in "Dal profondo" (1910).
Yosto Randaccio:
"Ombre di convalescenza" e "Un'ora dolce" in "Poemetti
della convalescenza" (1909).
Guido Ruberti:
"Anemica" in "Le Evocazioni" (1909).
Antonio Rubino:
"Peste Regina" e "Delirium tremens" in «Poesia», ottobre
1908.
Giovanni Tecchio:
"De profundis" in "Canti" (1931).
Testi
CONVALESCENZA IN
SETTEMBRE
di Francesco
Cazzamini Mussi
I.
Apri quella finestra:
oggi mi sento
più debole: è un
languore senza fine
che mi tiene e mi
uccide... Oh se mi uccide!
Non dire nulla, no.
Viver che importa?
Ho bevuto a una tazza
che ora è vuota.
È presto? Tu, lo
dici? Che sai tu?
Apri quella finestra.
Entra col vento
un'aria molle: ed io
rivivo, ancora.
È la vita che torna e
che mi spira
sulla bocca riarsa,
sulla fronte
aggrottata, sugli
occhi dolorosi
le sue promesse
tentatrici e calde...
Io non mi muovo: sta
quieta. Guarda:
ha il mio corpo, nel
letto, una sua strana
fissità di cadavere:
s'io chiudo
gli occhi di già mi
raffiguro morto.
Morto! È dolce
sentire d'esser morto!
Ecco: vengon gli
amici indifferenti
e addolorati: alcuni
rammentando
l'alte virtù del buon
compagno estinto....
Oh, ma non viene chi
vorrei, nemmeno
l'ultimo giorno,
quando il mondo è un vano
nome ormai privo
d'ogni sua lusinga;
ecco, forse per me
sorride l'ora
di pace e la mia
bocca di già chiusa
per sempre è priva
ancor della carezza
desiata e rimpianta e
la mia fronte
non percepisce
l'alito leggero
d'un bacio — intendi?
— l'alito d'un bacio...
Oh lascia che il
profumo della sera
venga per le
finestre, lo lo respiro
voluttuosamente
perché m'entri
nei polmoni, nel
sangue e nel cervello,
e fors'anche nel cuor
che lo ricorda...
II.
Ah quest'odor
voluttuoso e tardo
di rose sensuali e
questo acuto
e più snervante di
magnolie in fiore
e la modestia
raffinata delle
verbene ed il
languore doloroso
delle azalee morenti
ed il profumo
vivido e fresco della
terra rorida
di rugiada e
l'azzurro del mio cielo
ed il silenzio triste
della villa!...
Io rivivo. Sei tu che
ancor mi vuoi,
o vita, col furore
della tua
verginità che nasce e
che si dona,
per rifiorire e per
mutar sua forma?
Io rivivo, e se il
capo sui guanciali
abbandoni già stanco,
se socchiuda
gli occhi nella
vertigine dell'essere
malato, ecco rivedo
una fulgente
strada e una vetta e
il cuor canta una sua
diana squillante di
vittorie, e sogna...
Ma quella bocca,
quella bocca muta
e gli occhi ambigui
tra le ciglia oscure
ma quella mano...?
III.
Oh passami la mano
entro i capelli
tacitamente, e sia la
tua carezza
lunga così che non mi
faccia male...
Oggi son buono, e
languo di dolcezza
e di rimpianto. Forse
t'amo. Oh, illudimi,
amami tu, dammi una
tua menzogna,
offrimi un desiderio,
qualche cosa
che sia per me come
il polline all'aria,
come il lento
pulviscolo alla luce...
Passami la tua mano
entro i capelli...
Non so: mi sento
buono oggi, mi sento
timido, e gli occhi
che non han più lacrime
vorrebbero trovar l'antica
polla.
Vorrei piegare il
capo nel tuo grembo
ed aspettar così
l'ave e la sera.
Forse materna tu
sorrideresti
perdonando al
fanciullo che t'offese...
Anche direbbe il
labbro tuo: — Vuoi questo?
Ch'io ti perdoni?...
È facile... Bambino! —
Ma il perdono che
forse mi daresti
chiamandomi bambino è
quella gioia
senza sorriso che
ricorda agli uomini
ciò che fu loro
inutilmente...
Pensa
a questo strano
avverbio: inutilmente!
(da "Fogline
d'assenzio")
Giovanni Segantini, "Petalo di rosa" (da questa pagina) |
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