La lussuria, ovvero
l'abbandono al piacere sessuale, è un elemento che contraddistinse l'attività
poetica di molti scrittori decadenti e simbolisti. Paul Verlaine e Gabriele D'Annunzio,
da questo punto di vista, sono stati dei maestri. Tra i poeti delle generazioni
successive, si nota, in più di un caso, il tentativo di raffigurare la
lussuria; eccola allora in forma di vecchia, nelle poesie di Botta, Lucini e Palazzeschi.
Cavacchioli invece la chiama "disperazione" e la dipinge come un
mostro notturno che, a poco a poco, distrugge il malcapitato rimasto in sua
balìa. Anche De Maria descrive la lussuria (sorta di creatura che ingloba in sé
tutte le femmine bellissime e vogliose) in forma di fiero mostro / di voluttà, da l'uncinato rostro, / da l'avide ventose a
mille a mille. Corazzini la vede in veste d'imperatrice che, mai sazia, va
alla continua ricerca del piacere, non riuscendo mai ad amare nessuno. Canudo
invoca la carne di femina e gli eroici amplessi in un rito iniziatico
che diviene quasi una guerra, prevedendo la morte per chi, da questi estremi
rapporti carnali esca sconfitto. D'Ambra parla di un buon consenso d'amore a lui concesso da una donna che si scote ne la gloria de 'l piacere,
sprofondando nel gran Male ignoto. Marcellusi
cerca d'invogliare una donna a recarsi nella sua dimora per una notte (Ti aspetto. Già, tendo le mani. / Non ci
pensi? Una notte insieme... / è tutto! Oh, la vita che preme, / dopo un po'
d'amore...) Nella medesima situazione, Civinini dichiara che, dopo una
"vana lotta" con le proprie inibizioni, la donna desiderata verrà in
casa sua e cederà all'istinto primordiale. Anche Comi parla di una donna in cui
l'istinto prevale sugli altri sentimenti (No:
così vuole l'istinto / implacabile che ti tiene / in viluppi e ti rode le vene:
/ vincer non puoi, non hai mai vinto). Guido Da Verona afferma che, di
fronte alle pulsioni e alle grida di una donna nell'atto d'amore, i sogni degli
uomini non sono altro che "vane parole". Corradi vede la donna
voluttuosa, durante l'atto sessuale subire delle trasformazioni imprevedibili (E le braccia protese in cupidigia / al forte
amplesso nella luce vaga / somigliaron due steli alti di gigli; // e i
capezzoli brevi due vermigli / fiori sbocciati in una nebbia grigia / dentro i
vapori d'una azzurra plaga.) Oxilia si sofferma nella descrizione del corpo
di una bella donna, di cui ama la
magrezza adolescente / e la sua forte nudità pagana / così viva di fremito e
languore. Lipparini dedica un sonetto ad un'impura che, quasi giunta
ormai alla vecchiaia, si ritrova in completa solitudine, poiché il fascino
peccaminoso della sua carne è definitivamente scomparso. C'è poi Govoni che
riservò all'argomento un'intera sezione del suo primo libro di versi,
lasciandosi andare in descrizioni così ardite che il volume fu censurato; e
proprio Govoni e Gualdo, rievocano un personaggio storico famoso per le sue
avventure erotiche e lussuriose: Lucrezia Borgia. Infine, unica eccezione al
trionfare dei sensi, la poesia di Moscardelli parla del suo rifiuto alla
lussuria di una notte, non motivandola, se non con pochi versi che descrivono
dei sentimenti nostalgici e malinconici: Canto
stanco. / Fiori anemici sui petti. / Malattia. / Aromi di caffè - Menta. /
Nostalgia vana di amori casti, / Desiderii di sole. / Oppressione. / Paura.
Poesie sull'argomento
Diego Angeli:
"Vincigliata" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903" (1904).
Gustavo Botta: "La
Visita" e "A la Lussuria" in "Alcuni scritti" (1952).
Ricciotto Canudo:
"L'Iniziazione" in «Poesia», ottobre 1906.
Enrico Cavacchioli:
"La Disperazione" in "Le ranocchie turchine" (1909).
Guelfo Civinini:
"La vana lotta" in "L'Urna" (1900).
Girolamo Comi:
"Acredini" in "Lampadario" (1912).
Sergio Corazzini:
"L'imperatrice" in «Marforio», settembre 1904.
Edmondo Corradi:
"T'ebbi così: l'aureola ti cinse" in "Nova postuma" (1904).
Lucio D'Ambra:
"Ignara Mali" in "Le Sottili Pene" (1896).
Gabriele D'Annunzio:
"Le Belle" in "L'Isotteo. La Chimera" (1889).
Gabriele D'Annunzio:
"Athenais medica, II" in "L'Isotteo. La Chimera" (1889).
Gabriele D'Annunzio:
"Donna Francesca" in "L'Isotteo. La Chimera" (1889).
Gabriele D'Annunzio:
"Donna Clara" in "L'Isotteo. La Chimera" (1889).
Guido da Verona:
"Le trecce nere" in "Il libro del mio sogno errante"
(1919).
Federico De Maria:
"La Piovra" in "Voci" (1903).
Federico De Maria:
"Il piacere" in "La Ritornata" (1933).
Corrado Govoni: tutte
le poesie della sezione "Vas luxurie" in "Le Fiale" (1903).
Corrado Govoni:
"Amore" in "Poesie elettriche" (1911).
Guido Gozzano:
"L'esilio" in "Poesia", luglio/agosto/settembre 1906.
Luigi Gualdo:
"Rassomiglianza" in "Le Nostalgie" (1883).
Giuseppe Lipparini:
"L'impura" in "Le foglie dell'alloro. Poesie (1898-1913)"
(1916).
Gian Pietro Lucini:
"La solita canzone" in "Poesia", aprile 1905.
Enzo Marcellusi:
"Odi et amo" in "I canti violetti" (1912).
Nicola Moscardelli:
"Quella sera" in "Abbeveratoio" (1915).
Nino Oxilia:
"Bruna, selvaggia..." e "Come ài bianca la pelle..." in
"Canti brevi" (1909).
Aldo Palazzeschi:
"Comare Coletta" in "Lanterna" (1907).
Salvatore Quasimodo:
"La lussuria" in "Bacia la soglia della tua casa" (1981).
Giuseppe Rino:
"Ora cercan le mani la corona" in "I sonetti flammei"
(1905).
Cristoforo Ruggieri:
"Il trittico delle mondane" in "Ritmi" (1900).
Testi
A LA LUSSURIA
di Gustavo Botta
Calano l'ombre. E tu,
vecchia, sghignazzi
bieca, male ravvolta
in cenci bruni,
attraendo la gente
con taluni
inviti capziosi e
ambigui lazzi.
Da le tue grinze par
quasi che razzi
il sortilegio, e
pochi son gli immuni.
Ahi!, quanta
moltitudine raduni,
visi innocenti, rei,
belli, cagnazzi.
Anch'io trascino
amaramente questa
ingorda anima mia là,
dove infuria
la foia e l'odio, a
la notturna festa,
poi che tu spandi, o
magica Lussuria,
l'oblio del Tutto, e
più non mi funesta
s'io t'avvinghio,
l'Amor, cui faccio ingiuria.
(da "Alcuni
scritti")
RASSOMIGLIANZA
di Luigi Gualdo
Vidi l'umido labbro e
pur procace
Lo sguardo per
lussuria semispento,
E il ciglio pien di
volontà tenace
E la fermezza del
marmoreo mento;
Mirai la linea del
profilo altera,
La maestà della sua
guancia smorta,
E dissi: È larva od è
figura vera?
È viva o dal passato
alfin risorta?
Chi è mai? Chi fu? -
Ma nuova visïone
S'alzò dinnanzi alla
mia mente scossa:
Era una sala aurata,
e più persone
In una luce profumata
e rossa,
E Lei rividi bella e
tenebrosa
Versar l'ebbrezza in
cesellata coppa
E accendere il desir
che più non posa
Ma vola ognor della
Chimera in groppa!
Era l'antica cena di
Ferrara,
L'amor letale ed il
velen dell'orgia...
E riconobbi, uscita
dalla bara
Alla moderna età,
Lucrezia Borgia.
(da "Le
nostalgie")
John William Waterhouse, "Cleopatra" (da questa pagina) |
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