domenica 18 novembre 2018

Poeti dimenticati: Renato Rinaldi


Nacque a Portole (Istria) nel 1889 e ivi morì prematuramente, di tisi, nel 1914. Frequentò il Ginnasio di Capodistria e si diplomò; poi interruppe gli studi per dedicarsi al giornalismo. Fu redattore de Il Giornaletto e del Piccolo di Trieste; diresse anche il giornale La Fiamma. Scrisse versi che ricordano molto quelli di Giovanni Pascoli (in special modo delle Myricae), ma sicuramente vi si possono trovare elementi non distanti da altri poeti intimisti della seconda metà dell'Ottocento e dai crepuscolari.



 Opere poetiche

"Piccole voci", Officine Industrie Grafiche A. Perpich & C., Trieste 1908.
"Canti", F.lli Nicolini Editori, Pola 1910.
"Vecchie arie", Tipografia Moderna S. Volpi, Pola 1912.



 Presenze in antologie

"Poeti italiani d'oltre i confini", a cura di Giuseppe Picciòla, Sansoni, Firenze 1914, (pp. 329-333).



Testi

BONACCIA

Il mare stendesi tranquillo e piano
senza una ruga, senza un movimento:
stan de le vele pallide lontano
ad aspettare un alito di vento.

E sono l'acque d'un effetto strano
così tacenti e senza ondeggiamento,
pare che fece tutto un'alma mano
tranquillo come per incantamento.

Or dormono i nocchier per forza ignavi,
sognando bionde teste e trecce care,
sognando lunghi viaggi e porti e navi:

solo scruta qualcun le soglie chiare;
ma nubi non vi son di vento gravi,
e terso come specchio stagna il mare...

(da "Piccole voci")




CHIESA SOLITARIA

Più che d'incenso, sa di salvie e mente
la chiesetta. Scurisce già. Lontana
canta una squilla a onde lente lente.

Qui già dorme la piccola campana,
entra fra le finestre a pena un raggio
e illumina l'altar di luce strana.

C'è tra quei santi ruvidi, di faggio,
un sogno eterno, intenso, or come un dì:
come una calma pia di romitaggio,
come un pregar che mai nessuno udì.

(da "Canti")




LA CITTÀ FIAMMINGA

Una città fiamminga
molto vecchia ed oscura,
come una sepoltura
equorea solinga;

con molt'acqua, molt'ombra,
molta decrepitezza,
d'una vecchia tristezza
immobile ingombra;

e molto musco a' canti
de' canali sepolti,
pochi bisbigli, molti
grandi organi urlanti...

Cara città di Fiandra
tutta calma e languore,
popolarti d'amore,
mia città di Fiandra.

D'amor che a te, corrosa
e morta troppo, manca;
e serbarti la stanca
veste maliosa.

Cara città di Fiandra
bella, cui sempre agogno,
popolarti d'un sogno,
mio, città di Fiandra.

Ne le tue case ombrose,
molte donne olivastre,
come l'acque verdastre
tue silenziose;

con ne gli occhi abbarbagli,
molto lo sguardo crudo,
le coscie strette a nudo
d'aurei fermagli

e lunghe sopracciglie
da mano abile tocche,
brevi parole, bocche
fresche assai vermiglie...

(da "Vecchie arie")


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