Nacque a Portole
(Istria) nel 1889 e ivi morì prematuramente, di tisi, nel 1914. Frequentò il
Ginnasio di Capodistria e si diplomò; poi interruppe gli studi per dedicarsi al
giornalismo. Fu redattore de Il
Giornaletto e del Piccolo di
Trieste; diresse anche il giornale La
Fiamma. Scrisse versi che ricordano molto quelli di Giovanni Pascoli (in
special modo delle Myricae), ma
sicuramente vi si possono trovare elementi non distanti da altri poeti
intimisti della seconda metà dell'Ottocento e dai crepuscolari.
"Piccole
voci", Officine Industrie Grafiche A. Perpich & C., Trieste 1908.
"Canti",
F.lli Nicolini Editori, Pola 1910.
"Vecchie
arie", Tipografia Moderna S. Volpi, Pola 1912.
"Poeti italiani
d'oltre i confini", a cura di Giuseppe Picciòla, Sansoni, Firenze 1914, (pp. 329-333).
Testi
BONACCIA
Il mare stendesi
tranquillo e piano
senza una ruga, senza
un movimento:
stan de le vele
pallide lontano
ad aspettare un alito
di vento.
E sono l'acque d'un
effetto strano
così tacenti e senza
ondeggiamento,
pare che fece tutto
un'alma mano
tranquillo come per
incantamento.
Or dormono i nocchier
per forza ignavi,
sognando bionde teste
e trecce care,
sognando lunghi
viaggi e porti e navi:
solo scruta qualcun
le soglie chiare;
ma nubi non vi son di
vento gravi,
e terso come specchio
stagna il mare...
(da "Piccole
voci")
CHIESA SOLITARIA
Più che d'incenso, sa
di salvie e mente
la chiesetta.
Scurisce già. Lontana
canta una squilla a
onde lente lente.
Qui già dorme la
piccola campana,
entra fra le finestre
a pena un raggio
e illumina l'altar di
luce strana.
C'è tra quei santi
ruvidi, di faggio,
un sogno eterno,
intenso, or come un dì:
come una calma pia di
romitaggio,
come un pregar che
mai nessuno udì.
(da
"Canti")
LA CITTÀ FIAMMINGA
Una città fiamminga
molto vecchia ed
oscura,
come una sepoltura
equorea solinga;
con molt'acqua,
molt'ombra,
molta decrepitezza,
d'una vecchia
tristezza
immobile ingombra;
e molto musco a'
canti
de' canali sepolti,
pochi bisbigli, molti
grandi organi
urlanti...
Cara città di Fiandra
tutta calma e
languore,
popolarti d'amore,
mia città di Fiandra.
D'amor che a te,
corrosa
e morta troppo,
manca;
e serbarti la stanca
veste maliosa.
Cara città di Fiandra
bella, cui sempre
agogno,
popolarti d'un sogno,
mio, città di
Fiandra.
Ne le tue case
ombrose,
molte donne
olivastre,
come l'acque
verdastre
tue silenziose;
con ne gli occhi
abbarbagli,
molto lo sguardo
crudo,
le coscie strette a
nudo
d'aurei fermagli
e lunghe sopracciglie
da mano abile tocche,
brevi parole, bocche
fresche assai
vermiglie...
(da "Vecchie
arie")
Nessun commento:
Posta un commento