venerdì 14 aprile 2017

Dall'oceano, onde emergono ancorati...

Dall'oceano, onde emergono ancorati
i continenti della terra viva,
ascendono a una luce senza riva
ricordi dei sommersi evi passati.

Sembra che, ricordando, si dilati
l'anima della terra sensitiva
a ripensar quand'ella trasaliva
d'infanzia, al cenno dei suoi dèi beati.

Ora li porta in sé, nel cielo ormai
della propria sua anima, che ha foce
entro abissali lave e polipai;

ma i raggianti ricordi, sui frangenti
dell'oceano, ora formano la croce
nera, che sboccia in sette rose ardenti.



Questo sonetto di Arturo Onofri (1885-1928) si trova nel volume poetico "Suoni del Gral" (Al tempo della fortuna, Roma 1932), uscito a quasi quattro anni dalla morte del poeta romano e che rappresenta il penultimo capitolo del cosiddetto Ciclo lirico della terrestrità del sole. Precisamente, si tratta della poesia n° 11 del suddetto volume.
Chi è a conoscenza dell'ultima parte dell'opera poetica onofriana, è anche consapevole della sua enorme difficoltà e della sua incredibile sovrabbondanza. Tutto il "Ciclo lirico", ovvero circa un migliaio di liriche, si fonda su una poetica trascendente ben spiegata nel saggio Nuovo Rinascimento come arte dell'io, pubblicato da Onofri nel 1925, che dimostra il netto avvicinamento del poeta alle teorie occultistiche del filosofo Rudolf Steiner. In questi versi, sembra che il pianeta Terra sia un essere pensante, che è capace quindi di ricordare il passato e, soprattutto, la sua infanzia. La Terra possiede un'anima colma di ricordi, che, come spiega bene l'ultima terzina del sonetto, hanno forma di croce nera, e che, infine, sbocciano in sette rose ardenti. Lampante, in queste parole, il riferimento alla dottrina esoterica dei Rosa Croce racchiusa nei tre testi intitolati: Fama Fraternitatis, Confessio Fraternitatis e Le nozze Chimiche di Christian Rosenkreutz.

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