Nacque a Bari nel
1865 e morì a Cassano delle Murge nel 1924. Figlio di un militare e di una
giornalista, dopo la maturità classica frequentò per un breve periodo
l'Università di Roma per poi trasferirsi, sempre per brevi periodi, in varie
località italiane; a Perugia si laureò in giurisprudenza e, dopo qualche altro
spostamento, tornò finalmente nella regione natale stabilendosi a Bari; qui
cominciò a collaborare assiduamente con giornali e riviste locali, pubblicando
articoli che avevano come argomento portante la tradizione della terra
pugliese. Pubblicò libri di poesie e di prose (tra questi ultimi si ricorda Bari vecchia del 1908).
Fu un poeta
prevalentemente carducciano, anche se non mancano nei suoi versi riferimenti
riconducibili al Pascoli e al D'Annunzio. Fu, in sostanza, un cantore della sua
terra e, soprattutto, del suo mare, visto che i paesaggi marini ritornano
spesso nelle sue liriche migliori.
Opere poetiche
"Sul Trasimeno:
15 sonetti", Vecchi, Trani 1887.
"Il libro dei
canti", Vecchi, Trani 1890.
"Castro: terze
rime", Tip. Alighieri, Bari 1904.
"Da Le Nereidi:
nuovi canti del mare", Vecchi e C., Trani 1907.
"Poesie", Laterza,
Bari 1926.
Presenze in antologie
"Dai nostri poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903 (pp. 323-324).
Testi
SPIAGGIA ADRIATICA
Venti casette
bianche, addormentate
nel meriggio
d'agosto: il mar le culla,
e veglia intorno la
scogliera brulla,
arsa dallo scirocco e
dalla state.
Due povere vecchiette
accovacciate
rattoppano le reti; una
fanciulla,
come può meglio,
canta e si trastulla
fra le mobili dune
arroventate.
Viene dal largo
intanto una paranza
spinta a forza di
remi, e via sull'onde
echeggia una canzon
marinaresca;
una canzon che parla
di speranza,
di mari ignoti, di
lontane sponde,
di donne belle e
d'amore e di pesca.
(Da "Il libro
dei canti")
IL CADUTO È UN
FANCIULLO...
Il caduto è un
fanciullo, un giovinetto,
prole d'ignoti. Niun
lo piangerà,
fuori del can, con
cui spartiva il letto.
Tenne dal mare la
maternità:
dalle calate l'han
raccolto a un bordo;
era destino: donde
venne va.
Piombando urlò nel
labile ricordo:
Mamma! Poi vide il
legno che fuggiva,
sentì la bocca del
gran mostro ingordo
sugger muggendo la
sua carne viva;
s'abbandonò, mancò
pria che morisse.
E galleggiava
sull'acqua nativa.
Un salvagente a lato
gli s'affisse:
oh le sembianze
pallide e leggiadre!
Oh, decoro infantil,
chiome prolisse
che non sapeste mai
bacio di madre!
(Da
"Poesie")
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