[...] Ho letto in questi giorni qualche brano della conferenza del Fogazzaro a Parigi sul «poeta dell'avvenire». Quando ho letto che il poeta futuro dovrà avere un alto concetto della femminilità; ristabilire nella letteratura gli elevati tipi ideali di altri tempi, se vorrà che la sua arte sia grande, ho provato come un bisogno di gridare di sdegno e di dolore. Io non so se esista un poeta più di me convinto di quella necessità; io non credo che nessuno mai sia come me nato con un violento, struggente bisogno di elevatezza amorosa, con una fede più salda, più ingenua nell'idealità femminile. Ma dove è il cuore che avrebbe potuto conservare intatto quel tesoro, attraverso una vita come la mia? Se anche io potessi rinunciare all'amore, se potessi rassegnarmi a vivere soltanto dei fantasmi della mente, non potrei più rievocare quell'ideale scaduto, sgretolatosi giorno per giorno in quindici anni di disinganni. Io non sono pessimista per partito preso, come (xxx), il quale per consolarsi delle amarezze sofferte coinvolge in un uguale disprezzo tutta la femminilità; io dico soltanto che la sorte mi ha impedito di conoscere quei rari casi di femminilità degna, che pure debbono esistere. Quando penso che non c'è in tutta la mia città un viso che mi faccia sognare, un cuore che mi desti uno slancio d'entusiasmo! Quando penso che tutto ciò che vedo, che odo intorno all'amore è basso, ignobile o quanto meno mediocre, che non posso nemmeno consumarmi in segreto come da fanciullo, perché nulla di degno v'è più anche fra l'irraggiungibile! Quando penso che io vivo fra le ripulse di una sartina ed i sorrisi ironici di un'istitutrice, e che queste derisioni di amore mi sono pure invidiate da mio fratello, da (xxx) e forse da te, e insidiate poi da moltissimi! Idealizzare questa realtà meschina? È ciò che faccio. Ma se io posso avvolgere della poesia del mio desiderio la banalità della materialità amorosa, non posso però creare delle anime che non esistono e infonderle in quei corpi che non potrebbero contenerle. Brutta cosa non essere un letterato puro! Avere una sensibilità e possedere una tecnica pittorica e plastica! non è più possibile sorvolare sulla corrispondenza intima fra la sostanza e la forma, fra l'anima e il corpo. [...]
(Da una lettera di Enrico Thovez datata: 25 marzo 1898)
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