Simonetta Bardi (Roma 1928 – ivi 2007) è stata, oltre che poetessa, autrice di prose, disegnatrice e pittrice. Le maggiori soddisfazioni le ebbe nel campo delle arti figurative, soprattutto nel ristretto settore del disegno monocromatico. Qui, però, vorrei parlare della sua attività poetica, che ho scoperto un po’ alla volta: dapprima leggendo il primo volumetto di versi pubblicato nel 1953, e poi quasi tutti gli altri (non molti) usciti durante la seconda metà del Novecento. Ciò che maggiormente ho notato, nella sua scrittura, è una semplicità assoluta, insieme ad una limpidità di pensiero che mi ha fatto venire in mente Antonia Pozzi: la poetessa più vicina – ritengo – al fare poetico della Bardi. Gli argomenti dei testi, per la quasi totalità, potrebbero essere definiti “intimistici”; spesso la Bardi mette in versi i suoi pensieri, la sua vita, i ricordi d’infanzia, delle persone care e degli animali – in particolare un gatto – da lei intensamente amati. In tutti i volumetti che diede alle stampe, compaiono anche suoi disegni, che hanno sempre stretta attinenza coi testi che li precedono o li seguono. Questi disegni, spesso, mostrano figure di donne che estrinsecano una sofferenza interiore (ve ne sono alcune ripiegate, con la testa bassa o in atteggiamenti malinconici); in molti casi, ben si evince che tali figure rappresentino proprio la poetessa. Raramente, la Bardi scrisse dei versi “impegnati”, ma quando lo fece (per esempio parlando di un ragazzo ebreo - probabilmente da lei conosciuto - che venne deportato in un campo di sterminio, oppure delle violenze subite dai neri d’America negli anni ’50 e ’60 del XX secolo), si dimostrò all’altezza del compito. Io lessi, quasi per caso, per la prima volta poche liriche di Simonetta Bardi, presenti in una vecchia antologia dedicata alla poesia femminile del Novecento; da quel momento in poi, non ho più visto comparire il suo nome in alcun libro di poesia italiana o di critica letteraria; ora che ho scoperto, praticamente per intero, la sua opera poetica, posso affermare con certezza che la Bardi meriterebbe una maggior considerazione. Questo post, spero, sia soltanto un primo passo per una prossima riscoperta. Dopo l’elenco delle raccolte poetiche di Simonetta Bardi, ho selezionato e trascritto quattro sue poesie che a me piacciono in particolar modo.
Opere poetiche
“Finestra sul
fiume”, Bardi, Roma 1953.
“Il cantiere e la
luna”, Il Raccoglitore, Parma 1958.
“Domani è il
tempo”, Guanda, Parma 1963.
“Una parte di
me”, De Luca, Roma 1968.
“Parole fra noi”, Bestetti, Roma 1972.
Testi
IN BILICO SUL
CARRO
Vorrei andarmene,
dietro
l'arrancare del carro
della calce viva
insieme a quella
marionetta
traballante sul
legno,
al passo col
cavallo.
Vorrei assaggiare
la pagnotta di pane
e di spinaci
il sole sulle
spalle,
assopirmi, seduta
in bilico sul carro,
sognare di non
avere amici né casa
e sfogare nel
vento
l'amaro della mia
vita scontenta.
(da "Finestra sul fiume", Bardi Editore, Roma 1953, p. 39)
CHE M'IMPORTA?
Mi faranno ancora
del male.
Che m'importa?
A me
il gatto, mi ama
il tetto d'una
casa
l'agave e la
morte.
Una canzone
popolare
il vento di
scirocco
vagabondo.
Che m'importa?
(da "Il cantiere e la luna", Il Raccoglitore, Parma 1958, p. 34)
L'EREMITA
FINLANDESE
Invidio l'eremita
finlandese
la sua casa di
neve, la preghiera,
l'aurora boreale
e la certezza d'essere santo.
Fra gli abeti,
cammina con la sua sagoma d'ombra
e parla agli
occhi umani del suo cane,
solo, con una
fragile missione,
e ghiaccioli sui
peli della barba.
S'apre a
ventaglio, il sole,
la fede è una
gran fiamma, nel silenzio;
chi toccherà la
Luce con le dita,
se non l'eletto,
il santo,
il povero eremita
finlandese?
(da "Domani è il tempo", Guanda, Parma 1963, p. 17)
TI STO VICINA...
Ti sto vicina,
con il mio corpo
proteso. Non mi
senti, non mi conosci
non sai. Fra noi
non si è aperta
una strada, non
si è fatta una luce.
Due cariatidi
mute, due esseri
lontani, che
neppure si fanno male.
Si annullano a
colpi brevi, occhiate
imprecise. Non ti
so dire che sarei pronta
a morire, per
un'avara carezza.
(da "Parole
fra noi", Bestetti, Roma 1972, p. 23)
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