Nacque ad
Albuzzano nel 1886, e morì a Pavia nel 1977. Figlio di contadini, frequentò il
seminario e a ventitré anni diventò sacerdote. Iniziò subito ad insegnare nel
seminario di Cesena; nella città romagnola conobbe il critico Renato Serra;
quest’ultimo fu determinante per la futura passione di Angelini nei confronti
della letteratura. Cominciò così a collaborare, con scritti religiosi, prose
artistiche e poesie, a diverse riviste, tra le quali Romagna, La Voce, La Festa e Nuova Antologia.
Pubblicò molti libri di saggi e di prose; ben pochi sono invece i versi veri e
propri che Angelini scrisse e che sporadicamente compaiono in alcuni dei suoi
volumetti di prose. La sua poesia - e soprattutto la sua prosa poetica - si
rifà al frammentismo vociano; nei pochi versi che il religioso lombardo decise
di pubblicare, si nota una netta preferenza verso le forme metriche
tradizionali; i suoi temi preferiti sono la bellezza della natura, la
descrizione dei paesaggi dei luoghi dove visse e le ricorrenze stagionali.
Opere poetiche
“I doni del
Signore”, Stab. Tip. Grazzini, Pistoia 1932.
“Acquerelli”, La
Scuola Editrice, Brescia 1948.
“I frammenti del
sabato”, Garzanti, Milano 1952.
“Autunno (e altre
stagioni)”, Rebellato, Padova 1959.
“Questa mia Bassa
(e altre terre)”, All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano 1970.
“Il piacere della
memoria”, All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano 1977.
Presenze in
antologie
“Natale in
poesia. Antologia dal IV al XX secolo”, Interlinea, Novara 2000 (p. 109).
“Natale dei
poeti”, Ancora Editrice, Milano 2001 (p. 14).
“Pasqua dei
poeti”, Ancora Editrice, Milano 2003 (pp. 15-16).
Testi
QUALCHE FIORE
D'AUTUNNO
Giunti a questa
pace, l'autunno sceglie fiori per quadri che vuol dipingere qua e là; e essi
s'impegnano a durare in colori che più fini la liturgia non ha: certi
violavescovo, certi verdepascolo... Colori profondi, meditativi, di stoffe
antiche, dimenticate nei cofani.
Creature d'una stagione un poco umiliata, i
fiori d'autunno rischiano d'esser più belli di quelli allevati nelle stagioni
ricche e estrose, anche se di risultato meno vistoso. Non vivono nei poemi, non
adornano conviti, non amano lusinghe di profumi; in compenso hanno alcunché di
domestico che ci tocca dentro. Fiori lisci, leali, espansivi; la loro lode è
nel Vangelo: "Guardate i fiori del campo..." Due o tre che si trovino
insieme, magari sullo sfondo d'un bel lapazio, badano a far stagione, a fare
autunno. E ci fanno sentire il piacere e la mestizia dell'esistere; quella
malinconia che occorre perché la bellezza sia piena.
[da "Autunno (e altre stagioni)", Rebellato, Padova 1959, p. 17]
NOVEMBRE
Novembre, l’anno
è giunto ai suoi riposi
e lento alla
campagna ora passeggia;
sottoboschi e
tappeti immaginosi
l’accolgon come
re nella sua reggia.
Eco di soli
ultimi, lumeggia
il platano tra
salici pietosi;
nell’inerzia del
giorno che vaneggia
una timida estate
par che osi.
Ma un inutile
lusso è la tua estate,
San Martino.
Novembre pensa ai morti,
e l’inverno vien
dietro a gran giornate.
Così, tra nebbia
e sogno, il mesto mese
su stanchi rami
di alberi assorti
muore, entro un
vago scampanio di chiese.
(da "Il piacere
della memoria", All'Insegna del Pesce d'Oro, Milano 1977, p. 115)
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