domenica 18 dicembre 2022

Riviste: «Nuova Antologia»

 

Nuova Antologia è il titolo di una prestigiosa rivista italiana, che nacque nel 1866; essendo ancora oggi in circolazione, va considerata come la più antica rivista dell’intera Europa. Fondata a Firenze dall’economista Francesco Protonotari, Nuova Antologia ebbe il preciso intento di rappresentare l’ideale proseguimento di un’altra assai prestigiosa rivista: l’Antologia del Vieusseux (1821-1832); per tale motivo, gli argomenti ivi trattati spaziarono fin dall’inizio dalle materie umanistiche a quelle scientifiche, avvalendosi già dai primi numeri di collaboratori famosissimi (Alessandro Manzoni, Niccolò Tommaseo, Terenzio Mamiani ecc.). All’inizio del Novecento, con la nuova direzione del politico Maggiorino Ferraris, la rivista conobbe un periodo particolarmente fortunato, che si concluse con l’inizio della Grande Guerra; durante il conflitto la Nuova Antologia sospese le pubblicazioni, per riprenderle a pace raggiunta; qui iniziò la sua fase calante, che ebbe lunga durata; a partire dal 1932, con l’arrivo del nuovo direttore Luigi Federzoni, divenne rivista ufficiale dell’Accademia d’Italia; fino al 1943 – ovvero fino al crollo del regime fascista – la Nuova Antologia visse un nuovo periodo felice, anche grazie alla collaborazioni di scrittori e critici illustri, come Giovanni Papini, Aldo Palazzeschi, Riccardo Bacchelli, Carlo Bo ecc. Dal 1946, la rivista si rinnovò totalmente, avvalendosi della collaborazione di giovani intellettuali italiani; ebbe una crisi quasi fatale negli anni ’70 del XX secolo, che riuscì a superare grazie al decisivo intervento del politico Giovanni Spadolini, che quindi ne divenne proprietario; in questi anni, Nuova Antologia trasferì la sua sede a Firenze, ed ebbe un ulteriore ritorno di vendite, grazie ancora una volta alle prestigiose collaborazioni di cui si avvaleva. Come già detto, la rivista è tutt’ora esistente.

Volendo ora soffermarsi un momento su uno dei periodi più importanti che visse la Nuova Antologia, e che coincide coi primi quindici anni del Novecento, e volendo restringere il discorso alla sola poesia – che la rivista sempre considerò ed ospitò nelle sue pagine – si può dire che qui, a parte qualche eccezione, non trovarono spazio tanti poeti italiani giovani e promettenti (cosa che invece avvenne in altre riviste dell’epoca, come Poesia e La Voce); la rivista si limitò a tenere presente soltanto coloro che già si erano affermati: poeti del secondo Ottocento e del primissimo Novecento come Domenico Gnoli, Enrico Panzacchi, Mario Rapisardi, Arturo Graf, Giovanni Marradi, Vittoria Aganoor, Gabriele D’Annunzio, Enrico Thovez, Giovanni Cena, Cosimo Giorgieri Contri, Francesco Pastonchi e tanti altri ancora. Fanno eccezione Guido Gozzano e Arturo Onofri (il primo, nel marzo del 1909, qui pubblicò per la prima volta i versi de La signorina Felicita), ma ciò non basta per poter dire che la Nuova Antologia abbia rappresentato qualcosa di determinante e neppure d’importante nella fase di rinnovamento della poesia italiana del XX secolo; discorso che si conferma ancor più sfogliando le pagine degli anni successivi al periodo qui preso in considerazione, in cui, tra l’altro, la poesia venne sempre più trascurata. Chiudo, come al solito, riportando tre testi poetici trascritti dalle pagine della rivista.

 

 


 

 

L’ISOLA DEI MORTI (*)

di Arturo Graf

 

In mezzo al mare un’isola remota

Da quanto vive e si travaglia al mondo:

Intorno il mar che non ha fin né fondo;

In alto il ciel ch’eternamente ruota.

 

Poche, stagliate, cenerine rupi,

Cui, da piede, la salsa onda frastaglia;

Sulle rupi, all’ingiro, una gramaglia

D’erti cipressi inviluppati e cupi.

 

Sterminato è quel mar, placido, tetro;

Né fragoroso turbine sovverte,

Né lenta prora fende mai l’inerte

Onda che muta splende e par di vetro.

 

Sterminato è quel ciel, nitido, eguale;

Né tenebrosa nuvola vi tuona,

Né uccel che migri ad agognata zona

Batte mai pel diffuso etere l’ale.

 

Sotto l’antico ciel, nella grandeva

Pace oblïosa, incommutabilmente,

Dalla silenzïosa onda lucente

L’isola come salda ombra si leva.

 

Vasta quiete, alto silenzio! Un Lete

Fatto mare: un’immobile parvenza:

Uno stupor senza memorie, senza

Desio... Vasto silenzio, alta quïete!

 

Solo, quando nei gorghi algidi spento

Cade (poiché rifulse invano) il sole,

Fra i gran cipressi, entro le cave gole,

Mormora un lieve spirito di vento.

 

(*) Questi versi mi furono in parte suggeriti da un noto, mirabile dipinto di Arnoldo Böcklin.

 

(da «Nuova Antologia», 16 gennaio 1904)

 

 

 

 

LUCE

di Arturo Onofri

 

Or che l'ombra, in cui m'appago,

sulle vie del mondo piove:

una luce ia me si muove

come stella a fior d'un lago.

 

E non vedo più la riva

che nel buio si cancella;

vedo solo quella stella

come sola cosa viva.

 

Sotto il sole era la vita

una festa pittoresca;

ma, cuor mio, non ti rincresca

se in un gorgo or' è sparita.

 

Quel che vidi e udii, cogliendo

ora un suono ora un frastaglio,

ecco (intero, unico abbaglio!)

per magìa dì sogno apprendo.

 

Nulla guardo, nulla odo:

ma soltanto adesso immenso

è il pensiero che non penso,

è l'amore che non godo.

 

Dal silenzio musicale

si diffonde un'armonia

che ritrova in me la via

del mio cuore primordiale.

 

E dal vinto incantamento

del frastuono e del colore,

dall'età di ciò che muore,

creo l'eterno, a mio talento.

 

(da «Nuova Antologia», 1° gennaio 1912)

 

 

 

 

ANCORA

di Diego Valeri

 

Verrà la morte dalle tempie vuote,

dal cuore secco, dagli occhi fissati:

verrà la pace. Ma ch'io soffra, intanto,

ancora e ancora di questo sbocciare

di rose rosse sotto azzurri cieli,

e di questo svariare vagabondo

d'onde bionde e turchine su la seta

grigia del mare, e di questa dolcezza

fonda di donna, che s'offre al mio cuore

sempre più stanco sempre più bramoso

come un inganno di sonno e di sogno.

Verrà la pace; ma così gran bene

ch'io lo soffra, finché non sia spremuto

dai bruciati occhi miei l'ultimo pianto.

 

(da «Nuova Antologia», 16 febbraio 1929)

 

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