Il passato è un altro
argomento particolarmente caro ai poeti decadenti, simbolisti e crepuscolari. Viene
spesso evocato e descritto in modi assai diversi; c’è chi lo ritrova tramite
vecchi oggetti, come Willy Dias nella bellissima poesia intitolata Cose morte; chi, con estremo rimpianto,
lo rivede nella giovanile immagine di una prostituta, conosciuta ai tempi
dell’infanzia, quando l’anima del poeta era del tutto priva di ogni tipo di
malizia; c’è chi, tramite visioni fantastiche, lo immagina in luoghi isolati e
incontaminati, quasi fosse un vero e proprio paradiso terrestre. Ma, ancora una
volta, è Gabriele D’Annunzio ad anticipare tutti gli altri poeti, con la sua
famosa poesia Hortus larvarum, in
cui, tramite la rievocazione di una serie di elementi (luoghi, figure, musiche,
profumi e altro ancora) che emanano un fascino tutto particolare, palesa un
accorato rimpianto verso un determinato, favoloso passato, colmo di languidezze
e di romanticherie: lo stesso di cui si parla in numerose altre poesie che
furono scritte negli anni successivi, e che evidenziano, se non una imitazione,
una netta influenza che il poeta pescarese determinò nelle generazioni più
giovani, compresa quella dei poeti crepuscolari.
Poesie sull’argomento
Libero Altomare:
"Il Passato" in "I Poeti Futuristi" (1912).
Diego Angeli:
"Riflessi di nuvole" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903"
(1904).
Pompeo Bettini:
"La pioggia discende dal cielo"
in "Poesie" (1897).
Francesco Cazzamini
Mussi: "Senza titolo" in "I Canti dell'adolescenza
(1904-1907)" (1908).
Francesco Cazzamini
Mussi: "Armonie d'una volta" in "Le allee solitarie"
(1920).
Francesco Cazzamini
Mussi: "Allora - ora" in "Il cuore e l'urna" (1923).
Giovanni Cena:
"Ella?" in "Homo" (1907).
Carlo Chiaves:
"Tra i veli de la memoria" in "Sogno e ironia" (1910).
Guelfo Civinini:
"Canzonetta in falbalà" in "I sentieri e le nuvole" (1911).
Guglielmo Felice
Damiani: "Tomba antica" in "Lira spezzata" (1912).
Gabriele D'Annunzio:
"Hortus Larvarum" in "Poema paradisiaco" (1893).
Adolfo De Bosis,
"Era, una volta, nel mondo..." in "Amori ac silentio e Le rime
sparse" (1914).
Federico De Maria:
"Inventario d'amore" in "La Leggenda della Vita" (1909).
Willy Dias: "Cose morte" in «Domenica Letteraria», febbraio 1896.
Francesco Gaeta:
"Ammonimento" in "Poesie d'amore" (1920).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Strada di Valsalice" in "Il convegno dei cipressi"
(1894).
Cosimo Giorgieri
Contri: "L'isola del passato" in "Primavere del desiderio e dell'oblio"
(1903).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Nimis vixi" in «Nuova Antologia», aprile 1907.
Emilio Girardini:
"Passato" in "Chordae cordis" (1920).
Corrado Govoni:
"La pendola del passato" in "Armonia in grigio et in
silenzio" (1903).
Guido Gozzano:
"Cocotte" in "I colloqui" (1911).
Arturo Graf:
"Rovina" in "Medusa" (1990).
Virgilio La Scola:
"La casa del passato" e "Ora religiosa" in "La placida
fonte" (1907).
Gian Pietro Lucini:
"Meditazione" in "Poesia", settembre 1908.
Olindo Malagodi:
"Visione di tramonto" in "Poesie vecchie e nuove
(1890-1915)" (1928).
Tito Marrone:
"Dittico del passato" in «L'Arte», aprile 1902.
Fausto Maria Martini:
"Anniversario" in "Poesie provinciali" (1910).
Arturo Onofri: "Dentro il sonoro stanzone dov'io sogno e
lavoro" in "Canti delle osai" (1909).
Arturo Onofri: "Le figure enigmatiche del sogno" in
"Vincere il drago!" (1928).
Angiolo Orvieto:
"L'ignoto" in "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya" (1898).
Nino Oxilia: "Addio passato, sogni, tenerezza!"
in "Canti brevi" (1909).
Aldo Palazzeschi:
"Lord Mailor" in "Poemi" (1909).
Giovanni Pascoli:
"Mai più... mai più..." in "Poesie varie" (1912).
Giuseppe Piazza:
"Il passato" in "Le eumenidi" (1903).
Guido Ruberti:
"Alla soglia" in "Le Evocazioni" (1909).
Agostino John
Sinadinò: "Con i semplici suoni
dolci" in "La Festa" (1900).
Federigo Tozzi:
"Stendonsi i giorni all'ombre
sonnolente" in "La zampogna verde" (1911).
Diego Valeri:
"Distacco" in "Umana" (1916).
Remigio Zena:
"L'organetto" in "Tutte le poesie" (1974).
Testi
HORTUS LARVARUM
di Gabriele
D’Annunzio
Il bel giardino in
tempi assai lontani
occultamente pare
lontanare.
Le fonti, chiare di
chiaror d'opale,
fan ne la calma suoni
dolci e strani.
Nei roseti le rose
estenuate
cadono, quasi non
odoran più.
L'Anima langue. I
nostri sogni vani
chiamano i tempi che
non sono più.
O danze, arie di
tempi assai lontani,
voi che in qualche
dimora secolare
facean su 'l
virginale risonare
dolentemente così
bianche mani:
mani di donna avida
ancor d'amare,
non più giovine, non
amata più:
e voi movete questi
sogni vani,
arie di tempi che non
sono più!
O profumi di tempi
assai lontani,
voi che nel fondo de
le vuote fiale
lasciaste la dolcezza
essenziale
così che par che un
spirito n'emani
(forse ne le segrete
anime tale
un sol ricordo non
vanisce più):
e voi guidate i
nostri sogni vani,
profumi, ai tempi che
non sono più!
O figure di tempi
assai lontani,
voi che il tessuto
pallido animate,
ninfe su fiumi,
cacciatrici armate
dietro bei cervi in
bei boschi pagani
(Delia, taluno a
notte alta, d'estate,
te rimirando non
dormiva più):
e voi ridete in
questi sogni vani
come nei tempi che
non sono più!
E tu vissuta in tempi
assai lontani,
donna, come le tue
danze obliate,
come i profumi tuoi
ne le tue fiale,
donna che avevi così
bianche mani,
tu che moristi avida
ancor d'amare,
non più giovane, non
amata più,
oggi tu passa in
questi sogni vani,
morta dei tempi che
non sono più!
(da "Poema paradisiaco. Odi navali", Treves, Milano 1893)
ALLA SOGLIA
di Guido Ruberti
Oggi passai,
Marcella,
innanzi all'antica
tua casa
e le memorie come un
flutto
di un subito han
l'anima invasa.
Ahi quanto il tempo
ha distrutto
dal primo tuo amore,
dalla mia
ribellione!...
Fissato ho il vecchio
balcone
senza rancore,
Dove se' or tu,
bambina?
Mi sembra ch'io debba
vederti;
spuntar di sotto la
tendina
tra i vasi dei rossi
gerani,
agitar le piccole
mani
o il leggiadro
grembiale
ne' brevi segni
occulti...
Di fronte, lassù pel
viale,
dai filari di
virgulti
a quando a quando una
morta
gialla foglia si
stacca.
A grandi mucchi le
foglie
giaccion su la terra
smorta:
autunno! autunno! le
tue spoglie
dorate, il tuo virile
casco
già cedono al punger
della brezza!
La giornata è grigia;
ha una tristezza
dolce e pensosa, una
lontana
chiarità indefinita:
sei tu dunque
partita?
sei tu dunque
perduta?
E nulla del passato
ti resta,
come a me, nel
vecchio cuore?
E la scorsa vita una
molesta
pagina di un libro
obliato
ti sembra? Pure tutto
è stato:
l'amor defunto,
l'oblianza;
come la sottile
fragranza
di un peccato che non
ha ritorno,
l'Autunno dolce, il
vecchio giorno,
la soglia appena
intravveduta,
la piccola veranda
muta
e chiusa sotto sotto
il ciel piovorno.
(da "Le
Evocazioni", Casa Editrice Centrale, Roma 1909)
Alfred Kubin , "The past forgotten swallowed" (da questa pagina web) |
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