domenica 11 dicembre 2022

Il passato nella poesia italiana decadente e simbolista

 

Il passato è un altro argomento particolarmente caro ai poeti decadenti, simbolisti e crepuscolari. Viene spesso evocato e descritto in modi assai diversi; c’è chi lo ritrova tramite vecchi oggetti, come Willy Dias nella bellissima poesia intitolata Cose morte; chi, con estremo rimpianto, lo rivede nella giovanile immagine di una prostituta, conosciuta ai tempi dell’infanzia, quando l’anima del poeta era del tutto priva di ogni tipo di malizia; c’è chi, tramite visioni fantastiche, lo immagina in luoghi isolati e incontaminati, quasi fosse un vero e proprio paradiso terrestre. Ma, ancora una volta, è Gabriele D’Annunzio ad anticipare tutti gli altri poeti, con la sua famosa poesia Hortus larvarum, in cui, tramite la rievocazione di una serie di elementi (luoghi, figure, musiche, profumi e altro ancora) che emanano un fascino tutto particolare, palesa un accorato rimpianto verso un determinato, favoloso passato, colmo di languidezze e di romanticherie: lo stesso di cui si parla in numerose altre poesie che furono scritte negli anni successivi, e che evidenziano, se non una imitazione, una netta influenza che il poeta pescarese determinò nelle generazioni più giovani, compresa quella dei poeti crepuscolari.

 

 

Poesie sull’argomento

 

Libero Altomare: "Il Passato" in "I Poeti Futuristi" (1912).

Diego Angeli: "Riflessi di nuvole" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903" (1904).

Pompeo Bettini: "La pioggia discende dal cielo" in "Poesie" (1897).

Francesco Cazzamini Mussi: "Senza titolo" in "I Canti dell'adolescenza (1904-1907)" (1908).

Francesco Cazzamini Mussi: "Armonie d'una volta" in "Le allee solitarie" (1920).

Francesco Cazzamini Mussi: "Allora - ora" in "Il cuore e l'urna" (1923).

Giovanni Cena: "Ella?" in "Homo" (1907).

Carlo Chiaves: "Tra i veli de la memoria" in "Sogno e ironia" (1910).

Guelfo Civinini: "Canzonetta in falbalà" in "I sentieri e le nuvole" (1911).

Guglielmo Felice Damiani: "Tomba antica" in "Lira spezzata" (1912).

Gabriele D'Annunzio: "Hortus Larvarum" in "Poema paradisiaco" (1893).

Adolfo De Bosis, "Era, una volta, nel mondo..." in "Amori ac silentio e Le rime sparse" (1914).

Federico De Maria: "Inventario d'amore" in "La Leggenda della Vita" (1909).

Willy Dias: "Cose morte" in «Domenica Letteraria», febbraio 1896.

Francesco Gaeta: "Ammonimento" in "Poesie d'amore" (1920).

Cosimo Giorgieri Contri: "Strada di Valsalice" in "Il convegno dei cipressi" (1894).

Cosimo Giorgieri Contri: "L'isola del passato" in "Primavere del desiderio e dell'oblio" (1903).

Cosimo Giorgieri Contri: "Nimis vixi" in «Nuova Antologia», aprile 1907.

Emilio Girardini: "Passato" in "Chordae cordis" (1920).

Corrado Govoni: "La pendola del passato" in "Armonia in grigio et in silenzio" (1903).

Guido Gozzano: "Cocotte" in "I colloqui" (1911).

Arturo Graf: "Rovina" in "Medusa" (1990).

Virgilio La Scola: "La casa del passato" e "Ora religiosa" in "La placida fonte" (1907).

Gian Pietro Lucini: "Meditazione" in "Poesia", settembre 1908.

Olindo Malagodi: "Visione di tramonto" in "Poesie vecchie e nuove (1890-1915)" (1928).

Tito Marrone: "Dittico del passato" in «L'Arte», aprile 1902.

Fausto Maria Martini: "Anniversario" in "Poesie provinciali" (1910).

Arturo Onofri: "Dentro il sonoro stanzone dov'io sogno e lavoro" in "Canti delle osai" (1909).

Arturo Onofri: "Le figure enigmatiche del sogno" in "Vincere il drago!" (1928).

Angiolo Orvieto: "L'ignoto" in "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya" (1898).

Nino Oxilia: "Addio passato, sogni, tenerezza!" in "Canti brevi" (1909).

Aldo Palazzeschi: "Lord Mailor" in "Poemi" (1909).

Giovanni Pascoli: "Mai più... mai più..." in "Poesie varie" (1912).

Giuseppe Piazza: "Il passato" in "Le eumenidi" (1903).

Guido Ruberti: "Alla soglia" in "Le Evocazioni" (1909).

Agostino John Sinadinò: "Con i semplici suoni dolci" in "La Festa" (1900).

Federigo Tozzi: "Stendonsi i giorni all'ombre sonnolente" in "La zampogna verde" (1911).

Diego Valeri: "Distacco" in "Umana" (1916).

Remigio Zena: "L'organetto" in "Tutte le poesie" (1974).

 

 

Testi

 

 

HORTUS LARVARUM

di Gabriele D’Annunzio

 

Il bel giardino in tempi assai lontani

occultamente pare lontanare.

Le fonti, chiare di chiaror d'opale,

fan ne la calma suoni dolci e strani.

Nei roseti le rose estenuate

cadono, quasi non odoran più.

L'Anima langue. I nostri sogni vani

chiamano i tempi che non sono più.

 

O danze, arie di tempi assai lontani,

voi che in qualche dimora secolare

facean su 'l virginale risonare

dolentemente così bianche mani:

mani di donna avida ancor d'amare,

non più giovine, non amata più:

e voi movete questi sogni vani,

arie di tempi che non sono più!

 

O profumi di tempi assai lontani,

voi che nel fondo de le vuote fiale

lasciaste la dolcezza essenziale

così che par che un spirito n'emani

(forse ne le segrete anime tale

un sol ricordo non vanisce più):

e voi guidate i nostri sogni vani,

profumi, ai tempi che non sono più!

 

O figure di tempi assai lontani,

voi che il tessuto pallido animate,

ninfe su fiumi, cacciatrici armate

dietro bei cervi in bei boschi pagani

(Delia, taluno a notte alta, d'estate,

te rimirando non dormiva più):

e voi ridete in questi sogni vani

come nei tempi che non sono più!

 

E tu vissuta in tempi assai lontani,

donna, come le tue danze obliate,

come i profumi tuoi ne le tue fiale,

donna che avevi così bianche mani,

tu che moristi avida ancor d'amare,

non più giovane, non amata più,

oggi tu passa in questi sogni vani,

morta dei tempi che non sono più!

 

(da "Poema paradisiaco. Odi navali", Treves, Milano 1893)

 

 

 

 

ALLA SOGLIA

di Guido Ruberti

 

Oggi passai, Marcella,

innanzi all'antica tua casa

e le memorie come un flutto

di un subito han l'anima invasa.

Ahi quanto il tempo ha distrutto

dal primo tuo amore,

dalla mia ribellione!...

Fissato ho il vecchio balcone

senza rancore,

Dove se' or tu, bambina?

Mi sembra ch'io debba vederti;

spuntar di sotto la tendina

tra i vasi dei rossi gerani,

agitar le piccole mani

o il leggiadro grembiale

ne' brevi segni occulti...

 

Di fronte, lassù pel viale,

dai filari di virgulti

a quando a quando una morta

gialla foglia si stacca.

A grandi mucchi le foglie

giaccion su la terra smorta:

autunno! autunno! le tue spoglie

dorate, il tuo virile casco

già cedono al punger della brezza!

 

La giornata è grigia; ha una tristezza

dolce e pensosa, una lontana

chiarità indefinita:

sei tu dunque partita?

sei tu dunque perduta?

E nulla del passato ti resta,

come a me, nel vecchio cuore?

E la scorsa vita una molesta

pagina di un libro obliato

ti sembra? Pure tutto è stato:

l'amor defunto, l'oblianza;

come la sottile fragranza

di un peccato che non ha ritorno,

l'Autunno dolce, il vecchio giorno,

la soglia appena intravveduta,

la piccola veranda muta

e chiusa sotto sotto il ciel piovorno.

 

(da "Le Evocazioni", Casa Editrice Centrale, Roma 1909)

 

Alfred Kubin , "The past forgotten swallowed"
(da questa pagina web)


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