mercoledì 22 giugno 2022

Innanzi l'alba

 

Coglierai sul nudo lito,

infinito

di notturna melodia,

il maritimo narcisso

per le tue nuove corone,

tramontando nell'abisso

le Vergilie,

le sorelle oceanine

che ancor piangono per Ia

lacerato dal leone.

 

Andrem pel lito silenti;

sentiremo la rugiada

lene e pura

piovere dagli occhi lenti

della notte moritura,

tramontando nel pallore

le Vergilie,

le sorelle oceanine

minacciate dalla spada

del feroce cacciatore.

 

Forse volgerò la faccia

in dietro talvolta io solo

per vedere la tua traccia

luminosa,

e starem muti in ascolto,

tramontando in tema e in duolo

le Vergilie,

le sorelle oceanine

a cui l'Alba asciuga il volto

col suo bianco vel di sposa.

 

Frontespizio della prima edizione di "Alcyone"



 COMMENTO

Innanzi l’alba è il titolo di una poesia di Gabriele D’Annunzio (Pescara 1863 - Gardone Riviera 1938), che fa parte della raccolta Alcyone, ovvero del Terzo Libro delle Laudi (gli altri due sono Maia ed Elettra, usciti poco tempo prima), pubblicato per la prima volta dai Fratelli Treves di Milano, nel 1904. Io l’ho trascritta dal volume: D’Annunzio, Poesie, Garzanti, Milano 1992 (VI edizione); trattasi di un’antologia delle poesie dello scrittore pescarese, con introduzione, scelta dei testi, note e commenti di Federico Roncoroni. Sconosciuta è la data di composizione di Innanzi l’alba; si sa per certo però che nel dicembre del 1902, quando i Fratelli Treves Editori annunciarono l’imminente uscita di Alcyone, essa era già stata scritta.

La scena è quella di una spiaggia deserta, nell’ora in cui si comincia ad intravedere appena la luce dell’alba; la stagione, probabilmente è l’estate. In questo luogo incantato (reso tale anche dal prolungato rumore delle onde che s'infrangono sulla riva), il poeta immagina di passeggiare insieme alla sua compagna. I due non si dicono nulla, letteralmente inebriati dal paesaggio; e, mentre la donna è intenta a cogliere dei fiori marini per farne delle ghirlande, il poeta è attratto dalle orme che, camminando, essa lascia sulla sabbia del lido, volgendo gli occhi anche al cielo, che si rischiara sempre di più, e alle Pleiadi che lentamente tramontano.

È una delle poesie più affascinanti e sognanti di Alcyone, e possiede, come tante altre della medesima raccolta, una magistrale musicalità. In alcuni versi, vi sono dei chiari riferimenti alla mitologia greca; le Vergilie, ovvero le costellazioni delle Pleiadi e delle Iadi, da tale mitologia sono considerate sorelle; entrambe figlie di Atlante erano anche nipoti di Oceano; Ia (Hyas in greco) invece, fratello da parte di madre delle Iadi, fu sbranato da una leonessa perché tentò di portargli via i piccoli (da ciò nasce il pianto delle stelle). Le Vergilie, al verso 19, subiscono la minaccia  del “feroce cacciatore”, ovvero dalla costellazione di Orione, che proprio i greci raffigurarono simile ad un gigante armato di spada, che impaurisce le Pleiadi mentre esse, lentamente, si dileguano. Bellissima è infine l’immagine dell’alba che stende un velo bianco nel cielo, per consolare le stelle fuggenti e piangenti.


Elihu Vedder, "Pleiades"
(da questa pagina web)



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