Coglierai sul
nudo lito,
infinito
di notturna
melodia,
il maritimo
narcisso
per le tue nuove
corone,
tramontando
nell'abisso
le Vergilie,
le sorelle
oceanine
che ancor
piangono per Ia
lacerato dal
leone.
Andrem pel lito
silenti;
sentiremo la
rugiada
lene e pura
piovere dagli
occhi lenti
della notte
moritura,
tramontando nel
pallore
le Vergilie,
le sorelle
oceanine
minacciate dalla
spada
del feroce
cacciatore.
Forse volgerò la
faccia
in dietro
talvolta io solo
per vedere la tua
traccia
luminosa,
e starem muti in
ascolto,
tramontando in
tema e in duolo
le Vergilie,
le sorelle
oceanine
a cui l'Alba
asciuga il volto
col suo bianco
vel di sposa.
Frontespizio della prima edizione di "Alcyone" |
Innanzi l’alba è il titolo di una poesia di Gabriele D’Annunzio (Pescara 1863 - Gardone Riviera 1938), che fa
parte della raccolta Alcyone, ovvero
del Terzo Libro delle Laudi (gli altri due sono Maia ed Elettra, usciti poco tempo prima), pubblicato per la prima volta
dai Fratelli Treves di Milano, nel 1904. Io l’ho trascritta dal volume:
D’Annunzio, Poesie, Garzanti, Milano
1992 (VI edizione); trattasi di un’antologia delle poesie dello scrittore
pescarese, con introduzione, scelta dei testi, note e commenti di Federico
Roncoroni. Sconosciuta è la data di composizione di Innanzi l’alba; si sa per certo però che nel dicembre del 1902,
quando i Fratelli Treves Editori annunciarono l’imminente uscita di Alcyone, essa era già stata scritta.
La scena è quella
di una spiaggia deserta, nell’ora in cui si comincia ad intravedere appena la
luce dell’alba; la stagione, probabilmente è l’estate. In questo luogo
incantato (reso tale anche dal prolungato rumore delle onde che s'infrangono sulla riva), il poeta immagina di passeggiare insieme alla sua compagna. I due
non si dicono nulla, letteralmente inebriati dal paesaggio; e, mentre la donna
è intenta a cogliere dei fiori marini per farne delle ghirlande, il poeta è
attratto dalle orme che, camminando, essa lascia sulla sabbia del lido, volgendo gli occhi
anche al cielo, che si rischiara sempre di più, e alle Pleiadi che lentamente
tramontano.
È una delle
poesie più affascinanti e sognanti di Alcyone,
e possiede, come tante altre della medesima raccolta, una magistrale
musicalità. In alcuni versi, vi sono dei chiari riferimenti alla mitologia
greca; le Vergilie, ovvero le costellazioni delle Pleiadi e delle Iadi, da tale
mitologia sono considerate sorelle; entrambe figlie di Atlante erano anche
nipoti di Oceano; Ia (Hyas in greco) invece, fratello da parte di madre delle
Iadi, fu sbranato da una leonessa perché tentò di portargli via i piccoli (da
ciò nasce il pianto delle stelle). Le Vergilie, al verso 19, subiscono la
minaccia del “feroce cacciatore”, ovvero
dalla costellazione di Orione, che proprio i greci raffigurarono simile ad un
gigante armato di spada, che impaurisce le Pleiadi mentre esse, lentamente, si
dileguano. Bellissima è infine l’immagine dell’alba che stende un velo bianco
nel cielo, per consolare le stelle fuggenti e piangenti.
Elihu Vedder, "Pleiades" (da questa pagina web) |
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