domenica 16 gennaio 2022

Gli oggetti nella poesia italiana decadente e simbolista

 

Ho qui riunito una serie lunga di poesie che hanno, come argomento principale, uno o più oggetti, siano essi di uso comune, obsoleti, rari o preziosi; a volte tali oggetti sono definiti più genericamente "cose" e, nel caso di Sergio Corazzini e di Tito Marrone, le "cose" si animano provando sentimenti comuni agli esseri umani oppure provocano dei piccoli rumori che appaiono misteriosi, e che soltanto i poeti riescono ad identificare. Molti oggetti di cui parlano questi versi entrano di diritto nel repertorio simbolista, decadente e crepuscolare, assumendo simbologie ben precise (si pensi ad esempio all'organo di Barberia, che divenne protagonista nella poesia europea di fine Ottocento e d'inizio Novecento); a tal proposito, i vecchi pendoli, i carillon, le pietre e le colonne consumate ecc. divengono l'emblema di un passato che ormai non conta più nulla, e i poeti stessi, si immedesimano in questi oggetti antichi e frusti, avendo la netta impressione che perfino l'arte poetica sia qualcosa che non interessa più ad alcuno, divenendo, così, essa stessa un oggetto che si osserva quasi distrattamente e che emana una sensazione di vetustà e di inutilità.

 

 

Poesie sull'argomento

 

Giuseppe Altomonte. "Piccola penna" in «Marforio», febbraio 1904.

Antonino Anile: "Ad una vecchia vela" in "I Sonetti dell'Anima" (1907).

Antonio Beltramelli: "La corona" in "I Canti di Faunus" (1908).

Paolo Buzzi: "Le falci" in "Aeroplani" (1909).

Carlo Chiaves: "La pietra corrosa" e "Fra le ceneri" in "Sogno e ironia" (1910).

Guelfo Civinini: "Le bòccole" in "L'Urna" (1900).

Guelfo Civinini: "L'istantanea" in "I sentieri e le nuvole" (1911).

Sergio Corazzini: "Soliloquio delle cose" in «Cronache latine», dicembre 1905.

Luigi Crociato: "Il ventaglio" in "Canta il selvaggio" (1912).

Vincenzo Fago: "Una coppa di marmo orientale" in "Discordanze" (1905).

Enrico Fondi: "La fiala" in "Poesia", agosto/settembre/ottobre 1909.

Riccardo Forster: "La scala" in "La Fiorita" (1905).

Diego Garoglio: "La cisterna del chiostro" in "Sul bel fiume d'Arno" (1912).

Cosimo Giorgieri Contri: "Il carillon" in "Il convegno dei cipressi" (1894).

Cosimo Giorgieri Contri: "Il vecchio pendolo" in «Nuova Antologia», aprile 1907.

Domenico Gnoli: "La colonna" in "Poesie edite e inedite" (1907).

Corrado Govoni: "Le vasche", "Il pendolo di biscotto" e "Paramenti e simboli" in "Le Fiale" (1903).

Corrado Govoni: "Gli organi di Barberia" e "Le pendole di campagna" in "Fuochi d'artifizio" (1905).

Corrado Govoni: "Caleidoscopio" in "Gli aborti" (1907).

Corrado Govoni: "Nimresia canzone" in "Poesie elettriche" (1911).

Gian Pietro Lucini: "Stava nel tempio, dove io solo adoro" in "Il Libro delle Figurazioni Ideali" (1894).

Gian Pietro Lucini: "Per l'anima d'un vaso infranto" in "Le antitesi e le perversità" (1971).

Remo Mannoni, "Il pugnale" in «Il Paggio d'Amore», luglio 1903.

Tito Marrone: "Le piccole cose" in «La Vita Letteraria», giugno 1905.

Pietro Mastri: "Un'ala" e "La piccola falce" in "Lo specchio e la falce" (1907).

Pietro Mastri: "La panchina di legno" in "La fronda oscillante" (1923).

Nicola Moscardelli: "Le chiavi" in "La Veglia" (1913).

Francesco Pastonchi: "La ruota" in "Sul limite dell'ombra" (1905).

Ceccardo Roccatagliata Ceccardi: "L' Anfora" in "Il Libro dei Frammenti" (1895).

Emanuele Sella: "L'Allegoria del Destino" in "Rudimentum" (1911).

Domenico Tumiati: "Il tappeto" in "Musica antica per chitarra" (1897).

Domenico Tumiati: "Il piccione azzurro" in "Liriche" (1937).

Diego Valeri: "Notturno" in "Umana" (1916).

 

 

 

 

Testi

 

 

LA CORONA

di Antonio Beltramelli

 

Nella mia camera dispoglia, sopra uno scaffale nero, posa, unico segno di dovizia, un'antichissima corona regale. Un giorno un povero pescatore me la recò in dono. Dal fondo inesplorato dei mari essa era risorta fra le reti dell'uomo solitario. E da molti anni stava sul nero scaffale, pallida traccia di un regno e di una storia, ignota come l'anima degli abissi.

Ma stamane, come entravo nella mia nuda stanza, un vivo fluire di fresche risa mi ha colpito sì che ho rivolto gli occhi a riguardare. Ed ecco, nel sole fiottante dalla finestra parta, mi è apparsa Annabella mia. Ella si era imposta sui biondi capelli disciolti l'antichissima corona.

- Io sono Annabella - ha gridato - io sono Annabella regina!

E così, in verità, ho pensato perché solo la piccola bionda ha avuto virtù di animare lo stanco oro di luna, sorto dal fondo dei mari per chi cantò la diana al suo sonno.

 

(da "I canti di Faunus", Perrella, Napoli 1908)

 

 

 

 

LE CHIAVI

di Nicola Moscardelli

 

Povere chiavi, aprite cassetti di oro

scontente:

fatte mezzane dell’avarizia 

e dell’usura.

Aprite cassetti di amore

(lettere, riccioli, ritratti,

piccolo mondo a volo di uccello)

e siete le buone nutrici

che non tradiscono.

Oh se un giorno poteste aprire il mio cuore,

questo scrigno

che contiene chissà quanti tesori

che ignoro!...

Dite, dite, buona gente,

chi avesse trovata una chiave

una chiave tanto bella

che un giorno chiudeva il mio cuore?

Forse tu, tu l'hai trovata

e l'hai celata

per farmi morire cercando

dolorando

spasimando,

umile solenne povero!

 

(da "La veglia", Unione Arti Grafiche, L'Aquila 1913)



James Ensor, Bronzen pot met spookgestalten
                                              (da questa pagina web)



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