lunedì 24 gennaio 2022

Comare Coletta

 

Esiste una parte di umanità - per fortuna non numerosissima - che non percepisce (o non vuole percepire) il trascorrere del tempo; questa carenza di comprensione, fa illudere tali persone che per loro permanga uno stato di gioventù anche in tarda età, quando tutti sanno che, col passare degli anni, una delle prime cose che vengono a mancare nel corpo umano è quella bellezza fisica, capace di attrarre e di risvegliare i sensi più assopiti degli esseri umani. Tali individui non pensano agli anni della vecchiaia, e tendono, anche da vecchi, a comportarsi come se fossero ancora giovani: esibendo il proprio corpo ormai privo di attrattive, se non sgradevole agli occhi della gente. Questo preambolo mi è utile per introdurre Comare Coletta: poesia di Aldo Palazzeschi (Firenze 1885 - Roma 1974) presente già in Lanterna (seconda raccolta poetica dello scrittore toscano uscita nel 1907) che parla - in modo cinico e spietato - di una donna anziana, che in passato probabilmente possedeva una bellezza evidente, e che grazie a questa dote fisica riusciva a vivere più che agiatamente, esibendo il proprio corpo in spettacoli pubblici. Ora, forse perché ha sperperato il patrimonio di cui poteva godere, Coletta si ritrova in uno stato di totale povertà; non sapendo fare altro, per tirare avanti continua ad esibirsi sulla strada; ripete, col corpo di una vecchia, i movimenti usuali che faceva quando era giovane e bella (e magari svestita), davanti ad un pubblico interessatissimo. Ora, però, quei pochi che la stanno a guardare, ridono di lei, la scherniscono e, il più delle volte, nemmeno le lasciano una monetina per pietà. In questi versi, Palazzeschi è come se desse la voce ad uno dei passanti, che guardano e riconoscono la vecchia Coletta; la ricordano ai tempi in cui si esibiva in tutt'altri spettacoli, e non la biasimano, non hanno alcuna pena di lei: la considerano, piuttosto, una persona che merita la sua attuale situazione; per tale motivo, con rabbia e con estremo disprezzo, le urlano contro delle invettive, quasi divertendosi nel vederla in uno stato di completa indigenza. Lei, sorda ad ogni voce, continua il suo esecrabile numero fino allo sfinimento.

 

 

— Saltella e balletta comare Coletta!

Saltella e balletta! —

Smagrita ricurva la piccola vecchia.

girando le strade saltella e balletta.

Si ferma la gente a guardarla,

di rado taluno le getta denaro,

saltella più lesta la vecchia al tintinno,

ringrazia provandosi ancora

di reggere a la piruetta.

Talvolta ella cade fra il lazzo e le risa,

nessuno le porge la mano,

nessuno a soccorrerla viene.

— Saltella e balletta comare Coletta!

Saltella e balletta!

— La tua perucchina, comare Coletta,

ne perde il capecchio!

— E il bel mazzolino, comare Coletta!

Di fiori assai freschi!

Ancora non ànno lasciato cadere

il vivo scarlatto!

— Ricordan quei fiori, comare Coletta,

gli antichi splendori?

— Danzavi nel mezzo ai ripalchi

n'è vero, comare Coletta?

Danzavi vestita di luci, cosparsa di gemme,

coperta soltanto dai guardi malefici, vero?

— Ricordi le luci, le gemme,

le vesti smaglianti?

— Ricordi il tuo sozzo peccato? —

Tu sei maledetta, comare Coletta!

Vecchiaccia d'inferno!

— Saltella e balletta comare Coletta!

Saltella e balletta! —

Ricurva, sciancata, provandosi ancora

di reggere a la piruetta,

s'aggira per fame la vecchia rugosa,

trascina la logora veste pendente a brandelli,

le cade a pennecchi di capo il capecchio

fra il lazzo e le risa,

la rabbia le serra la bocca di rughe ormai fossa,

soltanto il mazzetto di fiori scarlatti

ancora le ride nel mezzo del petto.

— Saltella e balletta comare Coletta!

Saltella e balletta!

 

(da "Lanterna", Stab. Tip. Aldino, Firenze 1907, pp. 21-22)

 

 

 

 

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