Esiste una parte
di umanità - per fortuna non numerosissima - che non percepisce (o non vuole
percepire) il trascorrere del tempo; questa carenza di comprensione, fa
illudere tali persone che per loro permanga uno stato di gioventù anche in
tarda età, quando tutti sanno che, col passare degli anni, una delle prime cose
che vengono a mancare nel corpo umano è quella bellezza fisica, capace di
attrarre e di risvegliare i sensi più assopiti degli esseri umani. Tali
individui non pensano agli anni della vecchiaia, e tendono, anche da vecchi, a
comportarsi come se fossero ancora giovani: esibendo il proprio corpo ormai
privo di attrattive, se non sgradevole agli occhi della gente. Questo preambolo
mi è utile per introdurre Comare Coletta:
poesia di Aldo Palazzeschi (Firenze 1885 - Roma 1974) presente già in Lanterna (seconda raccolta poetica dello
scrittore toscano uscita nel 1907) che parla - in modo cinico e spietato - di
una donna anziana, che in passato probabilmente possedeva una bellezza
evidente, e che grazie a questa dote fisica riusciva a vivere più che
agiatamente, esibendo il proprio corpo in spettacoli pubblici. Ora, forse
perché ha sperperato il patrimonio di cui poteva godere, Coletta si ritrova in
uno stato di totale povertà; non sapendo fare altro, per tirare avanti continua
ad esibirsi sulla strada; ripete, col corpo di una vecchia, i movimenti usuali
che faceva quando era giovane e bella (e magari svestita), davanti ad un
pubblico interessatissimo. Ora, però, quei pochi che la stanno a guardare,
ridono di lei, la scherniscono e, il più delle volte, nemmeno le lasciano una
monetina per pietà. In questi versi, Palazzeschi è come se desse la voce ad uno
dei passanti, che guardano e riconoscono la vecchia Coletta; la ricordano ai
tempi in cui si esibiva in tutt'altri spettacoli, e non la biasimano, non hanno
alcuna pena di lei: la considerano, piuttosto, una persona che merita la sua
attuale situazione; per tale motivo, con rabbia e con estremo disprezzo, le
urlano contro delle invettive, quasi divertendosi nel vederla in uno stato di completa indigenza. Lei, sorda ad ogni voce, continua il suo esecrabile
numero fino allo sfinimento.
— Saltella e
balletta comare Coletta!
Saltella e
balletta! —
Smagrita ricurva
la piccola vecchia.
girando le strade
saltella e balletta.
Si ferma la gente
a guardarla,
di rado taluno le
getta denaro,
saltella più
lesta la vecchia al tintinno,
ringrazia provandosi
ancora
di reggere a la
piruetta.
Talvolta ella
cade fra il lazzo e le risa,
nessuno le porge
la mano,
nessuno a
soccorrerla viene.
— Saltella e
balletta comare Coletta!
Saltella e
balletta!
— La tua
perucchina, comare Coletta,
ne perde il
capecchio!
— E il bel
mazzolino, comare Coletta!
Di fiori assai
freschi!
Ancora non ànno
lasciato cadere
il vivo
scarlatto!
— Ricordan quei
fiori, comare Coletta,
gli antichi
splendori?
— Danzavi nel
mezzo ai ripalchi
n'è vero, comare
Coletta?
Danzavi vestita
di luci, cosparsa di gemme,
coperta soltanto
dai guardi malefici, vero?
— Ricordi le
luci, le gemme,
le vesti
smaglianti?
— Ricordi il tuo
sozzo peccato? —
Tu sei maledetta,
comare Coletta!
Vecchiaccia
d'inferno!
— Saltella e
balletta comare Coletta!
Saltella e
balletta! —
Ricurva,
sciancata, provandosi ancora
di reggere a la
piruetta,
s'aggira per fame
la vecchia rugosa,
trascina la
logora veste pendente a brandelli,
le cade a
pennecchi di capo il capecchio
fra il lazzo e le
risa,
la rabbia le
serra la bocca di rughe ormai fossa,
soltanto il
mazzetto di fiori scarlatti
ancora le ride
nel mezzo del petto.
— Saltella e
balletta comare Coletta!
Saltella e
balletta!
(da
"Lanterna", Stab. Tip. Aldino, Firenze 1907, pp. 21-22)
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