domenica 30 maggio 2021

La notte nella poesia italiana decadente e simbolista

 

La notte, nei versi di questi poeti, si riconduce a diverse simbologie e a svariate accezioni. Parlando di accezioni negative, viene spesso associata la buio più fitto e, di conseguenza, al mistero insondabile che in certi casi diventa terrificante. A volte i poeti ritornano bambini, e di fronte alla notte tenebrosa provano una paura enorme, invocando la presenza della madre: unica figura che può rassicurarli e proteggerli (ma in Notte di Amalia Guglielminetti, è il compagno che assume tale ruolo). Coloro che avvertono di più la disperazione esistenziale, approfittano delle ore notturne per pregare e, a volte, per supplicare un'entità ultraterrena affinché possa liberarli dal dolore provato. Ma la notte, da come viene descritta in alcuni versi, è anche il momento giusto per sfogare gli istinti più bestiali, che divengono - grazie al buio - incontrollabili ed estremamente violenti.

Passando ad un'accezione positiva, quando la notte è illuminata dalla luce lunare o, più semplicemente, da quella artificiale delle lampade - che spesso simboleggiano la fede - diventa preponderante la speranza (significativa in questo senso è la poesia di Adobati Il notturno degli infermi). Le notti estive o primaverili, ricche di luci e di profumi di vario genere, prendono la forma di un mondo trascendente, dove si svolgono riti d'altri tempi e dove sia le emozioni che i sensi umani raggiungono il loro apice. Ma la notte è anche il periodo del giorno dedicato al sonno; grazie ad esso nascono i sogni, e grazie a questi ultimi rivivono momenti quasi dimenticati e persone (ovvero fantasmi) legate ad un passato felice; malgrado ciò, c'è anche il rischio, sognando, di perdersi nelle tenebre notturne alla ricerca di qualcosa che non si vede (eloquente in tal senso è la poesia Nocturna di Giorgio Lais). Ma al poeta decadente possono bastare anche piccoli rumori non bene identificabili, il verso di un animale, un canto flebile oppure una musica suadente, per sviluppare una serie di fantasie sulle possibili e impossibili realtà notturne che, ancora una volta, si avvolgono di mistero.

 

 

 

Poesie sull'argomento

 

Mario Adobati: "Il notturno degli infermi" e "Il notturno delle sorelle" in "I cipressi e le sorgenti" (1919).

Vittoria Aganoor: "Notturno" in "Leggenda eterna" (1900).

Diego Angeli: "Notturno" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903" (1904).

Antonino Anile: "Notte" in "Poesie" (1921).

Sandro Baganzani: "Bufera" in "Senzanome" (1924).

Ugo Betti: "La notte" in "Il Re pensieroso" (1922).

Gustavo Botta: "Intermezzo lunare" in "Alcuni scritti" (1952).

Alfredo Catapano: "Notte" in "Interludio" (1905).

Enrico Cavacchioli: "Di notte" e "Festino ironico" in "Le ranocchie turchine" (1909).

Francesco Cazzamini Mussi: "Notturno" in "I Canti dell'adolescenza (1904-1907)" (1908).

Giovanni Alfredo Cesareo: "Musa noctis" in "Le consolatrici" (1905).

Giovanni Alfredo Cesareo: "Notte d'agosto" in "Poesie" (1912).

Guelfo Civinini: "Sonate au clair de lune" in "I sentieri e le nuvole" (1911).

Arturo Colautti: "Alla notte" in "Canti virili" (1896).

Raoul Dal Molin Ferenzona: "Notte a Bruges" in "A Ô B (Enchiridion notturno)" (1923).

Adolfo De Bosis: "I notturni" in "Amori ac Silentio e Le rime sparse" (1914).

Federico De Maria: "Sinfonia della notte" in "La Ritornata" (1932).

Luigi Donati. "Notte d'Aprile" in "Le Ballate d'Amore e di Dolore" (1897).

Luigi Donati. "Serenata" in "Poesia di passione" (1928).

Arturo Foà: "Notturno" e "Trasfigurazione della notte" in "Le vie dell'anima" (1912).

Francesco Gaeta: "Notturno del terzo mese" in "Sonetti voluttuosi e altre poesie" (1906).

Luisa Giaconi: "Dalla mia notte lontana" e "Alla notte" in "Tebaide" (1912).

Cosimo Giorgieri Contri: "Notte antica" in "Primavere del desiderio e dell'oblio" (1903).

Alessandro Giribaldi: "Notturno disperato" in "Canti del prigioniero e altre liriche" (1940).

Corrado Govoni "La notte" in "Gli aborti" (1907).

Corrado Govoni: "Notte" in "Poesie elettriche" (1911).

Amalia Guglielminetti: "Notte" in "Le Seduzioni" (1909).

Giorgio Lais: "Nocturna" in "Gens Nova", XVIII, 1905.

Gian Pietro Lucini: "La notte" in "Il Libro delle Imagini terrene" (1898).

Gian Pietro Lucini: "Chorus Mysticus" in "La solita Canzone del Melibeo" (1910).

Remo Mannoni, "Notte sul Tevere" in "Rime dell'Urbe e del Suburbio" (1907).

Tito Marrone: "La notte d'inverno" in "Liriche" (1904).

Domenico Oliva: "Cara notte d'agosto, a te sospira" in "Poesie" (1889).

Arturo Onofri: "Notte di Venezia" in "Liriche" (1907).

Arturo Onofri: "Notturno" in "Canti delle oasi" (1909).

Giovanni Pascoli: "L'assiuolo" in "Myricae" (1900).

Giovanni Pascoli: "Il gelsomino notturno" in "Canti di Castelvecchio" (1903).

Ceccardo Roccatagliata Ceccardi: "Notturno" in «Gazzetta del Popolo della Domenica», luglio 1891.

Antonio Rubino: "O notte" e "Delirio" in «Poesia», ottobre 1908.

Emanuele Sella: "L'allegoria della notte" in "Monteluce" (1909).

Agostino John Sinadinò: "Della Tempesta contro le vetrate..." in "La Festa" (1900).

Alberto Tarchiani: "Notturno" in "Piccolo libro inutile" (1906).

Giovanni Tecchio: "Notturno" in "Mysterium" (1894).

Aurelio Ugolini: "Notte pisana" in "Viburna" (1905).

Diego Valeri: "Notturnino" in "Umana" (1916).

Mario Venditti, "Il nottambulo deluso" in "Il cuore al trapezio" (1921).

Giuseppe Villaroel: "Elegia notturna" in "La tavolozza e l'oboe" (1918).

 

 

 

Testi

 

 

ALLA NOTTE

di Luisa Giaconi

 

Alfine, ombra infinita, i solitari

spazi tu inondi, e, tenuemente ancora,

su gli occhi che un arcano pianto irrora

posi del sonno i taciti velari.

 

Vita e luce non sono ora che morte

visioni, a cui tu versi un mistero

di silenzi, ed un'ombra alta al pensiero

stanco, quasi tu fossi ora la Morte.

 

Quali musiche lievi e sovraumane

pallidamente a me scendon fra i veli

del silenzio?... Da che mari o che cieli

emanate, o da che fonti lontane?...

 

Che strani fiori palpitano intorno

a me su steli che non hanno fine?

Quali albeggiano all'anima divine

antiveggenze di un ignoto giorno?

 

Vita e luce non sono ora che morte

visioni, a cui tu versi un mistero

di silenzi, ed un'ombra alta al pensiero

stanco, quasi tu fossi ora la Morte.

 

Ma divino nei tuoi baratri luce

(oh stella sovra cupi mari!) il mio

sogno d' amore, e a l'imminente oblio

versa un riso ineffabile di luce.

 

(da "Tebaide", Zanichelli, Bologna 1912, pp. 63-64)

 

 

 

 

NOCTURNA

di Giorgio Lais

 

Quando la notte scende, e nella stanza

sfumano ombre sottili e senza vita,

l'anima nella brevità infinita

ritorna d'una ignota lontananza.

 

Vaga tra i sogni, e tra memorie avanza,

ché una lieve dolcezza indefinita

l'avvince, la circonda e la fa ardita

a superare l'intima distanza.

 

E vaga, vaga... cerca nel passato

un lontano ricordo, che sia un fioco

barlume nell'errare affaticato.

 

Nella grandezza del mistero culla

l'illusioni, e allora a poco a poco

si perde nell'immensità del nulla.

 

(da «Gens Nova», n. XVIII, 1905)



William Degouve de Nuncques, Nocturn in the Parc Royal, Brussels

(da questa pagina web)


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