La notte, nei versi
di questi poeti, si riconduce a diverse simbologie e a svariate accezioni.
Parlando di accezioni negative, viene spesso associata la buio più fitto e, di
conseguenza, al mistero insondabile che in certi casi diventa terrificante. A volte i
poeti ritornano bambini, e di fronte alla notte tenebrosa provano una paura
enorme, invocando la presenza della madre: unica figura che può rassicurarli e
proteggerli (ma in Notte di Amalia
Guglielminetti, è il compagno che assume tale ruolo). Coloro che avvertono di
più la disperazione esistenziale, approfittano delle ore notturne per pregare
e, a volte, per supplicare un'entità ultraterrena affinché possa liberarli dal
dolore provato. Ma la notte, da come viene descritta in alcuni versi, è anche
il momento giusto per sfogare gli istinti più bestiali, che divengono - grazie
al buio - incontrollabili ed estremamente violenti.
Passando ad
un'accezione positiva, quando la notte è illuminata dalla luce lunare o, più
semplicemente, da quella artificiale delle lampade - che spesso simboleggiano
la fede - diventa preponderante la speranza (significativa in questo senso è la
poesia di Adobati Il notturno degli
infermi). Le notti estive o primaverili, ricche di luci e di profumi di
vario genere, prendono la forma di un mondo trascendente, dove si svolgono riti
d'altri tempi e dove sia le emozioni che i sensi umani raggiungono il loro
apice. Ma la notte è anche il periodo del giorno dedicato al sonno; grazie ad
esso nascono i sogni, e grazie a questi ultimi rivivono momenti quasi
dimenticati e persone (ovvero fantasmi) legate ad un passato felice; malgrado
ciò, c'è anche il rischio, sognando, di perdersi nelle tenebre notturne alla
ricerca di qualcosa che non si vede (eloquente in tal senso è la poesia Nocturna di Giorgio Lais). Ma al poeta
decadente possono bastare anche piccoli rumori non bene identificabili, il
verso di un animale, un canto flebile oppure una musica suadente, per
sviluppare una serie di fantasie sulle possibili e impossibili realtà notturne
che, ancora una volta, si avvolgono di mistero.
Poesie sull'argomento
Mario Adobati:
"Il notturno degli infermi" e "Il notturno delle sorelle"
in "I cipressi e le sorgenti" (1919).
Vittoria Aganoor:
"Notturno" in "Leggenda eterna" (1900).
Diego Angeli:
"Notturno" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903" (1904).
Antonino Anile:
"Notte" in "Poesie" (1921).
Sandro Baganzani:
"Bufera" in "Senzanome" (1924).
Ugo Betti: "La
notte" in "Il Re pensieroso" (1922).
Gustavo Botta:
"Intermezzo lunare" in "Alcuni scritti" (1952).
Alfredo Catapano:
"Notte" in "Interludio" (1905).
Enrico Cavacchioli:
"Di notte" e "Festino ironico" in "Le ranocchie
turchine" (1909).
Francesco Cazzamini
Mussi: "Notturno" in "I Canti dell'adolescenza (1904-1907)"
(1908).
Giovanni Alfredo
Cesareo: "Musa noctis" in "Le consolatrici" (1905).
Giovanni Alfredo
Cesareo: "Notte d'agosto" in "Poesie" (1912).
Guelfo Civinini:
"Sonate au clair de lune" in "I sentieri e le nuvole"
(1911).
Arturo Colautti:
"Alla notte" in "Canti virili" (1896).
Raoul Dal Molin
Ferenzona: "Notte a Bruges" in "A Ô B (Enchiridion
notturno)" (1923).
Adolfo De Bosis:
"I notturni" in "Amori ac Silentio e Le rime sparse"
(1914).
Federico De Maria:
"Sinfonia della notte" in "La Ritornata" (1932).
Luigi Donati.
"Notte d'Aprile" in "Le Ballate d'Amore e di Dolore"
(1897).
Luigi Donati.
"Serenata" in "Poesia di passione" (1928).
Arturo Foà:
"Notturno" e "Trasfigurazione della notte" in "Le vie
dell'anima" (1912).
Francesco Gaeta:
"Notturno del terzo mese" in "Sonetti voluttuosi e altre
poesie" (1906).
Luisa Giaconi:
"Dalla mia notte lontana" e "Alla notte" in
"Tebaide" (1912).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Notte antica" in "Primavere del desiderio e
dell'oblio" (1903).
Alessandro Giribaldi:
"Notturno disperato" in "Canti del prigioniero e altre
liriche" (1940).
Corrado Govoni
"La notte" in "Gli aborti" (1907).
Corrado Govoni:
"Notte" in "Poesie elettriche" (1911).
Amalia
Guglielminetti: "Notte" in "Le Seduzioni" (1909).
Giorgio Lais:
"Nocturna" in "Gens Nova", XVIII, 1905.
Gian Pietro Lucini:
"La notte" in "Il Libro delle Imagini terrene" (1898).
Gian Pietro Lucini:
"Chorus Mysticus" in "La solita Canzone del Melibeo"
(1910).
Remo Mannoni,
"Notte sul Tevere" in "Rime dell'Urbe e del Suburbio"
(1907).
Tito Marrone:
"La notte d'inverno" in "Liriche" (1904).
Domenico Oliva:
"Cara notte d'agosto, a te sospira"
in "Poesie" (1889).
Arturo Onofri:
"Notte di Venezia" in "Liriche" (1907).
Arturo Onofri:
"Notturno" in "Canti delle oasi" (1909).
Giovanni Pascoli:
"L'assiuolo" in "Myricae" (1900).
Giovanni Pascoli:
"Il gelsomino notturno" in "Canti di Castelvecchio" (1903).
Ceccardo
Roccatagliata Ceccardi: "Notturno" in «Gazzetta del Popolo della
Domenica», luglio 1891.
Antonio Rubino:
"O notte" e "Delirio" in «Poesia», ottobre 1908.
Emanuele Sella:
"L'allegoria della notte" in "Monteluce" (1909).
Agostino John
Sinadinò: "Della Tempesta contro le vetrate..." in "La
Festa" (1900).
Alberto Tarchiani:
"Notturno" in "Piccolo libro inutile" (1906).
Giovanni Tecchio:
"Notturno" in "Mysterium" (1894).
Aurelio Ugolini:
"Notte pisana" in "Viburna" (1905).
Diego Valeri:
"Notturnino" in "Umana" (1916).
Mario Venditti,
"Il nottambulo deluso" in "Il cuore al trapezio" (1921).
Giuseppe Villaroel:
"Elegia notturna" in "La tavolozza e l'oboe" (1918).
Testi
ALLA NOTTE
di Luisa Giaconi
Alfine, ombra
infinita, i solitari
spazi tu inondi, e,
tenuemente ancora,
su gli occhi che un
arcano pianto irrora
posi del sonno i
taciti velari.
Vita e luce non sono
ora che morte
visioni, a cui tu
versi un mistero
di silenzi, ed
un'ombra alta al pensiero
stanco, quasi tu
fossi ora la Morte.
Quali musiche lievi e
sovraumane
pallidamente a me
scendon fra i veli
del silenzio?... Da
che mari o che cieli
emanate, o da che
fonti lontane?...
Che strani fiori
palpitano intorno
a me su steli che non
hanno fine?
Quali albeggiano
all'anima divine
antiveggenze di un
ignoto giorno?
Vita e luce non sono
ora che morte
visioni, a cui tu
versi un mistero
di silenzi, ed
un'ombra alta al pensiero
stanco, quasi tu
fossi ora la Morte.
Ma divino nei tuoi
baratri luce
(oh stella sovra cupi
mari!) il mio
sogno d' amore, e a
l'imminente oblio
versa un riso
ineffabile di luce.
(da
"Tebaide", Zanichelli, Bologna 1912, pp. 63-64)
NOCTURNA
di Giorgio Lais
Quando la notte
scende, e nella stanza
sfumano ombre sottili
e senza vita,
l'anima nella brevità
infinita
ritorna d'una ignota
lontananza.
Vaga tra i sogni, e
tra memorie avanza,
ché una lieve
dolcezza indefinita
l'avvince, la
circonda e la fa ardita
a superare l'intima
distanza.
E vaga, vaga... cerca
nel passato
un lontano ricordo,
che sia un fioco
barlume nell'errare
affaticato.
Nella grandezza del
mistero culla
l'illusioni, e allora
a poco a poco
si perde
nell'immensità del nulla.
(da «Gens Nova», n.
XVIII, 1905)
William Degouve de Nuncques, Nocturn in the Parc Royal, Brussels |
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