Tra i miei poeti
prediletti, non vi è dubbio che ci sia anche Raffaele Carrieri (Taranto 1905 -
Pietrasanta 1984); un altro dei tantissimi poeti che non ha trovato né trova
abbastanza considerazione dalla critica, dal pubblico e dall'editoria (anche di
lui non esiste ancora un libro che ne raccolga l'intera opera poetica). A
proposito di Carrieri poeta - fu anche valente prosatore e critico d'arte - si
potrebbe parlare all'infinito, perché i suoi versi rappresentano qualcosa di
veramente eccezionale nell'ambito della poesia novecentesca italiana ed
europea; si dovrebbe comunque cominciare parlando della sua avventurosa vita:
trascorsa in numerosissime località dell'Europa, già dall'adolescenza. Questo
continuo viaggiare è un elemento fondamentale, facilmente riscontrabile in
molte delle sue poesie, che accennano a luoghi, mestieri, persone e usanze ben
conosciuti dal poeta attraverso i molti anni di vita da bohémien. Ma la caratteristica più importante della poesia di
Carrieri consiste nella sua inoppugnabile unicità, e nella conseguente
difficoltà che trova chiunque voglia paragonarla o avvicinarla a qualunque
grande poeta italiano o straniero. Un'altra peculiarità dei suoi versi è una
evidente tendenza a scrivere degli epigrammi che hanno come argomento
principale la sua visione del mondo, e che affascinano per la tangibile
sincerità e per l'indubbia capacità di esprimere, in poche e profonde parole,
dei concetti apparentemente inconfutabili. Ma Carrieri, nelle sue
numerosissime, brevi poesie, sa trattare un po' tutti gli argomenti; ecco
allora comparire donne, animali, piante, città o semplicissimi oggetti che
entrano a far parte di un mondo favoloso, creato magistralmente da un poeta che
mette in moto la sua infinita fantasia e lascia letteralmente incantato il
lettore. Carrieri cominciò a scrivere e pubblicare i suoi versi in età già
avanzata, tant'è vero che nell'anno in cui uscì la sua prima raccolta poetica
era quasi un quarantenne; ma, da lì in avanti, si può ben dire che la sua
ottima produzione non si fermò più, fino alla vecchiaia (il suo ultimo libro lo
pubblicò a 75 anni). Per chiudere riporto tutti i titoli delle raccolte
poetiche di Raffaele Carrieri, e cinque autentici gioielli che una volta di più
mettono in evidenza l'immenso talento di un poeta - lo ripeto ancora una volta
- ingiustamente trascurato.
Opere poetiche
"Poemetto a
Campigli", Ed. del Cavallino, Venezia 1942.
"Lamento del
gabelliere", Toninelli, 1945.
"Souvenir
caporal", Mondadori, Milano 1946.
"La
civetta", Mondadori, Milano 1949.
"Il
trovatore", Mondadori, Milano 1953.
"Canzoniere
amoroso", Mondadori, Milano 1958.
"La giornata
è finita", Mondadori, Milano 1963.
"Io che sono
la cicala", Mondadori, Milano 1967.
"Stellacuore,
1945-1969", Mondadori, Milano 1970.
"Le ombre
dispettose", Mondadori, Milano 1974.
"Fughe
provvisorie", Mondadori, Milano 1978.
"La
ricchezza del niente", Mondadori, Milano 1980.
FINE DI GIORNATA
A ogni fine di
giornata
quando il cielo
muore
con la gola
tagliata
come la gallina
nera
resto solo sul
prato
con gli odori
della sera
e il sacco di
cenciaiolo
dove raccolgo la
cenere
delle mie ore
terrene.
(da
"Stellacuore", Mondadori, Milano, p. 20)
CHI MI CAMMINA
DENTRO
Chi mi cammina
dentro
e orma lascia di
fuga?
Chi rimuove
l'antica collera,
chi brucia, chi
mi fruga?
Chi si serve del
mio piede
e attraversa la
strada
non mia?
Chi l'amico
percuote
con la mia buona
mano?
Frammenti d'altre
vite,
memorie di
peccati
antichi io mi
porto.
(da
"Stellacuore", Mondadori, Milano 1970, p. 37-38)
SOLO
Ora che sono solo
Per amici ho
Gli uccelli
d’inverno.
Piumaggio di poco
conto:
Canto scialbo,
Canto solitario.
Ora che sono
vuoto
Quante stanze
alle spalle,
Quante porte.
Alla vista del
merlo
Forte batte il
mio cuore.
(da
"Stellacuore", Mondadori, Milano 1970, p. 282-283)
UNA BURRASCA DURA
DI PIÙ
Gesù come passano
gli anni,
Una burrasca dura
di più!
Mi restano gli
affanni
Come viscidi
sudari.
E il rumore
lontano
Che fa il vento
Sui rami di
vetro.
(da "Le
ombre dispettose", Mondadori, Milano, p. 69)
PER UN VINCITORE
Tu che stimavi il
potere
Più dell'amore,
Devi far presto a
scegliere
Fra trecento
scarpe
Le più leggere:
Non dovendo più
salire
Né scendere.
Tu che ti
reputavi il vincitore
Sei più immobile
d'un cartone
Di sartoria
proiettato
Nella vetrina.
Non
riconosceresti le tue mani
Nei rigidi guanti
Che fecero
fallire gli arsenali.
Nel vestirti
ridevano i domestici
Per l'ampiezza
dei vestiti
Che nessuno dei
presenti
Avrebbe potuto
indossare.
Cosa serve
comandare
Se il vincente
deve entrare
Cadavere in un
doppio petto?
Tu che apprezzavi
il danaro
Più dell'onore
Avresti
certamente orrore
Nel riconoscere
I tuoi occhi di
leone
Come lo spento
ottone
Nei mobili degli
usurai.
Tu che scacciavi
la morte
Dalle banche che
gestivi
Ed eri laconico
negli ordini,
Ora sei assente:
Senz'oro
Senza voce,
Perdente per
sempre!
(da "La
ricchezza del niente", Mondadori, Milano 1980, pp. 63-64)
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