Nacque a
Delianuova (Reggio Calabria) nel 1861 e morì a Scido nel 1927. A causa di una
malattia agli occhi, che gli procurò un serio abbassamento della vista, non
potè completare gli studi; autodidatta, usufruì dell'aiuto di amici e familiari
per poter arricchire la sua cultura personale. In giovane età cominciò a
pubblicare versi in varie riviste, e già dal 1884 venne dato alle stampe un suo
volume poetico. Poeta tradizionalista e intimista, Soffrè scrisse versi che
spesso descrivono ricordi (luoghi della terra natale, figure ed emozioni)
appartenenti al periodo adolescenziale, quando i suoi occhi ancora potevano
osservare le meraviglie della natura che lo circondava, così come i volti delle
persone a lui più care; meno presenti ma più affascinanti sono le liriche in cui il poeta si dedica a riflessioni ed a meditazioni sull'esistenza. La poesia di Soffrè rivela diverse suggestioni, e trae molti
spunti sia da alcuni poeti italiani minori del secondo Ottocento (Marradi,
Panzacchi, Gnoli ecc.), sia da Giovanni Pascoli.
Opere poetiche
"Primi versi",
Tip. Caruso, Reggio Calabria 1884.
"Primole",
Tip. Ed. La Società Laziale, Roma 1892.
"Versi",
Giannotta, Catania 1900.
"Fragili",
Giannotta, Catania 1908.
"Ultime
foglie", Ausonia, Roma 1920.
"Poesie",
Tipografia P. Filogamo, Reggio Calabria 1963.
Presenze in
antologie
"Dai nostri
poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903
(pp. 376-378).
Testi
ALLE ORE
Ore, cascata
senza sorgente,
che nell'abisso
precipitate
del tempo, quando
saranno spente
tutte le vite,
come ora fate,
l'una poi
l'altra, ruinerete
nella vorago che
non ha fondo;...
sempre. Ma allora
che sognerete?
Non vi saranno
più cuori al mondo.
Segnar le tappe
quando faranno
nella gran notte
del mondo i voli,
o quando ciechi
gli astri urteranno
dando scintille
che saran soli?...
Voi creò l'uomo
pei suoi dolori,
per le sue gioie;
l'esile dito
della lancetta
sol giova ai cuori;
non vi son tappe
nell'infinito.
(da
"Poesie", Tip. Filogamo, Reggio Calabria 1963, p. 86)
NEL RIDESTARMI
Strano; ma adesso
mi par bello il mondo,
e l'aborrivo
ieri.
Quanto ho
dormito! e che sonno profondo!...
Anima mia,
dov'eri?
Dov'eri, mentre
come spugna in mare
nei suoi meandri
il core
flusso e riflusso
avea senza provare
desiderj, o
dolori?
Dov'eri, mentre
la mia mente sorda
si facea di
pensieri,
come armonica a
cui non si dà corda.
Anima mia,
dov'eri?
(da
"Poesie", Tip. Filogamo, Reggio Calabria 1963, p. 104)
VECCHIO CUORE
Verso la morte
con le spalle andiamo,
volta la faccia
là donde passammo,
sì che il nuovo
cammino ignoriamo,
e ignoreremo,
come l'ignorammo.
E da lungi le
rose vediamo
che cogliere
passando non curammo
e vorremmo
tornare e non possiamo
rifar la vita su
cui ci affaticammo,
invano!... la
vita scabra ci sospinge
nolenti verso le
muraglie nere
alla cui porta
vigila la sfinge;
e il cuor che
affanna dubita: - Chi sa?
pur quelle rose
forse non son vere...
solo è un
miraggio la felicità.
(da
"Poesie", Tip. Filogamo, Reggio Calabria 1963, p. 246)
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