Nel descrivere
paesaggi, fenomeni e trasformazioni naturali, i poeti decadenti e simbolisti
rimangono spesso estasiati; così, gli spettacoli offerti dalla natura divengono
qualcosa di arcano e nello stesso tempo incomparabilmente bello. Sia in chi ha
una fede religiosa, sia in chi non ce l'ha, nascono emozioni e sentimenti che
vanno oltre la sfera del razionale, e la natura diviene così ella stessa
divinità (o manifestazione del divino). Però ci sono anche i poeti che,
rifacendosi al Leopardi, vedono nella natura una sorta di entità lontana e del
tutto indifferente sia alle sorti dell'umanità, sia a quelle di qualunque altro
essere vivente; tra questi c'è sicuramente Carlo Vallini, che, come spiega bene
il titolo di una sua poesia, in modo assai amaro fa dell'ironia sull'esistenza
dell'uomo e sul mondo in cui vive; più subdolo e sarcastico si dimostra Antonio
Rubino, che giunge a dire: «...e il mondo
è come un cuore, / come un immenso cuore che deliri». Ma più vicino al
Leopardi è sicuramente Arturo Graf, che chiaramente accusa la natura di essere
ambigua e incomprensibile, e di porre insidie e trappole nei luoghi che
appaiono tra i più rassicuranti. Provocatoria è la lirica di Enrico Cavacchioli
che, in perfetta sintonia con i proclami del futurismo, incita la natura
affinché distrugga il vecchio armamentario del mondo, in modo da poterlo
sostituire con una "nuova civiltà". Non mancano coloro che provano a
personificare la natura: Giovanni Alfredo Cesareo, per esempio, la vede come un
"Avola cieca" che vive in completa solitudine, sedendo "fuori
del tempo e fuori dello spazio".
Poesie sull'argomento
Enrico Cavacchioli:
"Sermone alla natura" in "Le ranocchie turchine" (1909).
Giovanni Cena:
"Le forme" in "Homo" (1907).
Giovanni Alfredo
Cesareo: "L'Avola" in "Le consolatrici" (1905).
Girolamo Comi:
"Cantico dell'Argilla" in "Cantico dell'Argilla e del Sangue"
(1933).
Ugo Codogni:
"Alla Terra" in "Poesia", gennaio 1906.
Italo Dalmatico:
"Io, solo, in vetta, a la montagna..."
in "Juvenilia" (1903).
Luigi Donati.
"Sinfonia" in "Poesia di passione" (1928).
Giulio Gianelli:
"Le guide" in "Mentre l'esilio dura" (1904).
Corrado Govoni:
"Amo" in "Gli aborti" (1907).
Arturo Graf: "O
natura!" in "Medusa" (1990).
Giuseppe Lipparini:
"Circe" in "Le foglie dell'alloro. Poesie (1898-1913)"
(1916).
Marino Marin: "Provvida è la natura..." in
"Sonetti secolari" (1896).
Nino Oxilia: "Sotto i ciuffi dell'erba umida..."
in "Canti brevi" (1909).
Guido Ruberti:
"All'amica lontana" in "Le Evocazioni" (1909).
Antonio Rubino:
"La bellezza del mondo" in «Poesia», ottobre 1908.
Emanuele Sella:
"Il Nascimento d'una Pianta Nuova" in "Rudimentum" (1911).
Emanuele Sella:
"Infantia mundi" in "L'Ospite della Sera" (1922).
Giovanni Tecchio:
"In alto" in "Canti" (1931).
Federigo Tozzi:
"In Maremma" in "La zampogna verde" (1911).
Carlo Vallini:
"L'ironia" in "Un giorno" (1907).
Testi
IO, SOLO, IN VETTA
ALLA MONTAGNA...
di Italo Dalmatico
Io, solo, in vetta a
la montagna. Passa
il corpo di una
nuvola fra il monte
e il sole: e l'ombra
passa su la fronte
de le rocce. Laggiù,
fuma la grassa
terra che l'uomo
avidamente squassa,
preme, frange, apre,
semina con pronte
mani, levando gli
occhi a l'orizzonte
torbido. (Morte
generosa ingrassa
le terre onde verrà
pane per noi).
Liberi, in alto, i
falchi. E laggiù, cupi
servi, pia madre
terra, i figli tuoi,
ne l'ombra fredda,
dentro il solco breve,
bestie al pascolo,
cani a l'acqua, lupi
ringhiosi su gran
campi di neve.
(da
"Juvenilia", p. 42)
INFANTIA MUNDI
di Emanuele Sella
Madre Natura tiene
l'occhio fisso
sopra un bimbo
piangente: e questo bimbo
è il Mondo: sulle
teste alita un nimbo
di stelle e sotto i
piedi ella ha l'abisso.
E come ella si libri
sullo spazio
è un cieco enigma, e
come ella lo guidi
e lo governi e pe'
cammini infidi
ne blandisca col
cantico lo strazio.
Ma d'un tratto si
sente venir meno
per la fatica;
...odesi in lontananza
un armento che lento
lento avanza
nell'aspra notte
sotto il ciel sereno.
(da "L'ospite
della sera", p. 32)
Alfons Maria Mucha, "Nature" (da questa pagina web) |
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