per Alberto Tarchiani
Ora che li organi
di Barberia
singhiozzano al Crepuscolo
li ultimi balli e
le ultime canzoni
anche una volta,
quasi una paura
folle di rimanere
soli
nell’imminente ombra li tenga;
ora che i poveri
amanti hanno
sepolta
nel cuore, senza
piangere, la piccola
loro felicità
domenicale,
e vanno muti
per il noto viale
al convegno
dell’ultima tristezza;
ora che il pianto
in maschera
di Sorriso
affetta ancora
un’aria disinvolta
prima che scada il
facile noleggio
dell’abito di
gala;
ora che ne’
conventi e ne’ collegi
abbassano le
lampade,
asciugano le
lagrime,
e s’imagina che
nel Paradiso
ogni giorno sarà
domenica;
ora che nei
postriboli
le femine si
lasciano baciare
cantando
il breve elogio funebre
della verginità;
il Poeta, ebro di
morte,
viene a patti
con la
Disperazione
che gli offre il
domani con tutte
le sue piccole
ire sorde,
le sue facili
rassegnazioni,
mentre gli ride
in faccia
perché non seppe
ancora
morire di fame!
Sera della domenica è la prima delle nove poesie che
compongono l'esigua e ultima raccolta di Sergio Corazzini che s'intitola Libro per la sera della domenica e che
venne alla luce nel 1906. Io l'ho trascritta dal volume Poesie (Rizzoli, Milano 1992), che contiene tutta l'opera poetica
dello scrittore romano; Sera della
domenica si trova alle pagine 201 e 202 del detto volume (la prima delle
due si può osservare nella foto sottostante).
La lirica è
dedicata all'amico e poeta Alberto Tarchiani (Roma 1885 - ivi 1964), che nello
stesso anno aveva pubblicato, insieme al Corazzini, il suo unico libriccino di
versi: Piccolo libro inutile. Il tema
domenicale, così caro ai poeti crepuscolari (oltre al Corazzini si ricordano
diverse poesie sul tema di Marrone, Govoni e soprattutto Moretti, che dedicò
alle "Domeniche" un'intera sezione della sua raccolta più famosa Poesie scritte col lapis), ebbe origine
già nei versi di certi poeti francesi e belgi di fine Ottocento; fu in
particolare Jules Lafourge - morto di tisi come Corazzini, a soli ventisette
anni - che nella raccolta Les complantes
inserì una serie di poesie in cui predominano le atmosfere domenicali di alcuni
luoghi cari al poeta. E la malinconica ironia di Lafourge è ben palpabile anche
in questa poesia di Corazzini, come in tutta la raccolta di cui la stessa fa
parte. Insieme alla domenica, la "sera" del titolo della poesia, è
una parte del giorno particolarmente cara un po' a tutti i poeti decadenti e
simbolisti (crepuscolari compresi), tanto che sarebbe impossibile ricordare le
moltissime poesie che, a partire da Baudelaire, hanno come argomento portante
le ore serali del giorno. Si nota, leggendo questi versi, che Corazzini pone
l'accento su una serie di eventi verificatisi su per giù nello stesso momento,
che indicano la fine della gioia, della spensieratezza e del divertimento
tipici della giornata festiva; col sopraggiungere della sera, tutte queste
manifestazioni vitali vanno a mano a mano scemando, lasciando il posto ad una
buona dose di malinconia, che qualcuno cerca di allontanare sognando o
fantasticando. Infine la situazione del Poeta che, stordito dalla sensazione di
morte (ricordo che Corazzini quando scrisse questi versi era già seriamente
malato e che perì l'anno dopo), fa un patto con la Disperazione, accettando ciò
che ella gli offre: un futuro breve, funestato da sensazioni e sentimenti
negativi. Si tratta dell'unica, dolorosa scelta per il Poeta, poiché
l'alternativa sarebbe la morte; e forse, l'ultimo verso sta ad indicare la
difficile situazione economica in cui versava la famiglia di Corazzini, il
quale nell'ultima parte della sua vita fu costretto, seppur malato, a lavorare
sodo per poter tirare avanti e per garantire una vita decente ai suoi cari.
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