In questo blog
non poteva mancare un post dedicato a
Vincenzo Cardarelli (pseudonimo di Nazareno Caldarelli, Tarquinia 1887 - Roma
1959): un poeta per me fondamentale, che ha scritto versi indelebili e che
considero migliore di altri poeti italiani del XX secolo - non faccio i nomi -
ben più illustri e pluripremiati. Ma Cardarelli non fu soltanto poeta, anzi, va
detto che le sue ottime prose superano, per qualità e quantità, i suoi versi;
non sono certamente da trascurare, poi, gli articoli giornalistici e i saggi
che scrisse in diverse fasi della sua vita. Importantissime le collaborazioni
di Cardarelli a diversi giornali e riviste; in particolare, sono memorabili
quelle a La Voce e a La Ronda. Per quanto riguarda le poesie,
comparvero già nel suo primo libro: Prologhi
(uscito nel 1916) che però comprendeva soprattutto prose; lo stesso discorso
vale per le opere successive dello scrittore tarquiniese, come Viaggi nel tempo e Il sole a picco. Soltanto nel 1936, ovvero alla soglia dei
cinquant'anni, Cardarelli si decise a pubblicare un volume che raccogliesse i
suoi meravigliosi versi. Oggi, fortunatamente, in un volume dei Meridiani
Mondadori, è possibile leggere l'intera opera letteraria di Cardarelli. Ma,
tornando al poeta, devo dire che già leggendo quelle poche poesie presenti nei
miei libri di scuola, rimasi estasiato dal suo linguaggio limpido e
convincente, dalla sua rarissima capacità di trasmettere sensazioni, emozioni e
riflessioni, facendo uso di parole semplicissime racchiuse in pochi versi. Potrei citare composizioni poetiche brevi e intense come Autunno, Gabbiani, Abbandono...
Però, piuttosto che insistere con le mie parole inadeguate, preferisco
riportare un frammento scritto da Edoardo Sanguineti - grande poeta e critico
letterario scomparso qualche anno fa - tratto dalla prefazione all'antologia da
lui stesso curata Poesia italiana del
Novecento, poiché mi appare tra i più consoni e precisi nell'individuare le
peculiarità del Cardarelli poeta; quest'ultimo viene citato all'interno di un
discorso più ampio, riguardante una certa freddezza che appartiene alla poesia
dei cosiddetti "Lirici nuovi" (definizione usata da un altro illustre
critico: Luciano Anceschi, in un'altra storica antologia):
[...] Non si dice
questo per Cardarelli in particolare, per il quale l'etichetta di
neoclassicismo è stata poco meno che micidiale. Oggi, si tratta di riscoprirlo
nelle sue idiosincrasie più taglienti, quest'uomo così esposto alle stagioni,
così chiaramente paziente di fronte al tempo, così angosciato del suo
trasecolare, così intimamente legato da sempre alla propria morte. E non è un
lavoro semplice, raggiungerlo oggi, che l'epiteto di «rondista» suona quasi
esclusivamente come un dotto insulto, e dovrebbe spiegare tutto, nel caso: ma è
un lavoro probabile, e può dare il suo frutto¹.
A proposito
dell'aggettivo "rondista" che, come dichiarato da Sanguineti, è
certamente riduttivo sia per Cardarelli che per altri grandi scrittori che
collaborarono alla rivista La Ronda
(uno su tutti: Riccardo Bacchelli), voglio ricordare che quest'ultima fu
pubblicata mensilmente tra il 1919 ed il 1922 e alla direzione ci fu, per un
breve periodo, lo stesso Cardarelli; refrattari ad ogni tipo di avanguardia e
di sperimentalismo letterario, gli scrittori della Ronda ebbero Giacomo Leopardi "prosatore" come modello
principale di riferimento e pubblicarono, di conseguenza, quasi esclusivamente
prose d'arte nelle preziose e interessanti pagine di questa storica rivista; il
medesimo discorso, ovviamente, vale anche per Cardarelli che, tra le altre
cose, qui pubblicò i suoi bellissimi Argomenti
poetici.
Chiudo riportando
i titoli delle principali opere poetiche del nostro, seguiti da tre celebri liriche che entrano di diritto nella storia della poesia italiana del Novecento.
NOTE
1) Da Poesia
italiana del Novecento, a cura di Edoardo Sanguineti, Einaudi, Torino 1969.
OPERE POETICHE DI
VINCENZO CARDARELLI
"Prologhi",
Studio Editoriale Lombardo, Milano 1916.
"Viaggi nel
tempo", Vallecchi, Firenze 1920.
"Il sole a
picco", L'Italiano, Bologna 1929.
"Giorni in
piena", Novissima, Roma 1934.
"Poesie",
Novissima, Roma 1936.
"Poesie"
(nuova edizione), Mondadori, Milano 1942 (1948²).
"Poesie
nuove", Neri Pozza, Venezia 1946.
"Poesie",
Fiumara, Milano 1949.
"Opere
complete", Mondadori, Milano 1962.
"Opere",
Mondadori, Milano 1981.
TESTI
AUTUNNO
Autunno. Già lo
sentimmo venire
nel vento
d'agosto,
nelle piogge di
settembre
torrenziali e
piangenti
e un brivido
percorse la terra
che ora, nuda e
triste,
accoglie un sole
smarrito.
Ora passa e
declina,
in quest'autunno
che incede
con lentezza
indicibile,
il miglior tempo
della nostra vita
e lungamente ci
dice addio.
(da
"Opere", Mondadori, Milano 1993, p. 42)
LARGO SERALE
È l’ora dei
crepuscoli estivi,
quando il giorno
pellegrino
si ferma e cade
estenuato.
Dolcezza e
meraviglia di queste ore!
Qualunque volto
apparisse in questa luce
sarebbe d’oro.
I riflessi di
raso
degli abitati sul
lago.
Dolce fermezza di
queste chiome
d’alberi sotto i
miei occhi.
Alberi della
montagna italiana.
Di paese in paese
gli orologi si
mandano l’ora
percotendosi a
lungo nella valle
come tocchi
d’organo gravi.
Poi più tardi,
nella quiete notturna,
s’odon solo i
rintocchi dolci e lenti.
(da
"Opere", Mondadori, Milano 1993, p. 70)
ALLA MORTE
Morire sì,
non essere
aggrediti dalla morte.
Morire persuasi
che un siffatto
viaggio sia il migliore.
E in quell'ultimo
istante essere allegri
come quando si
contano i minuti
dell'orologio
della stazione
e ognuno vale un
secolo.
Poi che la morte
è la sposa fedele
che subentra
all'amante traditrice,
non vogliamo
riceverla da intrusa,
né fuggire con
lei.
Troppo volte
partimmo
senza commiato!
Sul punto di
varcare
in un attimo il
tempo,
quando pur la
memoria
di noi
s'involerà,
lasciaci, o
Morte, dire al mondo addio,
concedici ancora
un indugio.
L'immane passo
non sia
precipitoso.
Al pensier della
morte repentina
il sangue mi si
gela.
Morte non mi
ghermire,
ma da lontano
annunciati
e da amica mi
prendi
come l'estrema
delle mie abitudini.
(da
"Opere", Mondadori, Milano 1993, p. 98)
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