Viene definito,
un po' ironicamente e un po' sarcasticamente, "il mestiere più vecchio del
mondo"; ma è veramente un mestiere quello della prostituta? Certamente
sono considerate delle lavoratrici tutte coloro che offrono il loro corpo in
cambio di un compenso in denaro e che sono state legalizzate e regolarizzate da
alcuni stati europei e non; comunque, personalmente rimango perplesso nel
pensare che si possa considerare un lavoro come un altro il prostituirsi. Al di
là di queste considerazioni, nella maggior parte delle poesie presenti in
questo post, le prostitute sono descritte e considerate con umanità e
comprensione. A volte si nota anche una buona dose di pietà verso queste donne;
una pietà cristiana che non si discosta da quella, come recita il Vangelo, di
Gesù nei confronti di un'adultera che stava per essere lapidata. C'è anche chi
le guarda con curiosità, chi le provoca e le ferisce per poi piangere insieme a
loro, e infine chi, nostalgico, rimpiange i tempi in cui esistevano quegli
edifici definiti postriboli, in cui vivevano gruppi di prostitute e in cui gli
uomini potevano sfogare senza problemi di sorta le loro esigenze sessuali.
ANGELA
di Umberto
Bellintani (1914-1999)
Piace il tuo
parlare, Angela,
venditrice
dell'amore:
c'è il buono di
un'anima cristiana,
dolce di cose,
del buono della vita.
E c'è tanto della
mamma nei tuoi occhi
di benevolo nero;
e chi ti prende,
di poi si vergogna.
(da "Nella grande pianura", Mondadori, Mialno 1998, p. 50)
LA DONNA DEL
TRIVIO
di Mario Bètuda (?-?)
Conosco una donna
da trivio. Giovane.
Forse non ha
trent'anni;
ma che ha vissuto
una lunga vita d'affanni.
Si dona a chi
paga, inerte: materia che vale quello che prende.
È bella ed ha
molti ammiratori,
che richiedono i
suoi pagati favori.
Io la conobbi una
nera sera di pioggia.
Ero triste
sconsolato affannato.
Lo conobbe.
Mi mise una mano,
lenta e calda fra i capelli,
e, che hai? mi
disse. Sei mesto? Hai pianto? D'amore?
Ho pianto
anch'io, tanto!
Da quella sera
l'amai. L'amai di un amore
dolce soave
pudico fraterno; che mi vive nel cuore
come una stella
nel cielo oscuro: puro.
Non l'ho mai
posseduta, né mai l'avrò,
ed ella m'è grata
della rinuncia che fo.
Mi comprende.
Talvolta la bacio
di un lungo bacio fraterno in mezzo la fronte.
Freme.
Dopo, mi guarda a
lungo, e dentro l'occhio
— fonte di
un'anima sincera — trema e si ferma una lagrima.
E mi sorride
mesta: le sorrido.
È una festa il
mio sorriso al suo cuore.
È una donnaccia
da trivio, dicono.
Io vi grido in
faccia, oneste che condannate,
che l'anima di
quella donnaccia
vale l'anime
vostre tutte, raccolte in una.
Voi aveste
fortuna: ella non ebbe fortuna.
(da "I Poeti
Futuristi", Edizioni Futuriste di «Poesia», Milano 1912, pp. 100-101)
A UNA TROIA DAGLI
OCCHI FERRIGNI
di Dino Campana (1885-1932)
Coi tuoi piccoli
occhi bestiali
Mi guardi e taci
e aspetti e poi ti stringi
E mi riguardi e
taci. La tua carne
Goffa e pesante
dorme intorpidita
Nei sogni
primordiali. Prostituta...
Chi ti chiamò
alla vita? D’onde vieni?
Dagli acri porti
tirreni,
Dalle fiere
cantanti di Toscana
O nelle sabbie
ardenti voltolata
Fu la tua madre
sotto gli scirocchi?
L’immensità
t’impresse lo stupore
Nella faccia
ferina di sfinge
L’alito
brulicante della vita
Tragicamente come
a lionessa
Ti disquassa la
tua criniera nera
E tu guardi il
sacrilego angelo biondo
Che non t’ama e
non ami e che soffre
Di te e che
stanco ti bacia.
(da
"Opere", Tea, Milano 1989, p. 153)
BALLATA INCOMPLETA
di Ennio Flaiano (1910-1972)
Luana, dov'è
Marilù?
Dove sono Fatima
e Lia?
Dov'è la bella
Bijou,
che fu l'amante
mia?
Dove sono Bologna
e Taitù,
la Spagnola,
Ferrara e Rovigo?
E, Strana, dove
sei tu?
Vorrei scriverti
un rigo.
Principe, questo è
l'intrigo:
il piacere e
ginnosofia.
Dov'è dunque l'amante
mia?
Vorrei scrivere un
rigo.
(da "Poesia
satirica nell'Italia d'oggi", Guanda, Parma 1964, p. 120)
COLOMBINA
PROSTITUTA
di Corrado Govoni (1884-1965)
Non ama più il
romanticismo epistolare
e i baci
inzuccherati come dei confetti;
all’erba molle
preferisce i duri letti
insonni e
affaticati dentro il lupanare.
Si concede a chi
vuole: se si fa pagare
non guarda pel
sottile con gli amanti eletti.
E si presenta
sotto mille vari aspetti,
donna moderna
dalle voluttà più rare.
Il colore dei
suoi capelli è materiato
di ruggine di
vecchia spada sanguinosa,
e di fulvo
liturgico oro saccheggiato.
L’incendio dei
suoi occhi sembra che s’estingua
palpitando
nell’orgia libidinosa
della rossa marea
dalla sua lingua.
(da "Fuochi
d'artifizio", Quodlibet, Macerata 2013, p. 118)
ALLO SVOLTO D'UNA
VIA
di Pietro Mignosi (1895-1937)
Allo svolto d'una
via
una prostituta.
Preparo
la mia corazza
d'orgoglio:
ho gli occhi crudeli e non guardo.
Aspetto che
tenti,
aspetto i suoi
occhi.
Ma quella donna è
passata
ed ha sorriso ad
un bimbo.
(da
"Dialetica", Priulla, Palermo 1924, p. 45)
LE CORTIGIANE
di Fausto Maria
Martini (1886-1931)
Cortigiane
sfacciate, le Parole
ballano
oscenamente innanzi al trono:
il re Pensiero
inorridisce al suono
delle loro voci:
il vecchio re non vuole
d'intorno
maledette cortigiane
con flaccide
mammelle, e labbra smorte:
le trarrà, come
Cristo, dalle porte
del Tempio, fino
nelle loro tane!
Fuggendo verso
un'altra Primavera
di sogno, il
vecchio s'è dimenticato
del suo povero
trono desolato,
delle sue grucce
e della tabacchiera...
(da "Panem
nostrum...", Cromo-Tipografia Commerciale, Roma 1907, p. 47)
ZELIDE
di Marino Moretti (1885-1979)
I.
Malinconia del
lastrico affollato
d'ombre rapide in
ora solitaria,
mentre le nari
cercano nell'aria
odor di bocche e
odore di peccato,
fila di lune
elettriche sospese
su la via fredda
di bagliori, luce
bianca del sogno
che ora mi conduce
alla soglia di un
mistico paese...
II.
Due lire?... Ah,
non guardarmi, non volere
ch'io ti fermi
nel vicolo deserto
per domandarti
con un guardo esperto
quanto costa un
minuto di piacere,
quanto costa il
tuo sguardo che si vela
sotto l'urgenza di
supini amplessi...
Forse poco: due
lire... Ah, s'io ti dessi
un po' d'amore e
un po' di parentela?
III.
Malinconia del
vicolo che ascolta
nel suo silenzio
di mendico attento
la voce varia che
gli porta il vento
dalla prossima
strada, a volta a volta...
Malinconia della
gran luna sola
altosospesa senza
ferreo filo...
Passa nell'ombra
un pallido profilo,
un brivido, un
accento, una parola...
IV.
Ài detto il nome
mio! Nome e cognome!
Tu mi conosci! Ti
conosco anch'io!
O creatura, ài
detto il nome mio,
ed io ricordo -
Zelide - il tuo nome!
Siam d'un paese
solo: e una segreta
cura affrettò la
nostra dipartita:
soffrimmo,
amammo, e poi... e poi... (la vita!)
tu prostituta ed
io... non so, poeta...
V.
Malinconia d'un
brivido che scruta
l'intime fibre e
afferra i sensi e dà
un desiderio di
felicità
a chi non l'ebbe
ed a chi l'à perduta...
Tu mi sorridi e
dici il nome mio
con una voce
quasi un po' contrita...
Soffrire, amare,
e poi... e poi (la vita!)
soffrire
ancora... E sia, Zelide. Addio.
(da "Poesie
di tutti i giorni", Ricciardi, Napoli pp. 66-68)
PIETÀ
di Renzo Pezzani (1898-1951)
Sotto la luce del
lampione attese
«Vieni» - mi
disse - «ho fame...» e si protese
come a donarsi.
Un senso di
profonda
pietà
m'assalse...
avrei voluto
correre, fuggire,
non averla
incontrata
e lasciarla
morire...
L'alma s'è ribellata:
l'ho goduta nel buio e l'ho salvata.
(da
"Ombre", M. Fresching, Parma 1920, p. 21)
MAGRA DAGLI OCCHI
LUSTRI...
di Camillo
Sbarbaro (1888-1967)
Magra dagli occhi
lustri, dai pomelli
accesi,
la mia anima
torbida che cerca
chi le somigli
trova te che
sull’uscio aspetti gli uomini.
Tu sei la mia
sorella di quest’ora.
Accompagnarti in
qualche osteria
di bassoporto
e guardarti
mangiare avidamente!
E coricarmi senza
desiderio
nel tuo letto!
Cadavere vicino
ad un cadavere
bere dalla tua
vista l’amarezza
come la spugna
secca beve l’acqua!
Toccare le tue
mani i tuoi capelli
che pure a te
qualcuno avrà raccolto
in un piccolo
ciuffo sulla testa!
e sentirmi
guardato dai tuoi occhi
ostili,
poveretta, e tormentarti
domandandoti il
nome di tua madre...
Nessuna gioia
vale questo amaro.
Poterti fare
piangere, potere
pianger con te!
(da
"Pianissimo", Marsilio, Venezia 2001, p. 80)
Edouard Manet, "Nana" da questa pagina web |
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