Difficile o per lo
meno non facilissimo è stato per me trovare dieci fiori che sbocciassero nella
stagione autunnale, visto che il massimo della fioritura, ovviamente, si ha
all'inizio della primavera; l'autunno, al contrario, vede un generale
appassimento dei fiori delle piante, e la caduta sempre più fitta delle foglie
secche dagli alberi. Non essendo un esperto di giardinaggio, ho attinto qualche
informazione al riguardo dalla rete, scoprendo che, seppure non siano in numero
elevato, esistono dei fiori che è facile osservare anche in autunno, e alcuni
di questi sono anche molto belli. Qualche pianta, nei versi sottostanti, si nasconde
dietro nomi prettamente scientifici; è il caso della Hydrangea, meglio conosciuta come "ortensia". Non poteva
mancare, rappresentato da una prosa poetica di Arturo Onofri, il crisantemo: fiore autunnale per eccellenza, che abbonda nei
camposanti da secoli e secoli, soprattutto tra la fine di ottobre e la prima metà di novembre.
COLCHICUM AUTUNNALE
di Giuseppe Cerrina
(1882-1959)
Povero fior solitario
che vedi l'erbe
d'intorno
e della vita, nel
giorno
svolgersi il dolce
velario,
ricomparire al
mattino
quello che l'ombra
sognò,
e su nel cielo il
cammino
largo di nube che
andò
pei larghi campi, per
valli
d'una infinita
tristezza,
dolce d'autunno
carezza
pei larghi campi, per
valli,
eccoti chino alla
terra,
ché l'ora passa per
te
e la pia madre ti
serra
nel grave seno con
sé.
Vedesti gli ultimi
insetti
pur dondolarsi sui
fili
de l'erbe, e i taciti
asili
cercar tra i muschi
diletti,
come l'uom che il
passato
piangeva per la
città,
ed or ritrova nel
prato
tutta la felicità.
Vita nell'opere
nuove,
come pensieri devoti
sentisti, palpiti
ignoti
sorgere in cellule
nuove.
Poscia le nozze
compiute
aperti i tepali su,
le speranze
conosciute
non ritrovasti mai
più.
Ed or la morte
discese
come un sereno
avvenire,
al bulbo, che per
fiorire
il mite Autunno
attese,
e già dalla primavera
le verdi foglie gittò
per foschi prati, e
la sera
i fior lontani sognò.
(da "I gigli
sono fioriti", Lobetti-Bodoni, Saluzzo 1909)
IL RONDÒ DEI NARCISI
di Lucio D'Ambra
(1880-1939)
Io vi rivedo ancòra
sepolta fra i
narcisi,
o strana mia signora,
avara di solrisi,
Il ricordo mi sfiora
l'anima; ed
improvvisi
si risvegliano ancòra
i falli che commisi
per l'amore d'un'ora
che voi, senza
sorrisi
mi deste. Un dì vi
misi
(ricordo) fra i
narcisi
novi, ne l'ultima
ora.
(da "Le sottili
pene", Tip. De Andreis, Alatri 1896)
ROSA IN AUTUNNO
di Olinto Dini
(1873-1951)
Levo lo sguardo da
caduta foglia,
e lo rivolgo a
intempestiva rosa,
che a soavi pensieri
il cuor m'invoglia.
Sembra ridoni alla
selva che muore
quel fiore un senso
di rinato aprile;
sì che l'autunno mi
sorride in cuore
come serenità
primaverile.
Forse così una donna
gentile
rifiorirebbe di gioia
amorosa
la tarda vita che mi
si dispoglia.
(da "Ombre e
fulgori", L'Eroica, Milano 1929)
GLI ASTER
di Corrado Govoni
(1884-1965)
Dei febbricolosi
aster sbiancati
dentro l'acqua colore
di tisana
hanno l'aria di
pallidi malati
afflitti d'una
malattia strana:
strana e vaga
malattia
simile ad una
domenica calma
ombrata di malinconia
- festa di nozze con
piccola salma. -
(da "Gli
aborti", Taddei, Ferrara 1907)
HYDRANGEA
di Margherita
Guidacci (1921-1992)
I fiori che hai
disposto nel vaso greco
(ultimi del giardino)
avevano all'inizio
un tenue color malva
e un delicato rosa
dell'autunno. Hanno
assunto adesso il pallido
oro che indugia in
cielo dopo il tramonto,
e in esso preme un
ricordo di verde,
quasi il ritorno a
un'infanzia di foglie,
completando
l'arcobaleno agonico
prima che logora e
terrea si sgretoli
la dolce forma del
fiore.
Li osserviamo
ed intanto qualcuno
osserva noi,
come noi siamo
sentiti dai fiori;
e forse nota come
stia per chiudersi
il cerchio della
nostra iridescenza,
l'impalpabile bolla
più cangiante
e splendente sul
punto di dissolversi...
Ma non siamo turbati.
Siamo quieti
come i fiori nel vaso
greco: paghi
essi dei loro giorni
e noi dei brevi anni,
e sicuri che nulla
andrà perduto.
Noi siamo tutti
(uomini e fiori) effimeri.
Ma il nostro vivere
ed amare
fu non effimera
bellezza.
(da "Le
poesie", Le Lettere, Firenze 1999)
VIOLA DEL PENSIERO
di Pietro Mastri
(1868-1932)
Tu che simuli quasi
una grottesca
effigie umana, smorfia
di dolore
e di riso convulso, e
che da fresca
hai troppe tinte e
non hai punto odore;
sai tu dirmi com'è
che ti s'accresca
tanta soavità,
quando, nel cuore
d'un libro chiusa, al
par d'una giottesca
figura t'ombri di
sottil giallore?...
L'apro, quel libro:
dov'io so, ti trovo...
Mi guardi... Io solo
intendo il tuo linguaggio,
che non oblia ciò che
sta in te sepolto.
D'onde ti venne
questo odor tuo nuovo,
fievole come un
fievole messaggio
d'oltretomba?... E tu
parlami: t'ascolto.
(da "Lo specchio
e la falce", Treves, Milano 1907)
CRISANTEMI
di Arturo Onofri
(1885-1928)
Un bambino vestito di rosso tocca
timidamente il ganascino paffuto d'un fiore sull'aiuola; e i crisantemi
bianchi, inzuppati di celestino, s'imbevono della sorsata ultima del giorno che
già socchiude il suo occhio dorato.
Un fumo violetto s'è messo a dormire fra gli
alberi sul piccolo lago, dove nel taglio freddo dei riflessi l'acciaio tremola
un lamellìo finofino fra i tronchi nerastri e brulli.
E prima di sparire, il giorno depone lontano
un tòcco di gioielli sul davanzale riverniciato d'un chiosco.
(da
"Orchestrine", Libreria della Diana, Napoli 1917)
PERVINCA
di Giovanni Pascoli
(1855-1912)
So perché sempre ad
un pensier di cielo
misterïoso il tuo
pensier s’avvinca,
sì come stelo tu
confondi a stelo,
vinca pervinca;
io ti coglieva sotto
i vecchi tronchi
nella foresta d’un
convento oscura,
o presso l’arche, tra
vilucchi e bronchi,
lungo la mura.
Solo tra l’arche
errava un cappuccino;
pareva spettro da
quell’arche uscito,
bianco la barba e gli
occhi d’un turchino
vuoto, infinito;
come il tuo fiore: e
io credea vedere
occhi di cielo, dallo
sguardo fiso,
più d’anacoreti, allo
svoltar, tra nere
ombre, improvviso;
e il bosco alzava, al
palpito del vento,
una confusa e morta
salmodia,
mentre squillava,
grave, dal convento
l’avemaria.
(da
"Myricae", Giusti, Livorno 1903)
L'ERICA
di Antonia Pozzi
(1912-1938)
Nel prato troppo
verde
si dibatte
la nostra inanità
convulsa
e si affanna in
diastole e sistole di spasimo
incrociando
stormi di monachelle
bianche e nere.
Nel bosco
alla mia animalesca
irrequietudine
che mordicchia
nocciole
tu offri l'erica
livida dei morti
e il mio offuscato
amore
lustra
lavato d'acido
pianto.
(da
"Parole", Garzanti, Milano 1998)
PRIMI CICLAMI
di Alice Schanzer
(1873-1936)
Che mi narrate,
ciclami pallidi;
che ricordate,
corolle rosee?
qual fervido sogno
d'autunno
rievocate, là di
Spoleto?
Dolce un colore
tingea la macchia
ne' chiari vespri, ne
l'albe candide;
e tremulo il vostro
sorriso
attendevami a pie'
degli abeti.
Per l'umil folto
vagavo tacita
di giovinetti carri e
di frassini:
la mente perduta ne'
sogni
e le labbra anelanti
alla strofe.
Niun suono intorno.
Lente nell'anima
salìen melodi, salien
fantasimi;
ed ecco le piante
regali
ebbi innanzi,
dall'agile tronco.
Al primo sole
s'ergeano vergini
per l'ardue cime, di
tersa roride
rugiada; e
nell'ombra, soave,
mi chiamava la vostra
bellezza.
(da "Motivi e
canti", Zanichelli, Bologna 1901)
Emil Nolde, "Yellow and Violet Zinnias" |
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