domenica 9 settembre 2018

Antologie: "I Poeti del Futurismo 1909-1944"


Questa ottima antologia curata da Glauco Viazzi ed uscita presso l'editore Longanesi & C. in Milano nel 1978, è la più completa e dettagliata tra quelle dedicate ai poeti futuristi; a tal proposito si legga la presentazione presente sul retro del libro:

L'antologia presenta la più ampia raccolta di poeti futuristi  che sia stata sin qui tentata, riproducendone sia i versi liberi sia le parole in libertà, sia le tavole parolibere sia la poesia visiva, il poemetto in prosa e la poesia fonetica. Nell'analizzare ciascun autore, Viazzi ha adoperato alcuni fra i più recenti strumenti critici, quelli oggettivi, per poter leggere i testi giusta la loro natura. Ne è risultato che la poesia dei futuristi è freneticamente personale, cioè massimamente liberatoria, ma che essa al tempo stesso si realizza lungo le direttrici di un programma di gruppo, ed è rivolta all'esterno, cioè intende assolvere a una funzione nella collettività.

Personalmente, non ho mai straveduto per la poesia dei futuristi, ma, certamente penso che ci siano delle cose buone, da salvare, soprattutto per quel che concerne la produzione poetica dei primi futuristi: Paolo Buzzi, Luciano Folgore, Enrico Cavacchioli, Corrado Govoni e Aldo Palazzeschi. In particolare salverei le cose meno sperimentali, ovvero le poesie in versi liberi che, almeno in alcuni casi, subiscono molte contaminazioni dalle tendenze e dalle scuole precedenti il movimento marinettiano: scapigliatura, crepuscolarismo, espressionismo. Tra le seconde generazioni di poeti futuristi, non sono da buttare le poesie di Silvio Cremonesi, di Oreste Marchesi e di Fillia; mentre le ultime leve hanno prodotto per lo più versi enfatici e ripetitivi, a parte qualcosa di Sebastiano Carta e di Giuseppe Tedeschi: questi sono gli ultimi futuristi degni di menzione. Ecco infine l'elenco dei poeti presenti in questa antologia divisi per sezioni.


 I POETI DEL FUTURISMO 1909-1944




L'INVENTORE DEL FUTURISMO
F. T. Marinetti

PRIMO GRUPPO FUTURISTA
Paolo Buzzi, Enrico Cavacchioli, Aldo Palazzeschi, Corrado Govoni, Luciano Folgore, Libero Altomare, Armando Mazza, Auro d'Alba, Francesco Cangiullo, Mario Bètuda, Enrico Cardile, Gesualdo Manzella Frontini.

FUTURISTI IN «LACERBA»
Dinamo Correnti, Alberto Viviani, Ardengo Soffici, Giovanni Papini.

PITTORI PAROLIBERI
Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giacomo Balla, Fortunato Depero.

IL GRUPPO DELL'«ITALIA FUTURISTA»
Bruno Corra, Emilio Settimelli, Mario Carli, Arnaldo Ginna, Remo Chiti, Maria Ginanni, Mario Dessy, Primo Conti, Antonio Bruno.

PAROLIBERI E GRAFOPOETI
Guglielmo Jannelli, Francesco Meriano, Volt, Nelson Morpugo, Giuseppe Steiner, Federico Pinna Berchet.

FUTURISTI NEGLI ANNI VENTI
Alfredo Trimarco, Leon Roberto Cannonieri, Franco Casavola, Sonofrio Pocarini, Ruggero Vasari, Oswaldo Bot, Enzo Benedetto.

I «NUOVI POETI FUTURISTI»
Loris Catrizzi, Silvio Cremonesi, Emilio Maria Dolfi, Escodamé, Fillia, Giuseppe Guatteri, Giovanni Gerbino, Alberto Vianello, Enzo Mainardi, Oreste Marchesi, Alceo Folicaldi, Farfa.

FUTURISTI NEGLI ANNI TRENTA
Fortunato Bellonzi, Giacomo Giardina, Krimer, Pino Masnata, Bruno Aschieri, Bruno G. Sanzin, Tullio D'Albisola, Luigi Pennone, Geppo Tedeschi, Sebastiano Carta, Ignazio Scurto, Emilio Buccafusca, Laura Serra, Gaetano Pattarozzi, Elio Balestrieri, Castrense Civello, Riccardo Averini.

FUTURISTI NEGLI ANNI QUARANTA
Ennio De Concini, Maria Goretti, Dina Cucini, Franco Maria Corneli, Piero Bellanova, Carlo Belloli.


domenica 2 settembre 2018

Il fumo di sigarette in 10 poesie di 10 poeti italiani del Novecento


Inutile che dica quanto fa male fumare, poiché non sarebbe certamente una notizia nuova, né interessante; dirò che in queste dieci poesie il fumo delle sigarette ha quasi sempre valenza positiva, poiché diviene un'occasione di conoscenza, d'amicizia, di complicità, d'amore, di rifugio e di gioco. D'altronde, questo argomento ha trovato sempre spazio nei versi dei migliori poeti del mondo, dalla celebre La cigarette di Jules Lafourge ai giorni nostri. Leggendo queste poesie si noteranno delle citazioni riguardanti marche di sigarette che non esistono più da tempo (le Giuba e le Nazionali), e si scoprirà che già tanti anni or sono esistevano dei locali per fumatori. Per quanto riguarda il frammento di Federigo Tozzi qui presente, mi sembra opportuno precisare che non si tratta di vera e propria poesia, ma di prosa poetica. 




FUMO DI SIGARETTE
di Sibilla Aleramo

Fumo di sigarette.
Accenno di sorriso.
E di nuovo fumo,
spire leggiere,
dalle mie labbra,
dalle sue labbra,
tutte le sere
qualche minuto,
dal suo balcone,
dalla mia finestra,
spire leggiere,
sbocciar di sorriso,
e non sa la mia voce
e non so la sua,
solo,
traverso le spire di fumo
i suoi occhi mi piacciono,
gli piacciono i miei occhi,
tutte le sere
qualche minuto,
un saluto
di spire
di fumo,
lievezza graziosa di gesto,
silenziosa irresistibile gaiezza,
minuscolo punto di fuoco
alto su l'addormentato cortile,
e niente più,
così,
mentre presso la lampada
il lavoro attende,
l'anima attende,
qualche minuto
tutte le sere
per qualche sera,
spire leggiere
spire leggiere.

(da "Momenti", Bemporad e Figlio, Firenze 1921)




SIGARETTA
di Libero De Libero

e te ne andrai
con parole nevose
nel fumo anima di sigaretta
passando e ripassando ombra
nell'inverno di calce,
e tu ne conosci di eventi
solo andando lontano
piange la morte con gli occhi
dei superstiti
dissetando un addio di fazzoletti.

(da "Le poesie", Bulzoni, Roma 2011)




IL PACCHETTO DI NAZIONALI
di Alfonso Gatto

Una storia gualcita in poche ore,
questa in effigie sul pacchetto vuoto
di Nazionali, ma bruciò l'umore
nell'uggiosa mattina. Al vetro immoto

di luce ogni pensiero era nel fumo
della buona tristezza che accompagna
la mano a rassegnarsi, nel suo dumo
vinoso arrugginiva la campagna

sfioccata dalle nebbie. Pere e mele
vedevo e sulla funebre etichetta
della bottiglia schiccheri di miele,
mosche d'inchiostro, un tremolìo vermiglio.

Vedevo i miei pensieri nell'agrore
della mattina non aver consiglio,
ma la grazia corrente dell'amore.
Così dipinsi quello che s'aspetta

di vedere per caso aprendo gli occhi.

(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 2005)




NEL FUMO
di Eugenio Montale

Quante volte t'ho atteso alla stazione
nel freddo, nella nebbia. Passeggiavo
tossicchiando, comprando giornali innominabili,
fumando Giuba poi soppresse dal ministro
dei tabacchi, il balordo!
Forse un treno sbagliato, un doppione oppure una
sottrazione. Scrutavo le carriole
dei facchini se mai ci fosse dentro
il tuo bagaglio, e tu dietro, in ritardo.
poi apparivi, ultima. È un ricordo
tra tanti altri. Nel sogno mi perseguita.

(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 1990)




AVANTI CENA
di Virgilio Paganello

Alta quiete la stanzetta regna.
Tremano le pareti come maglia
a la lucerna che su la tovaglia,
grande un' aureola intorno a sé disegna.

E mentre io scorro rapido il giornale,
la sigaretta accesa, Lidia attenta,
da le braccia materne afferrar tenta
il fumo che ne l'aria lento sale.

(da "Intime", De Schönfeld, Zara 1920)




LA SIGARETTA
di Aldo Palazzeschi

Se ti guardo sostenuta
fra due giovani labbra
con delicatezza,
come un atto d'amore
si diffonde nel mio animo
a provocarvi una carezza.
E non appena incontrandoti
uno ti chiede col gesto
di accendere la sua
il tuo modo di porgerla,
liberata dalla cenere
perché più facilmente possa accenderla,
rivela insieme una gioia segreta
più grande in quello che offre
che in quello che domanda,
quasi lo scambio di un bacio
fra due sconosciuti
per un bisogno di tenerezza.

(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 2002)




DUE SIGARETTE
di Cesare Pavese

Ogni notte è la liberazione. Si guarda i riflessi
dell’asfalto sui corsi che si aprono lucidi al vento.
Ogni rado passante ha una faccia e una storia.
Ma a quest’ora non c’è più stanchezza: i lampioni a migliaia
sono tutti per chi si sofferma a sfregare un cerino.

La fiammella si spegne sul volto alla donna
che mi ha chiesto un cerino. si spegne nel vento
e la donna delusa ne chiede un secondo
che si spegne: la donna ora ride sommessa.
Qui possiamo parlare a voce alta e gridare,
che nessuno ci sente. Leviamo gli sguardi
alle tante finestre – occhi spenti che dormono –
e attendiamo. La donna si stringe le spalle
e si lagna che ha perso la sciarpa a colori
che la notte faceva da stufa. Ma basti appoggiarci
contro l’angolo e il vento non è più che un soffio.
Sull’asfalto consunto c’è già un mozzicone.
Questa sciarpa veniva da Rio, ma dice la donna
che è contenta d’averla perduta, perché mi ha incontrato.
Se la sciarpa veniva da Rio, è passata di notte
sull’oceano inondato di luce dal gran transatlantico.
Certo, notti di vento. È il regalo di un suo marinaio.
Non c’è più il marinaio. La donna bisbiglia
che, se salgo con lei, me ne mostra il ritratto
ricciolino e abbronzato. Viaggiava su sporchi vapori
e puliva le macchine: io sono più bello.

Sull’asfalto c’è due mozziconi. Guardiamo nel cielo:
la finestra là in alto – mi addita la donna – è la nostra.
Ma lassù non c’è stufa. La notte, i vapori sperduti
hanno pochi fanali o soltanto le stelle.
Traversiamo l’asfalto a braccetto, giocando a scaldarci.

(da "Lavorare stanca", Einaudi, Torino 1943)




BRUCIANO INSIEME
di Alberico Sala

Tra mille volti, nel cinema buio,
mi cerchi. La domenica, il caldo,
il grigioverde non concedono spazio.
Nel corridoio bagnato la sigaretta
spiccata dal tuo labbro s'incenera.
La mia, in volo, la raggiunge:
bruciano insieme quietamente.

(da "Un amore finito male", Mondadori, Milano 1963)




UNA SERA D'ESTATE...
di Federigo Tozzi

   Una sera d'estate mi sedei a piè d'un greppo e cominciai a fumar sigarette l'una dopo l'altra. Era molto scuro, e le stelle parevano così piccole che certo avrebbero bucato. Avrei voluto con me un amico per parlare di qualche cosa, o meglio per ascoltarlo. Quando voglio bene ad un amico, mi piace di più star zitto fumando.
   Quasi annoiato e intristito a star lì, appuntellai le mani su l'erba e feci per alzarmi. Allora un grillo, così vicino
che non raccapezzavo dove, cominciò a cantare. Era tra le mie ginocchia, forse? Era dietro di me? Né meno. M'era saltato addosso? Mi scossi tutto: no. Dovetti andarmene, e mi misi a piangere.

(da "Bestie", SE, Milano 1994)




I FUMATORI
di Giorgio Vigolo

Delle volte la mia grande stanchezza
s'accascia su una sedia di caffè
semibuio alla periferia
dove nessuno s'incontra
fuori di alcuni vecchi
che fumano silenziosi,
affondati nel lontano tempo
della loro gioventù perduta.

Fra i nudi muri
al fioco lume si crea
un'aria spenta
di luogo fuori del mondo,
riparato dai rumori,
diviso dalla presenza
offensiva dell'uomo.

Quei vecchi sembrano dipinti;
e allora a poco a poco m'accade
che in breve dolcissimo sonno
per qualche istante io riposi.

(da "La luce ricorda", Mondadori, Milano 1967)


William Turner Dannat, "Spanish Girl making Cigarettes"
(da questa pagina web)



domenica 26 agosto 2018

Poeti dimenticati: Federico De Maria


Nacque a Palermo nel 1883 e ivi morì nel 1954. Si dimostrò già nella prima gioventù poeta rivoluzionario, inizialmente infatti fondò una rivista poetica (La Fronda, 1905) i cui collaboratori intendevano chiudere cogli esausti schemi del lontano passato; quindi aderì al movimento futurista, da cui però si staccò quasi subito in polemica non F. T. Marinetti. La sua appassionata e copiosa produzione in versi (fu tra i primi ad adottare il cosiddetto "verso libero"), ad un certo punto si interruppe improvvisamente e rimase sospesa per molti anni, per poi riprendere a cominciare dal 1932 fino alle ultime raccolte caratterizzate da una conversione al cristianesimo che rese i suoi versi molto più sobri rispetto alla fase iniziale. Lavorò nei settori del giornalismo e dell'insegnamento e pubblicò, oltre alle poesie, alcuni romanzi.



Opere poetiche

"Le Voci", Sandron, Palermo 1903.
"Le canzoni rosse", Sandron, Milano-Palermo-Napoli 1904.
"La leggenda della vita", Edizioni di «Poesia», Milano 1909.
"La Ritornata", Studio Editoriale Moderno, Catania 1932.
"L'Estate di San Martino", Trimarchi, Palermo 1935.
"Liriche dei tempi", Reber, Palermo 1939.
"Sillabe", Berben, Modena 1949.
"Incantesimo del fuoco", Corbaccio, Milano 1952.



Presenze in antologie

"Le più belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe, Carabba, Lanciano 1928 (vol. III, pp. 3-17).
"La poesia italiana di questo secolo", a cura di Pietro Mignosi, Edizioni del Ciclope, Palermo 1929 (pp. 154-155).
"La nuova poesia religiosa italiana", a cura di Gino Novelli, La Tradizione, Palermo 1931 (pp. 123-127).
"Antologia della lirica italiana. Ottocento e Novecento", nuova edizione, a cura di Carlo Culcasi, Garzanti, Milano 1947 (p. 353).
"La lirica moderna", a cura di Francesco Pedrina, Trevisini, Milano 1951 (pp. 630-636).
"Poeti simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972 (vol. 1, pp. 79-85; vol. 2, pp. 102-103; vo. 3, pp. 89-94).
"Dal simbolismo al déco", a cura di Glauco Viazzi, Einaudi, Torino 1981 (tomo secondo, pp. 449-454).
"Neoidealismo e rinascenza latina tra Ottocento e Novecento", a cura di Angela Ida Villa, LED, Milano 1999 (pp. 682-711).
"Sicilia, poesia dei mille anni", a cura di Aldo Gerbino, Sciascia, Caltanissetta-Roma 2001 (pp. 388-390).



Testi

MALINCONIA D'UN TRAMONTO

Che voli di rondini in cielo!
S'inseguono a stormi, trillando
attorno ai comignoli, agli alti
abbaini ove l'ultima luce
ancora tremola: qualcuna
— solitaria — intesse i suoi
ratti voli, incerta, con brevi
gorgheggi chiamando. Lontano.
a sciami, come moscerini,
brulicano nell'oro effuso
del crepuscolo. A l'oriente
s'affaccia la sera sul queto
specchio del mar che si dislaga
oltre il porto, candido come
latte, venato di turchino.
L'orizzonte sbadiglia nebbie
e il cielo s'imbruna. Le file
dei platani verdi ed inerti
dilungatisi a perdita d'occhio
per l'ampio viale. Le cose
si tacciono tutte: è nell'aria
come uno stupor religioso.
Quel pescatore che ritorna
a riva nella sua barchetta
remeggiando tacitamente
pare lontanissimo. Quella
carrozza che brontola a pena
scorrendo sul lastrico, pare
lontanissima. Io stesso sento
ora qualche cosa di me
assai lontana. Uniche voci
nell'immensa torpida calma,
le rondini passan trillando:
monotona e fioca una stanca
campana lontana lontana
s'affanna, s'affanna a sonare...

(da "La leggenda della vita")




IL MIO DIO E L'ALTRO DIO

Il mio Dio è un piccolo dio,
piccolo come una lucciola
fra i grandi astri superbi ed immoti,
piccolo come un fiato
d'aria odorosa che increspa appena.
La sua divinità è tutta
nella sua impossibilità a essere qualcosa.

Il mio Dio non è il buio né la luce,
né la vita o la morte,
né il giusto o l'ingiusto.
È un atomo sperduto
che bisogna sapere scoprire nell'immensità,
nell'immensità che è fuori e che è dentro di noi.
Ma è anche l'eternità.

L'altro dio è un immenso e tronfio dio
grande come tutte le cose visibili e invisibili,
che abbraccia tutto e che sotto diversi nomi
è adorato dagli uomini, anche dagli atei.
Insegna tutto in ogni lingua, in ogni religione,
ma non può nulla: anch'egli è inerte
e lascia che ogni cosa e ogni persona
si muova, pensi, agisca per lui
o contro di lui, tutto permettendo
e perfino scoprendo; impropizio
oggi all'eroe o al santo, propizio domani
al bruto e a chi lacerò le sue leggi;
esaltatore e pervertitore; più Belzebù
che Jehova; benedetto per i suoi prodigi,
adorato pei suoi misfatti;
ma soprattutto sordo e incapace a reagire
alla preghiera come alla bestemmia,
pago d'essere implorato o maledetto.

Io disprezzo un simile dio
che si lascia così severamente
giudicare da me. Egli non è eterno.
Egli nacque dopo gli uomini e morirà prima degli uomini.

(da "La Ritornata")