Dal fondo delle campagne è il titolo di una raccolta poetica di Mario Luzi (Sesto Fiorentino 1914 - Firenze 2005). Fu pubblicata dalla casa editrice Einaudi di Torino nel 1965. Il poeta toscano, fin dalla prima edizione, in un breve frammento che si può leggere sul retro del libro, precisò che le poesie di qui presenti, cronologicamente precedono Nel magma - raccolta di Luzi uscita nel 1963 -, essendo state scritte tra il 1956 ed il 1960. Personalmente ritengo che Dal fondo delle campagne, insieme a Primizie del deserto (1952) e Onore del vero (1957), rappresenti la fase più significativa della carriera poetica di Luzi. A supporto di questa tesi, riporto un frammento del critico Pier Vincenzo Mengaldo, estratto dall’antologia Poeti italiani del Novecento:
[…] Nel secondo e
centrale momento della sua carriera, che comprende grosso modo le tre raccolte Primizie del deserto, Onore del vero e Dal fondo delle campagne, Luzi tocca certamente i suoi risultati
più alti. Ciò che prima era soprattutto atteggiamento letterario, qui diventa
davvero esperienza esistenziale, e l’autore (già con Quaderno gotico) inizia a farsi storico di se stesso. Attraverso il
Montale delle Occasioni Luzi passa
sotto il patronato, ideologicamente più congruo, di Eliot, in parallelo al
quale egli approfondisce la metafisica, tra cristiana e platonica, della
identità e reciproca reversibilità, o meglio perpetua oscillazione, di divenire
ed essere, mutamento e identità, tempo ed eternità e così via (…). È una poesia
che, dalla vacillazione fra presenza e assenza che la caratterizza, si sviluppa
a referto, per usare termini luziani, del «transito» e della «vicissitudine
sospesa», spiati dalla «feritoia dei sensi» […].¹
Dal fondo delle champagne
si compone di 25 poesie, suddivise nelle seguenti sezioni: Altre voci; Questione di vita
o di morte; Morte Cristiana; Tre note; Dal fondo delle champagne; Quanta
vita. Per finire, trascrivo da questa "plaquette" (così la definì lo stesso
Luzi), una delle migliori poesie.
AUGURIO
Camera dopo camera la donna
inseguita dalla mattina
canta,
quanto dura le lena
strofina i pavimenti,
spande cera. Si leva, canto
tumido
di nuova maritata
che genera e governa,
e interrotto da colpi
di spazzole, di panni
penetra tutto l’alveare,
introna
l’aria già di primavera.
Ora che tutt’intorno, a
ogni balcone,
la donna compie riti
di fecondità e di morte,
versa acqua nei vasi,
immerge fiori,
ravvia le lunghe foglie,
schianta
i seccumi, libera i buttoni
per il meglio della
pioggia,
per il più caldo del sole,
o miei giovani e forti,
miei vecchi un po’ svaniti,
dico, prego: sia grazia
essere qui,
grazia anche l’implorare a
mani giunte,
stare a labbra serrate, ad
occhi bassi
come chi aspetta la
sentenza.
Sia grazia essere qui,
nel giusto della vita,
nell’opera del mondo. Sia
così.
(da "Dal fondo delle
campagne", Einaudi, Torino 1965, p. 28)
NOTE
1) Da Poeti italiani del
Novecento, Mondadori, Milano 1991, pp. 650-651
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