Fausto Maria Martini (Roma 1886 - ivi 1931) è sempre stato considerato dai critici letterari come uno dei principali esponenti del crepuscolarismo, ed in particolare di quello romano, che si sostanziava in un cenacolo ispirato e guidato da Sergio Corazzini, ovvero il poeta più talentuoso dell'intera scuola nata e sviluppatasi nei primissimi anni del XX secolo. Se è vero che il Martini non fu solamente poeta (pubblicò romanzi e drammi teatrali; svolse una costante attività di giornalista e di critico in diversi giornali), è altrettanto vero che la sua fama si deve al giovanile periodo in cui, insieme ad alcuni amici poeti, pose le basi del crepuscolarismo. Il suo nome è ricordato spesso per le qualità che ebbe nelle vesti di animatore e di organizzatore: fu il socio fondatore del cenacolo corazziniano e mise a disposizione la sua abitazione per le riunioni e per la stesura dei lavori riguardanti, per l'appunto, l'attività poetica degli amici romani; contribuì alla fondazione della rivista Cronache latine; dopo la morte di Corazzini partì per New York insieme a Sergio Tarchiani e Gino Calza Bini, non soltanto per evadere dal vuoto lasciato dalla scomparsa del poeta romano, poiché fu proprio nella città statunitense che nacque il suo romanzo più famoso: Si sbarca a New York, in cui il Martini rievoca i "tempi migliori": quelli trascorsi con i sodali a parlare di poesia e a comporre versi con una passionalità particolarmente intensa. Pubblicò solamente tre raccolte, tra il 1906 e il 1910, in cui, da un iniziale apprendistato che mostra molte derivazioni pascoliane e dannunziane, giunge alle Poesie provinciali: la sua ultima e più matura raccolta, in cui si dimostra poeta crepuscolare sì, ma anche originale, soprattutto per la capacità di creare un catalogo femminile di personaggi dimessi, legati in qualche modo ad una sua biografia sentimentale (erano amanti, amiche o semplici conoscenti). Dopo il 1910 il Martini diradò alquanto la sua attività poetica, dedicandosi ad altro. Partecipò come soldato alla Grande Guerra, riportando gravi ferite che compromisero la sua salute e il suo stato fisico. Continuò comunque a lavorare in diversi giornali e pubblicò ulteriori romanzi e novelle, fino alla morte causata da un edema polmonare, a soli 45 anni. Chiudo riportando l'elenco delle opere poetiche di Martini, a cui seguono i testi di tre poesie dello stesso.
Fausto Maria Martini |
Opere poetiche
"Le piccole morte", Streglio, Genova-Torino-Milano 1906.
"Panem nostrum...", Cromo-tipografia Commerciale, Roma 1907.
"Poesie provinciali", Ricciardi, Napoli 1910.
"Rapsodia satanica" (con lo pseud. di Alfa), Cines, Roma 1915.
"Tutte le poesie", IPL, Milano 1969.
Testi
SAN SABA
per Sergio Corazzini
Sergio, e dicevi: «Ella ti vuole morto,
ti stringe ella in un suo gorgo soave...
tu non potrai, fratello, nel risorto
giorno, gridare al sol nascente l’Ave...»
Sergio, dicevi... Or io, nella pazzia
notturna, scaccio la mia mamma santa
come un’immonda... perché non imprechi,
gonfia di mute lagrime, la mia
mamma si parte. Solo con l’affranta
anima, resto: ed ecco, in fondo ai biechi
cipressi brancolanti come ciechi,
tempio al suicida, con le cave grotte
d’ombra, San Saba, immensa nella notte...
Sergio, e dicevi: «Ella ti vuole morto...»
(da "Le piccole morte", Streglio, Genova-Torino-Milano 1906, p. 18)
SERENITÀ
per Claudio Spetia
Vieni tu che pregavi ed accendevi
la tua piccola lampada a Maria,
e nelle pause dell’Ave, temevi
ch’io ti morissi per la nostalgia,
ascoltami parlare e tu vedrai
ch’ho disperso le nubi in un baleno:
se guardi bene, tu sorprenderai
in fondo al cuore, un bell’arcobaleno!
(da "Panem nostrum...", Cromo-Tipografia commerciale, Roma 1907, p. 39)
UN VIAGGIO CON TE...
Un viaggio con te! Sull'alba, tanto
di buon'ora, che certo gli occhi avresti
tutti pieni di sonno, e stanchi, e mesti
come se nella notte avessi pianto,
sull'alba ce n'andremmo… E dove, e come?
Soli, senza perché! Perché ci prese
la voglia: ce n'andremmo in un paese
ignoto e molto caro a noi pel nome…
Ti metteresti un bell'abito rosa,
un po' stridente col tuo gesto grave,
e metteresti pure le tue brave
boccole rosse, boccole da sposa,
e tanto provinciale tu saresti,
che qualcuno direbbe, giunti là:
«È quella una signora di città...»
e accennerebbe a un' altra le tue vesti…
(da "Poesie provinciali", Ricciardi, Napoli 1910, p. 35)