A secco ho tirato
la mia barca
e l'acqua mi ha
compianto,
ha compianto il
vecchio marinaio.
Nella bonaccia
nella tempesta
fedele sono stato
alla mia barca.
Lontano va il
mare e non si stanza.
COMMENTO
La mia barca è il titolo di una poesia di Raffaele Carrieri (Taranto
1905 – Pietrasanta 1984). Io l’ho trascritta dal volume Stellacuore (Mondadori, Milano 1970), che raggruppa tutte le
raccolte di versi del poeta pugliese, pubblicate entro quel preciso anno. Qui,
è possibile leggerla all’interno della sezione intitolata La giornata è finita, che è anche il titolo di una raccolta
pubblicata sempre da Mondadori, nel 1963.
Il contenuto,
parla di una barca di proprietà del
poeta, portata dallo stesso a riva in modo definitivo; per tale motivo, l’acqua
del mare, come se fosse un essere vivente, compiange l’uomo che ha rinunciato
per sempre alla navigazione; lo compiange come fosse un vecchio marinaio che, a
causa dell’età troppo avanzata, decide di rimanere a terra per il resto della
sua vita. Il poeta, quindi, afferma che, ai tempi in cui si trovava in mare, fu
sempre fedele alla sua barca, non abbandonandola mai in qualsiasi situazione
meteorologica. L’ultimo verso, invece, è una constatazione che dimostra quanto
il mare sia differente dagli esseri umani, poiché, al contrario di questi ultimi,
non si ferma mai in nessun posto, viaggiando sempre e comunque.
A mio avviso, la
barca altro non è che lo spirito avventuroso del poeta, il quale visse da bohemien per gran parte della sua
esistenza; la sua fedeltà alla barca, quindi, è la sua coerenza ad uno stile di
vita in cui ha creduto finché ha potuto, ovvero fino all’arrivo della
vecchiaia. La sua rinuncia al viaggio, e quindi all’avventura, seppure
dolorosa, si è resa necessaria; soltanto il mare (che potrebbe simboleggiare la
forza vitale) non invecchia mai, e può quindi proseguire il suo viaggio per
l’eternità.
Nessun commento:
Posta un commento