In occasione della Pasqua 2024, ho deciso di pubblicare un post che contiene due brevi testi poetici i quali, secondo me, seppur sommariamente ben rispecchiano i tempi presenti: caratterizzati da conflitti bellici interminabili, in cui soccombono le popolazioni civili sempre e comunque pienamente coinvolte e decimate da numerosissimi bombardamenti che, incessantemente, radono al suolo città popolose. Ma il clima generale, al di là delle guerre in corso, non induce all'ottimismo: le emergenze di varia tipologia che si protraggono da anni e anni, sembrano ormai irrisolvibili, e diviene sempre più difficile poter sperare in un mondo e soprattutto in una umanità migliore, almeno guardando al futuro prossimo. Ecco quindi due poesie pasquali che trasmettono sensazioni negative; ciò avviene in modi differenti. Nella prima, di Ugo Fasolo (Belluno 1905 - Vicenza 1980), predomina l'incapacità del poeta di partecipare al clima gioioso della festa di primavera, forse perché vede intorno a sé una situazione simile a quella odierna, in cui l'odio e la violenza la fanno da padroni e non facilitano affatto quello slancio vitale, di rinascita, che dovrebbe trasmettere la Pasqua. Fasolo probabilmente scrisse questi versi dopo aver assistito ad un rito liturgico nel giorno di Pasqua; il poeta si dichiara incapace di entusiasmo e di partecipazione, anche quando assiste alla fase più solenne ed emozionante del rito; quindi confessa la sua amarezza che scaturisce da un clima per nulla confortante. La pioggia-simbolo citata nell'ultimo verso ha una valenza negativa, poiché contamina la purezza dell'albero dell'ulivo, che poi è il simbolo della pace. Nell'altra poesia, di Giovanni Boffa (Agno 1922 - ivi 2002), la negatività ed il pessimismo dell'animo sembra si siano trasferite sul paesaggio circostante; il poeta vede intorno a sé una serie di eventi apparentemente insignificanti, ma che a ben vedere sono emblema di sofferenza ed inquietudine: la fontana col suo tentennante spruzzo d'acqua che crea un finto arcobaleno; il vento che simboleggia atti vistosi e vuoti di contenuti, sviluppatisi per ragioni assai lontane da quelle che dovrebbero nascere da un sincero sentimento religioso. Le immagini degli ultimi tre versi pongono in primo piano i colori splendenti delle raganelle, che, agli occhi del poeta, involontariamente vivacizzano una festività pasquale grigia e fumosa, incapace d'infondere un minimo slancio vitale a coloro che credono nei valori più autentici della religione cristiana, e che vorrebbero fosse ben altra cosa. Auguri a tutti di una serena Pasqua.
NEL CANTO DELLA GRANDE PASQUA
di Ugo Fasolo
Nel canto della grande Pasqua più alto,
(come in sé lieto il sacerdote
d'antica seta e d'oro)
non ho saputo pavesare l'animo.
È amara la quiete degli occhi:
perché ancor piove sopra il bianco olivo?
(da "Le varianti e l'invariante", Rusconi, Milano 1976, p. 90)
PASQUA
di Giovanni Boffa
La fontana tentenna un vago spruzzo
nell'umidore folto dell'acacia
e all'abetina rossa della sera
finge un arcobaleno.
Agita il vento nell'umana giostra
mulinelli di cose non sperate
nastri lievi di gioie inghirlandate.
Raganelle rifanno devastata
Pasqua senza colore e senza ardore
nello svanito fumo d'una esca.
(da "Poesie", CO.ED, Firenze 1985, p. 172)
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