Crepuscolo violento
già preso
dall'ansia
di una notte di
vento;
e l'ultima luce
azzurrina
di un lembo di
cielo
è spenta da un
cortinaggio
di nubi consumate
da un
tediosissimo viaggio.
E nell'aria
tremante
passano brevi
folate,
alito
febbricitante
di giornate
malate
rabbia imprecante
di ore dannate;
aliti di veleno
sopra le cose
terrene
ch'erano così
serene
nel giorno
sereno.
Crepuscolo malato
di un male
indefinito,
mezzo annuvolato
cielo scolorito,
scolorita città
presa da sconsolazione;
dal grido di
disperazione
dell'aridità.
[1927]
La poesia che ho
riportato in questo post, intitolata Crepuscolo
di libeccio, è di Gaetano Arcangeli (Bologna 1910 – ivi 1970), e fu
pubblicata per la prima volta in volume, nel 1939, all'interno della raccolta
di poesie e prose Dal vivere che uscì
presso l'editore Testa di Bologna. Io l'ho trascritta dalle pagine 78 e 79
della ristampa di questa opera prima (per Arcangeli, allora diciannovenne, fu
sostanzialmente il debutto nella letteratura italiana), che vide di nuovo la
luce nel 1994, grazie all'editore Scheiwiller di Milano, il quale, nei
successivi anni, ripubblicò, volume dopo volume, l'intera opera poetica dello
scrittore bolognese.
I versi
descrivono un crepuscolo particolarmente movimentato, a causa di un vento
fastidioso, di libeccio o garbino (proveniente da sud-ovest) che trasmette
sensazioni negative al poeta. Non è precisata la stagione, e neppure il luogo,
ma s'intuisce che tale avvenimento si svolga nei pressi del capoluogo emiliano,
probabilmente durante l'estate; è possibile invece sapere che i versi furono
scritti nel 1927 - come sta a dimostrare l'anno riportato all'interno delle
parentesi quadre in calce alla poesia -. Come dicevo, le sensazioni provate dal
diciassettenne poeta sono negative, e trasmettono allo stesso inquietudine,
ansia e tristezza. Si preannuncia una notte ventosa, e le nubi sopraggiungenti
appaiono consumate dal lungo e noioso viaggio che hanno fatto per giungere
proprio lì. Si avvertono delle brevi folate di vento, tutt'altro che piacevoli
perché talmente calde da far pensare al poeta che provengano direttamente
dall'inferno. La giornata, prima di quel momento, era stata serena e
tranquilla; ma ora la situazione è cambiata drasticamente, e, con lo scemare
della luce, il cielo si è scolorito, a causa delle sopraggiunte nuvole,
immettendo una sorta di sconsolatezza negli animi, e una conseguente
disperazione causata dall'aridità. Quest'ultimo sentimento, forse non è
riferito soltanto al tempo ed al luogo, ma anche all'anima del poeta.
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