domenica 11 giugno 2023

Poeti dimenticati: Achille Leto

 

Nacque a Palermo nel 1870 e ivi morì nel 1963. Fu poeta e librettista discreto, ma non fu mai molto considerato dalla critica, finendo, come tanti altri, nel dimenticatoio. La sua poesia mostra elementi classicisti e parnassiani, misti ad altri che si avvicinano alle nuove correnti letterarie di fine Ottocento, come il decadentismo. Scrisse e pubblicò numerose opere in versi, comprese alcune dedicate al pubblico infantile.

 

 

 

 

Opere poetiche

 

“La terra del Sole”, Fiorita, Palermo 1887.

“Le meridionali”, Tip. Guttemberg, Palermo 1888.

“Fiori cerebrali”, Tip. Barravecchia & figlio, Palermo 1889.

“Fioritura recente”, Spinnato, Palermo 1889.

“Nuvole”, Spinnato, Palermo 1889.

“Il paese delle chimere”, Spinnato, Palermo 1890.

“Odi sinfoniche”, Palermo 1905.

“La piccola mèsse”, Palermo 1905.

“Thanatos”, Palermo 1905.

“Le rurali”, Palermo 1906.

“Cor cordium”, Palermo 1906.

“La buona novella”, Palermo 1907.

“Le metope”, Spinnato, Palermo 1907.

“La tibia”, Spinnato, Palermo 1908.

“Piccole ali”, Sandron, Milano 1914.

“L'anfora”, Travi, Palermo 1915.

“Spiriti e forme”, Palermo 1916.

“Calliroe”, Tipi di Collemberg & C., Palermo 1918.

“Cammei”, Tipi di Collemberg & C., Palermo 1918.

“Achantus”, Travi, Palermo 1919.

“Achirontia atropos”, Travi, Palermo 1920.

“Il Manipolo”, Travi, Palermo 1920.

“Doriche”, Ausonia, Palermo 1924.

“Graffiti”, Travi, Palermo 1926.

 

 


 

 

Presenze in antologie

 

"La fiorita francescana", a cura di Tommaso Nediani, Istituto italiano d'arti grafiche, Bergamo 1926 (pp. 253-254, 350-351).

 

 

 

 

Testi

 

 

 

 LE ROGAZIONI

 

Sia pace all'uom che faticò da mane

a sera, alàcre, su la zolla dura;

ed egli mieta, nel gran sole, il pane

quotidian che seminò con pura

 

mano. Su l'aia, ei veda le lontane

opere e la recente mietitura

nell'aureo mucchio; e oda le campane

benedicenti ogni sua grave cura.

 

Quando impiagò di solchi la gran Madre,

guidando i buoi su la fumante traccia,

e sparse il seme, taciturno, a squadre.

 

Sia pace all'uomo e pace alla clemente

Madre che, nera, tra le grandi braccia,

poi culli il sonno a quest'umana gente.

 

(poesia XII in "Le Metope", Tip. Spinnato, Palermo MCMVII)

 

 

 

 

CERERE

 

Ella, al tramonto, andava pe 'l dorato

mare di mèssi: intorno, la natale

terra cantava il vasto inno pacato

dell'imminente rito cererale.

 

Si cullavan le spighe alte su 'l fiato

della sera, tra un roco di cicale

ultimo canto: dalla fratta, a lato,

usciva un frullo repentino d'ale.

 

A lei saliva delle biade il coro;

la grande voce delle mèssi, piana -

giù le pendea di rosolacci un serto.

 

Ed ella andava nella luce d'oro,

come un'antica deità pagana:

era Cerere dea, reduce, certo.

 

(poesia XXX della sezione IL SERTO, in "La tibia", Spinnato, Palermo MCMVIII)

 

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