Nacque a Palermo
nel 1870 e ivi morì nel 1963. Fu poeta e librettista discreto, ma non fu mai
molto considerato dalla critica, finendo, come tanti altri, nel dimenticatoio.
La sua poesia mostra elementi classicisti e parnassiani, misti ad altri che si
avvicinano alle nuove correnti letterarie di fine Ottocento, come il
decadentismo. Scrisse e pubblicò numerose opere in versi, comprese alcune
dedicate al pubblico infantile.
Opere poetiche
“La terra del Sole”,
Fiorita, Palermo 1887.
“Le meridionali”, Tip.
Guttemberg, Palermo 1888.
“Fiori cerebrali”, Tip.
Barravecchia & figlio, Palermo 1889.
“Fioritura recente”,
Spinnato, Palermo 1889.
“Nuvole”, Spinnato, Palermo
1889.
“Il paese delle chimere”,
Spinnato, Palermo 1890.
“Odi sinfoniche”, Palermo
1905.
“La piccola mèsse”, Palermo
1905.
“Thanatos”, Palermo 1905.
“Le rurali”, Palermo 1906.
“Cor cordium”, Palermo
1906.
“La buona novella”, Palermo
1907.
“Le metope”, Spinnato,
Palermo 1907.
“La tibia”, Spinnato,
Palermo 1908.
“Piccole ali”, Sandron,
Milano 1914.
“L'anfora”, Travi, Palermo
1915.
“Spiriti e forme”, Palermo
1916.
“Calliroe”, Tipi di
Collemberg & C., Palermo 1918.
“Cammei”, Tipi di
Collemberg & C., Palermo 1918.
“Achantus”, Travi, Palermo
1919.
“Achirontia atropos”,
Travi, Palermo 1920.
“Il Manipolo”, Travi,
Palermo 1920.
“Doriche”, Ausonia, Palermo
1924.
“Graffiti”, Travi, Palermo
1926.
Presenze in antologie
"La fiorita
francescana", a cura di Tommaso Nediani, Istituto italiano d'arti
grafiche, Bergamo 1926 (pp. 253-254, 350-351).
Testi
LE ROGAZIONI
Sia pace all'uom che faticò
da mane
a sera, alàcre, su la zolla
dura;
ed egli mieta, nel gran
sole, il pane
quotidian che seminò con
pura
mano. Su l'aia, ei veda le
lontane
opere e la recente
mietitura
nell'aureo mucchio; e oda
le campane
benedicenti ogni sua grave
cura.
Quando impiagò di solchi la
gran Madre,
guidando i buoi su la
fumante traccia,
e sparse il seme,
taciturno, a squadre.
Sia pace all'uomo e pace
alla clemente
Madre che, nera, tra le
grandi braccia,
poi culli il sonno a
quest'umana gente.
(poesia XII in "Le Metope", Tip. Spinnato, Palermo MCMVII)
CERERE
Ella, al tramonto, andava
pe 'l dorato
mare di mèssi: intorno, la
natale
terra cantava il vasto inno
pacato
dell'imminente rito
cererale.
Si cullavan le spighe alte
su 'l fiato
della sera, tra un roco di
cicale
ultimo canto: dalla fratta,
a lato,
usciva un frullo repentino
d'ale.
A lei saliva delle biade il
coro;
la grande voce delle mèssi,
piana -
giù le pendea di rosolacci
un serto.
Ed ella andava nella luce
d'oro,
come un'antica deità
pagana:
era Cerere dea, reduce,
certo.
(poesia XXX della sezione
IL SERTO, in "La tibia", Spinnato, Palermo MCMVIII)
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