Non era possibile che nel mio blog ancora non ci fosse un post dedicato a Leonardo Sinisgalli (Montemurro 1908 - Roma 1981): poeta lucano che mi sta particolarmente a cuore, tanto che, negli anni, ho acquistato molti suoi volumi poetici (dei quali ce ne sono diversi praticamente introvabili), compreso l'ultimo, uscito appena un anno fa, che raccoglie tutti i suoi versi. In futuro, è probabile che mi soffermi più dettagliatamente su alcune raccolte poetiche assai notevoli di Sinisgalli, ma ora vorrei parlare brevemente della sua poesia in generale.
Se si esclude la
raccolta giovanile d'esordio, ancora acerba e pregna di evidenti influssi
derivanti da poetiche passatiste (crepuscolarismo in primis), si può affermare
che le sue prime pubblicazioni lo collochino tra i migliori esponenti dell'ermetismo:
corrente poetica nata nel quarto decennio del Novecento, che vide tra i massimi rappresentanti altri poeti insigni come Salvatore Quasimodo, Mario Luzi, Alfonso
Gatto e Libero De Libero. A proposito di quest'ultimo, si può ben dire che
nella prima fase poetica di Sinisgalli, risulti facile trovare diversi elementi
che lo accomunano al poeta ciociaro; tra di essi spiccano una mitizzazione del
periodo sia infantile che adolescenziale, e l'immenso amore per la terra
natale, anch'essa mitizzata e raccontata quale luogo senza tempo, al di fuori
della realtà. C'è da dire che Sinisgalli soffrì non poco per il fatto di aver
dovuto abbandonare assai presto la sua regione, poiché per motivi di studio e
di lavoro fu costretto ad emigrare nel nord Italia; lì completò i suo studi e
trovò lavoro. Ingegnere e matematico di raro talento, seppe unire due
discipline apparentemente distanti quali arte e scienza, tanto nei versi che
nelle prose. Certe poesie, che spesso tendono all'epigramma, possono apparire
fredde e distaccate, ma analizzandole con più attenzione è facile scoprire
quanto invece siano ricche di quel "nuovo umanesimo" che Sinisgalli
cercava di elaborare, proprio tramite una poesia sintetica e profonda,
concentrata e ricca di sensazioni. Con gli anni i versi del poeta lucano hanno
subito leggere mutazioni: allontanatosi dall'ermetismo; da un lato si è
cimentato in poesie dalla struttura narrativa, autobiografiche e che in parte
ricordano alcuni versi di Vincenzo Cardarelli; dall'altro ha accentuato la tendenza
all'epigramma. In qualche opera poetica, ha inserito anche diverse prose di
notevole valore, in cui abbondano riflessioni e meditazioni sulla poesia, sulla
natura e sull'umanità. Le ultime tre raccolte, che attraversano quasi tutto
l'ottavo decennio del XX secolo, mostrano una poesia sempre più scarna e,
direi, ridotta all'osso; ciò non vuol dire affatto che non ci siano delle
qualità, in questi epigrammi della vecchiaia, che un po' sembrano assomigliare
a quelli di un poeta siciliano molto attivo proprio in quegli anni: Bartolo
Cattafi. Per chiudere, riporto l'elenco delle raccolte di versi e cinque tra le
mie poesie preferite di Leonardo Sinisgalli.
Opere poetiche
"Cuore",
Roma 1927.
"18
poesie", All'Insegna del Pesce d'Oro", Milano 1936.
"Poesie",
Edizioni del Cavallino, Venezia 1938.
"Campi
Elisi", All'Insegna del Pesce d'Oro", Milano 1939.
"Vidi le
Muse, poesie (1931-1942)", Mondadori, Milano 1943.
"I nuovi
Campi Elisi", Mondadori, Milano 1947.
"La vigna
vecchia", La Meridiana, Milano 1952.
"La vigna
vecchia" (ediz. accresciuta), Mondadori, Milano 1956.
"Banchetti",
All'Insegna del Pesce d'Oro", Milano 1956.
"La Musa
decrepita", Quaderni di Marsia, Roma 1959.
"Cineraccio",
Neri Pozza, Venezia 1961.
"L'età della
luna", Mondadori, Milano 1962.
"Poesie di
ieri", Mondadori, Milano 1966.
"Il passero
e il lebbroso", Mondadori, Milano 1970.
"Mosche in
bottiglia", Mondadori, Milano 1975.
"Dimenticatoio,
1975-1978", Mondadori, Milano 1978.
"Come un
ladro", Tip. Torraca, Bernalda 1979.
"Più vicino
ai morti", Panda, Padova 1980.
"Tutte le
poesie", Mondadori, Milano 2020.
Testi
DA QUANTI ANNI,
DA SEMPRE
Da quanti anni,
da sempre
Sul finire del
giorno
Lungo il muro il
tuo passo ritorna
La tua mano mi
tocca
Delusa: Leonardo,
mi dici a bocca
Chiusa. Il vento
leggera ti scioglie.
Io ti sento
partire dal mio fianco
Nella brezza
delle foglie.
La tua voce è una
carezza
Che brucia più
l’ora si attarda:
Io non so dove mi
conduce.
(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano
2020, p. 69)
FRUTTETO
Sono tre
calabroni
che saggiano la
pera:
vi affondano le
corna.
Scavano un buco
fino a succhiarne
la polpa.
Quando il sole si
sposta,
dalla parte del
sole
cavano un altro
occhio.
Chiama la gente
queste
le piante della
sorte:
come piccoli
teschi
pendono le
zuccone
dagli alberi
funesti.
(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano
2020, pp. 124-125)
LO SPAURACCHIO
Non può piegarsi
a carezzare le
spighe brune,
a stringere in
pugno i passerotti.
Può solo guardare
più a lungo
il tramonto.
(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano
2020, p. 147)
LAPIDE
Non è un orto
o un giardino
il cimitero
dove io sono
sepolto.
È un luogo
assorto,
un muro.
Ogni bene è
scontato,
ogni debito
pagato
e il nome
tutelato.
Mio amico,
fratello
contami i vecchi
giuochi,
il fumo, i fuochi
antichi.
Prendi di me
l'effige,
le rughe, la
fuliggine,
le lacrime, la
ruggine.
Non è un orto
o un giardino
il cimitero dove
io sono sepolto.
È un regno
spento, muto.
Qui l'amore è
perduto.
(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano
2020, p. 254)
LA STANZA
Mezza finestra
per far luce
nella stanza. Lo
Scriba non pensa,
registra,
distribuisce lo spazio
torno torno:
libri imbalsamati,
indumenti appesi,
lenzuola
ammucchiate.
Il gatto ha scelto
una nicchia del
camino
che porta la data
1781
scritta da uno
scalpellino.
(da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano
2020, p. 336)
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