domenica 19 gennaio 2020

I momenti magici nella poesia italiana decadente e simbolista


Sotto la dicitura "momenti magici", ho qui riunito una serie di componimenti poetici risalenti all'ultima decade dell'Ottocento e al primo ventennio del Novecento, in cui emergono in modo preponderante atmosfere, situazioni ed eventi che posseggono dei requisiti ultraterreni; i poeti si trovano di fronte a spettacoli della natura o comunque a visioni di vario genere, dove è presente qualcosa che va al di fuori della comprensione umana; in alcuni casi, si fa riferimento al passato, anche quello più remoto, pur rimanendo nell'ambito di descrizioni di eventi al di fuori del normale. Questi poeti non danno una spiegazione ai fatti di cui parlano, ma si lasciano ipnotizzare ed estasiare da essi; dimostrando così la loro simpatia verso l'irrazionalità, la magia, il misticismo e l'esoterismo. Passando ad alcuni esempi, nei versi di Giovanni Camerana e Cosimo Giorgieri Contri è la stagione autunnale che, coi suoi infiniti fascini, fa nascere sensazioni inaudite, pensieri eterei e ricordi malinconici; alla stessa maniera, pur con caratteristiche differenti, può essere la stagione primaverile (Sul Pincio di Corrado Govoni; Attimi di Yosto Randaccio) o quella estiva (Meriggio Estivo di Virgilio La Scola; Vagando... di Aldo Fumagalli) a suscitare stupori e sensazioni trascendenti. Nelle poesie di Enrico Cavacchioli e Mario Venditti alcuni oggetti improvvisamente si animano, si muovono e compiono azioni impossibili, riconducibili ad un mondo favoloso o comunque alquanto fantasioso. Nei versi di Gabriele D'Annunzio, Gino Borzaghi e Angiolo Orvieto, protagonisti sono esseri umani misteriosi, maschili o femminili, non bene identificabili, che a volte posseggono poteri occulti, impensabili e divini. Nella poesia di Adolfo De Bosis si assiste al ribaltamento di una serie di situazioni sfavorevoli che fa pensare ad un intervento divino, o per lo meno a qualcosa di soprannaturale, in grado di intervenire quando tutto sembra ormai perduto. Ci sono poi altre poesie come Fuga di treno lontano di Guglielmo Felice Damiani e Riflesso di Diego Garoglio, dove la visione di un treno che passa o soltanto il ricordo di un viso fanno scaturire una serie d'immagini e di sentimenti vivi e forti, che per la loro imprevedibilità posseggono anch'essi un che di magico. Ed è la stessa magia de L'ora divina descritta in modo superlativo da Luisa Giaconi, pur nella consapevolezza che l'incantesimo duri poco e sia del tutto falso. Anche due persone, particolarmente legate tra loro, possono vivere dei "momenti magici" comuni - siano essi dovuti all'inconscia attrazione amorosa o alla malinconica percezione della separazione imminente: così accade nei versi di Domenico Gnoli, Vincenzo Fago e Amalia Guglielminetti. In altre contestualità, è una base musicale particolarmente fascinosa a creare un'atmosfera sognante che fa pensare ad un mondo "altro" (si leggano, a tal proposito, le poesie di Diego Angeli e Enrico Panzacchi); ciò può accadere pure ascoltando il canto di una sirena - e quindi di un essere fantasioso - capace di ammaliare chiunque lo percepisca (Rimpianto di Gustavo Botta) o quello melodioso degli uccelli (Già declinava il giorno di Tito Marrone).



Poesie sull'argomento

Diego Angeli: "Mentre suonava un violino" e "Armonie di una notte d'agosto" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903" (1904).
Peleo Bacci: "Sulla Tàzzera" in "Dai nostri poeti viventi" (1903).
Gino Borzaghi: "Andante e recitativo" in "Sinfonie luminose" (1893).
Gustavo Botta: "Rimpianto" in "Alcuni scritti" (1952).
Giovanni Camerana: "Capovolti si specchiano" e "Note morenti" in "Poesie" (1968).
Enrico Cavacchioli: "Le scope" in "Le ranocchie turchine" (1909).
Guglielmo Felice Damiani: "Fuga di treno lontano" in "Lira spezzata" (1912).
Gabriele D'Annunzio: "L'esempio" in "Poema paradisiaco" (1893).
Adolfo De Bosis: "La selva si sfronda..." in "Amori ac silentio e Le rime sparse" (1924).
Luigi Donati: "Poema Epico" e "Poema Lirico" in "Le ballate d'amore e di dolore" (1897).
Vincenzo Fago: "Chiostro di S. Giovanni" in "Discordanze" (1905).
Aldo Fumagalli: "Vagando" in "Arcate" (1913).
Diego Garoglio: "Riflesso" in "Sul bel fiume d'Arno" (1912).
Ugo Ghiron: "Momento" in "Poesie (1908-1930)" (1932).
Luisa Giaconi: "L'ora divina" e "Parole della solitudine" in "Tebaide" (1912).
Cosimo Giorgieri Contri: "Settembre antico" in "Il convegno dei cipressi e altre poesie" (1922).
Cosimo Giorgieri Contri: "L'ultima gioia" in "Primavere del desiderio e dell'oblio" (1903).
Domenico Gnoli: "Nel viale" in "Jacovella" (1905).
Corrado Govoni: "Sul Pincio" in "Le Fiale" (1903).
Amalia Guglielminetti: "Vortice" in "Le Seduzioni" (1909).
Virgilio La Scola: "Meriggio Estivo" in "La placida fonte" (1907).
Tito Marrone: "Già declinava il giorno" in "Le rime del commoato" (1901).
Arturo Onofri: "Leziosaggine" in "Poesie edite e inedite (1900-1914)" (1982).
Angiolo Orvieto: "L'abisso" in "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya" (1898).
Nino Oxilia: "Nella foresta dove l'ombra appare" in "Canti brevi" (1909).
Nino Oxilia: "Io porto in me un'oasi di luce" in "Gli orti" (1918).
Enrico Panzacchi: "O prediletta!..." in "Poesie" (1908).
Giuseppe Piazza: "L'aurora" in "Le eumenidi" (1903).
Yosto Randaccio: "Attimi" in "Poemetti della convalescenza" (1909).
Antonio Rubino: "Aurora vedica" in "Versi e disegni" (1911).
Sebastiano Satta: "Meriggio" in "Canti barbaricini" (1910).
Diego Valeri: "Lenta pel cielo passa..." in "Umana" (1916).
Diego Valeri: "Risveglio" in "Crisalide" (1919).
Mario Venditti, "Gli infermieri dell'anima in esilio" in "Il cuore al trapezio" (1921).
Remigio Zena: "Rondò" in "Tutte le poesie" (1974).



Testi

L'ORA DIVINA
di Luisa Giaconi

Un'ora, fra le torbide e dolenti,
e quelle che l'amaro tedio annera,
e quelle che ti son gioghi possenti,

un'ora splende; ed è profonda e vera
tanto, che allora quando ella si schiude,
vivi tu, solo; - e tutto il resto è nera,

è sconfinata vanità che illude.

L'ora muta in cui tu lento cammini
lungo le solitudini pensose
de' sogni; e vedi lampeggiar destini

nuovi da lunge, e senti imperiose
gioie chiamarti; e senti che la vita
tu tieni e avvinci e da le luminose

labbra suggi la sua forza infinita...

Quest'ora è eterna. Lunghe, ebre, tenaci
(non forse il tuo fremito eterno, Amore?)
ti cerchian spire tepide di baci;

e, come canto in vastità sonore,
la giovinezza tua palpita e sale
a fiotti a fiotti dal tuo chiuso cuore,

con un ritmo che a te sembra immortale.

Bevi quest'ora. E non sii tu per nulla
credulo che al di là palpiti e viva
cosa alcuna; ma l'ombra, arida e nulla.

Che tu, quando su te scenda tal viva
Grazia, sei il mago eterno che profondi
l'ombra e la fiamma e al cui cenno s'avviva

tutta l'immensa voluttà dei mondi.

(da "Tebaide")




ATTIMI
di Yosto Randaccio

Che senso di cose lontane
nel cielo, stamane!

Il cielo è perlato;
il Tevere immoto,
senza ànsito di correntìa!
Che ascolto?
Non ò più coscienza
de l'anima mia: sono astratto.
Nel mondo non s'ode più nulla.
Silenzio profondo infinito:
ogni senso vivente è sopito:
è stupefatto.

È questo l'aprile ch'io sogno!
Lo presentivo nel male.
Questa infinita tristezza
che trema per ogni mia vena,
questa corrente d'oblio
che scende da vette lontane,
quest'ombre di fascinamento
che vengono forse da lei,
quest'ora fatale,
la vidi nel cuore!

Un'urna ne l'abbandono,
un rivo che scende senza suono,
un mare senza maretta,
una bocca senza parola,
possono esprimere, forse,
questa stupefazione,
questo solenne sopore,
quest'infinito ristagno, questo morire
d'ogni senso di vita
nel cuore del mondo!

(da "Poemetti della convalescenza")


Odilon Redon, "Evocation"
(da questa pagina Web)


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