Sotto la dicitura
"momenti magici", ho qui riunito una serie di componimenti poetici
risalenti all'ultima decade dell'Ottocento e al primo ventennio del Novecento,
in cui emergono in modo preponderante atmosfere, situazioni ed eventi che
posseggono dei requisiti ultraterreni; i poeti si trovano di fronte a
spettacoli della natura o comunque a visioni di vario genere, dove è presente
qualcosa che va al di fuori della comprensione umana; in alcuni casi, si fa
riferimento al passato, anche quello più remoto, pur rimanendo nell'ambito di
descrizioni di eventi al di fuori del normale. Questi poeti non danno una
spiegazione ai fatti di cui parlano, ma si lasciano ipnotizzare ed estasiare da
essi; dimostrando così la loro simpatia verso l'irrazionalità, la magia, il
misticismo e l'esoterismo. Passando ad alcuni esempi, nei versi di Giovanni
Camerana e Cosimo Giorgieri Contri è la stagione autunnale che, coi suoi
infiniti fascini, fa nascere sensazioni inaudite, pensieri eterei e ricordi
malinconici; alla stessa maniera, pur con caratteristiche differenti, può
essere la stagione primaverile (Sul
Pincio di Corrado Govoni; Attimi
di Yosto Randaccio) o quella estiva (Meriggio
Estivo di Virgilio La Scola; Vagando...
di Aldo Fumagalli) a suscitare stupori e sensazioni trascendenti. Nelle poesie
di Enrico Cavacchioli e Mario Venditti alcuni oggetti improvvisamente si
animano, si muovono e compiono azioni impossibili, riconducibili ad un mondo
favoloso o comunque alquanto fantasioso. Nei versi di Gabriele D'Annunzio, Gino
Borzaghi e Angiolo Orvieto, protagonisti sono esseri umani misteriosi, maschili
o femminili, non bene identificabili, che a volte posseggono poteri occulti,
impensabili e divini. Nella poesia di Adolfo De Bosis si assiste al
ribaltamento di una serie di situazioni sfavorevoli che fa pensare ad un
intervento divino, o per lo meno a qualcosa di soprannaturale, in grado di
intervenire quando tutto sembra ormai perduto. Ci sono poi altre poesie come Fuga di treno lontano di Guglielmo
Felice Damiani e Riflesso di Diego
Garoglio, dove la visione di un treno che passa o soltanto il ricordo di un
viso fanno scaturire una serie d'immagini e di sentimenti vivi e forti, che per
la loro imprevedibilità posseggono anch'essi un che di magico. Ed è la stessa
magia de L'ora divina descritta in
modo superlativo da Luisa Giaconi, pur nella consapevolezza che l'incantesimo
duri poco e sia del tutto falso. Anche due persone, particolarmente legate tra
loro, possono vivere dei "momenti magici" comuni - siano essi dovuti
all'inconscia attrazione amorosa o alla malinconica percezione della
separazione imminente: così accade nei versi di Domenico Gnoli, Vincenzo Fago e
Amalia Guglielminetti. In altre contestualità, è una base musicale
particolarmente fascinosa a creare un'atmosfera sognante che fa pensare ad un
mondo "altro" (si leggano, a tal proposito, le poesie di Diego Angeli
e Enrico Panzacchi); ciò può accadere pure ascoltando il canto di una sirena -
e quindi di un essere fantasioso - capace di ammaliare chiunque lo percepisca (Rimpianto di Gustavo Botta) o quello
melodioso degli uccelli (Già declinava il
giorno di Tito Marrone).
Poesie sull'argomento
Diego Angeli:
"Mentre suonava un violino" e "Armonie di una notte
d'agosto" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903" (1904).
Peleo Bacci:
"Sulla Tàzzera" in "Dai nostri poeti viventi" (1903).
Gino Borzaghi:
"Andante e recitativo" in "Sinfonie luminose" (1893).
Gustavo Botta:
"Rimpianto" in "Alcuni scritti" (1952).
Giovanni Camerana:
"Capovolti si specchiano" e "Note morenti" in
"Poesie" (1968).
Enrico Cavacchioli:
"Le scope" in "Le ranocchie turchine" (1909).
Guglielmo Felice
Damiani: "Fuga di treno lontano" in "Lira spezzata" (1912).
Gabriele D'Annunzio:
"L'esempio" in "Poema paradisiaco" (1893).
Adolfo De Bosis:
"La selva si sfronda..." in "Amori ac silentio e Le rime
sparse" (1924).
Luigi Donati:
"Poema Epico" e "Poema Lirico" in "Le ballate d'amore
e di dolore" (1897).
Vincenzo Fago:
"Chiostro di S. Giovanni" in "Discordanze" (1905).
Aldo Fumagalli:
"Vagando" in "Arcate" (1913).
Diego Garoglio:
"Riflesso" in "Sul bel fiume d'Arno" (1912).
Ugo Ghiron:
"Momento" in "Poesie (1908-1930)" (1932).
Luisa Giaconi:
"L'ora divina" e "Parole della solitudine" in
"Tebaide" (1912).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Settembre antico" in "Il convegno dei cipressi e altre
poesie" (1922).
Cosimo Giorgieri
Contri: "L'ultima gioia" in "Primavere del desiderio e
dell'oblio" (1903).
Domenico Gnoli:
"Nel viale" in "Jacovella" (1905).
Corrado Govoni:
"Sul Pincio" in "Le Fiale" (1903).
Amalia
Guglielminetti: "Vortice" in "Le Seduzioni" (1909).
Virgilio La Scola:
"Meriggio Estivo" in "La placida fonte" (1907).
Tito Marrone: "Già declinava il giorno" in
"Le rime del commoato" (1901).
Arturo Onofri:
"Leziosaggine" in "Poesie edite e inedite (1900-1914)"
(1982).
Angiolo Orvieto:
"L'abisso" in "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya" (1898).
Nino Oxilia: "Nella foresta dove l'ombra appare"
in "Canti brevi" (1909).
Nino Oxilia: "Io
porto in me un'oasi di luce" in "Gli orti" (1918).
Enrico Panzacchi:
"O prediletta!..." in "Poesie" (1908).
Giuseppe Piazza:
"L'aurora" in "Le eumenidi" (1903).
Yosto Randaccio:
"Attimi" in "Poemetti della convalescenza" (1909).
Antonio Rubino:
"Aurora vedica" in "Versi e disegni" (1911).
Sebastiano Satta:
"Meriggio" in "Canti barbaricini" (1910).
Diego Valeri: "Lenta
pel cielo passa..." in "Umana" (1916).
Diego Valeri:
"Risveglio" in "Crisalide" (1919).
Mario Venditti,
"Gli infermieri dell'anima in esilio" in "Il cuore al
trapezio" (1921).
Remigio Zena:
"Rondò" in "Tutte le poesie" (1974).
Testi
L'ORA DIVINA
di Luisa Giaconi
Un'ora, fra le
torbide e dolenti,
e quelle che l'amaro
tedio annera,
e quelle che ti son
gioghi possenti,
un'ora splende; ed è
profonda e vera
tanto, che allora
quando ella si schiude,
vivi tu, solo; - e
tutto il resto è nera,
è sconfinata vanità
che illude.
L'ora muta in cui tu
lento cammini
lungo le solitudini
pensose
de' sogni; e vedi
lampeggiar destini
nuovi da lunge, e
senti imperiose
gioie chiamarti; e
senti che la vita
tu tieni e avvinci e
da le luminose
labbra suggi la sua
forza infinita...
Quest'ora è eterna.
Lunghe, ebre, tenaci
(non forse il tuo
fremito eterno, Amore?)
ti cerchian spire
tepide di baci;
e, come canto in
vastità sonore,
la giovinezza tua
palpita e sale
a fiotti a fiotti dal
tuo chiuso cuore,
con un ritmo che a te
sembra immortale.
Bevi quest'ora. E non
sii tu per nulla
credulo che al di là
palpiti e viva
cosa alcuna; ma
l'ombra, arida e nulla.
Che tu, quando su te
scenda tal viva
Grazia, sei il mago
eterno che profondi
l'ombra e la fiamma e
al cui cenno s'avviva
tutta l'immensa
voluttà dei mondi.
(da
"Tebaide")
ATTIMI
di Yosto Randaccio
Che senso di cose
lontane
nel cielo, stamane!
Il cielo è perlato;
il Tevere immoto,
senza ànsito di
correntìa!
Che ascolto?
Non ò più coscienza
de l'anima mia: sono
astratto.
Nel mondo non s'ode
più nulla.
Silenzio profondo
infinito:
ogni senso vivente è
sopito:
è stupefatto.
È questo l'aprile
ch'io sogno!
Lo presentivo nel
male.
Questa infinita
tristezza
che trema per ogni
mia vena,
questa corrente
d'oblio
che scende da vette
lontane,
quest'ombre di
fascinamento
che vengono forse da
lei,
quest'ora fatale,
la vidi nel cuore!
Un'urna ne
l'abbandono,
un rivo che scende
senza suono,
un mare senza
maretta,
una bocca senza
parola,
possono esprimere,
forse,
questa stupefazione,
questo solenne
sopore,
quest'infinito
ristagno, questo morire
d'ogni senso di vita
nel cuore del mondo!
(da "Poemetti
della convalescenza")
Odilon Redon, "Evocation" (da questa pagina Web) |
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