Il tema delle
domeniche malinconiche, tanto caro ai crepuscolari, è quello di La mia triste vita, quartultima poesia
della sezione Vagabonde che chiude la
raccolta Arie paesane, pubblicata
dall'editore Taddei in Ferrara nel 1920, e che può essere considerata la più
famosa di Sandro Baganzani (Verona 1889 - ivi 1950).
Una marcata
sofferenza dovuta alla malinconia che si diffonde nell'aria della solita,
ripetitiva domenica in un paese della provincia italiana fa desiderare al poeta
un'evasione procurata magari da un ubriacatura o dalla lettura di un romanzo
appassionante, o ancora dal ricordo di un intenso amore passato. Poi Baganzani
paragona la sua vita ad un canale squallido e infine invoca di nuovo l'alcol
per dimenticare. Si può affermare che l'autore di questi versi sia uno tra i
maggiori prosecutori del crepuscolarismo, i cui elementi principali è facile
trovare, soprattutto nelle sue poesie degli anni venti del XX secolo.
LA MIA TRISTE VITA
Questa giornata
domenicale che gronda
malinconia di lumi
nel canale morto
del chiasso delle
campane,
le grida dei
venditori ambulanti,
il piffero che fa
ballare gli amanti sul piazzale,
è come un lento male
che si attacca ai
distanti,
il male della
domenica.
Vorrei ubbriacarmi
per non pensare:
entrare nella osteria
dove si beve il vino
di San Martino:
dare dei grandi pugni
sulla tavola
per coprire il rumore
dell'armonica:
avere un garofano
all'occhiello come loro
che riderebbero certo
dei nomi strambi che
vi ò dato,
Rosachiara,
Chiomadoro.
Decadenza!
Nella mia camera
immensa
piangere su di un
romanzo:
come se i gialli
cartocci delle foglie
che riempiono i viali
mi portino via
qualchecosa
di molto caro,
che non so bene in
fondo cosa sia:
e forse è l'ombra
della tua veste
che dilegua,
forse è il profumo
del tuo seno di
bambina
sotto la batista e la
mussolina,
forse è la dolcezza
delle parole
che ci scrivemmo un
giorno
che non ci diremo
più.
Perchè la mia vita
è come questo canale
che porta i fanali
uno dietro l'altro,
in processione,
dove vengono a bere
i cavalli stracchi dei
vetturali
(in primavera
vi si buttano anche
ad annegare
i gattini delle
povere gatte
senza latte!)
la mia vita!
Ubbriacarmi, per non
pensare.
(da "Arie
paesane" di Sandro Baganzani, A. Taddei & Figli, Ferrara 1920, pp.
101-102)
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