martedì 12 giugno 2018

Gabbiani


Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch'essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.





È stata una delle prime poesie che ho letto di Vincenzo Cardarelli (Corneto Tarquinia 1887 - Roma 1959); si trova alla pagina 60 del volume Opere, stampato dalla Mondadori di Milano nel 1993; ma è facile trovarla in molte antologie della poesia italiana del Novecento. Io la lessi - e subito fu di mio gradimento - in un'antologia per le scuole medie inferiori. Molto breve, ha il pregio di esprimere dei pensieri limpidi, che accomunano la migliore umanità. Parla dei gabbiani: uccelli bellissimi che è facile vedere nelle spiagge italiane o in mare; ma, ahimè, oggi non è raro incontrarli anche in città, nei pressi dei cumuli di rifiuti che intristiscono numerosi paesaggi urbani. Qui il poeta paragona sé stesso agli uccelli, di cui, pur non sapendo alcune abitudini, è a conoscenza del loro insistito, continuo volare nei cieli; sa anche del modo strano che adottano quando devono catturare dei pesci: una volta adocchiata la preda, si fiondano su di essa nel momento in cui si trova più vicina alla superficie dell'acqua, per poi afferrarla col potente becco e quindi ritornare a volare più in alto per mangiarsela. Come i gabbiani volano continuamente e, apparentemente senza meta, così il poeta vive sempre in modo inquieto, alla ricerca di qualcosa che non sa, non riesce a capire; e così come questi uccelli accarezzano la superficie dell'acqua per cacciare, il poeta si pone di fronte alla propria esistenza, non riuscendo a viverla a pieno ma soltanto marginalmente. Infine, alla stessa stregua dei gabbiani, che amano la quiete marina, anch'egli ama la vita tranquilla, pur essendo conscio del triste destino che lo perseguita: non trovare mai la pace agognata. Penso che questa meditazione l'abbiano fatta miriadi di esseri umani amanti del quieto vivere, che, per cause imponderabili sono costretti a barcamenarsi in situazioni di disagio e di ostilità esterne, continuando a sperare, anche fino alla morte, di trovare almeno un periodo di quiete nella loro agitata esistenza. E chissà quanti, tra di essi, hanno invidiato qualche specie di animale, che a differenza degli umani, trascorre la sua esistenza in modo pacifico e quieto, senza problemi esistenziali, né ansie o preoccupazioni di qualunque tipo.

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