Muore il ragazzo
un poco
Ogni giorno per
giuoco.
Per giuoco morde
invano
Il cavo della
mano.
Trascorre le
vacanze ebbro
Tra i maceri
cespi di papaveri
Steso sul letto
per noia
E diletto a
guardare le travi.
Ma lo stornano
ombre
Solitarie nel
cielo della stanza,
Labili ombre
passeggere
sul soffitto. È
l' ariete
Che batte
ostinato le corna
A capofitto nella
quiete.
Questa poesia di
Leonardo Sinisgalli fa parte del volume Vidi
le Muse, Mondadori, Milano 1943. Io l'ho trascritta da un ristampa del
1997, che è stata pubblicata dall'editore Avagliano di Cava de' Tirreni (si
avvale anche delle preziosissime note critiche di Renato Aymone). È l'ultima
della prima parte della sezione Il
cacciatore indifferente. Fin dal primo verso si avvertono degli echi
appartenenti alla poetica dei crepuscolari, in particolare a quella di Sergio
Corazzini. Il "sentirsi morire ogni giorno" del poeta romano, diviene
qui decisamente meno drammatico, come si evidenzia dal secondo verso (per giuoco) che conferisce all'azione
del ragazzo un significato assai più leggero. Piuttosto che un'attività ludica,
appare come un tic, invece, il mordersi la mano che, pure, nei versi viene paragonato ad un gioco. Anche la descrizione seguente, relativa alle giornate
di vacanza del ragazzo, che ha trascorso quasi interamente disteso su un letto annoiandosi a morte, ricordano in parte certe poesie crepuscolari di Corrado
Govoni come Noia (dalle Fiale) o [Quante ore trascorse senza luce] (da Armonia in grigio et in silenzio) e che ben rappresentano un
malessere esistenziale già presente in Sinisgalli adolescente, il quale, da
quanto ho appreso, era già un assiduo lettore e un fervido ammiratore della poesia
dei crepuscolari.
Frontespizio del volume "Vidi le Muse" di Leonardo Sinisgalli, a cura di Reanto Aymone, Avagliano, Cava de' Tirreni 1997. |
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