Nacque a Firenze nel
1869 e ivi morì nel 1967. Grazie alle ottime condizioni economiche della sua
famiglia ebbe modo di dedicarsi con passione e assiduità alla letteratura.
Fondò due riviste: Vita nuova, che,
malgrado prestigiose collaborazioni, ebbe breve durata, e Il Marzocco: uno dei periodici più importanti d'inizio Novecento,
che ebbe il merito di contribuire in modo fondamentale al rinnovamento della
poesia italiana. Come poeta Orvieto iniziò dimostrandosi convinto pascoliano,
ma molti suoi versi mostrano anche descrizioni di luoghi esotici, nati in
seguito ai molti viaggi effettuati dal poeta toscano. Svariati sono anche i
componimenti che tendono a decantare la Toscana: regione alla quale l'Orvieto
si sentì sempre ben radicato e che amò moltissimo. Nelle ultime raccolte
emergono pensieri e argomenti legati alla sua adesione al sionismo. Fu anche
autore di alcuni egregi libretti per opere liriche.
Opere poetiche
"Sposa mistica e
altri versi", F.lli Bocca, Firenze 1893.
"La
maggiolata", Civelli, Firenze 1895 (con Pietro Mastri).
"La sposa
mistica. Il velo di Maya", Treves, Milano 1898.
"Verso
l'Oriente", Treves, Milano 1902 (2° edizione, Bemporad & figlio,
Firenze 1923).
"Le sette
leggende", Treves, Milano 1912 (2° edizione, Bemporad, Firenze 1921).
"Primavere della
cornamusa", Bemporad, Firenze 1925.
"Il vento di
Sion", Israel, Firenze 1928.
"Il gonfalon
selvaggio", Mondadori, Milano 1934.
"Il vento di
Sion e I canti dell'escluso", Turolla, Roma 1961.
"Poesie
scelte", Olschki, Firenze 1979.
Presenze in antologie
"Dai nostri
poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903
(pp. 288-293).
"I Poeti
Italiani del secolo XIX", a cura di Raffaello Barbiera, Treves, Milano
1913 (pp. 1278-1280).
"Antologia della
lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano
1923 (pp. 424-426).
"La fiorita
francescana", a cura di Tommaso Nediani, Istituto italiano d'arti
grafiche, Bergamo 1926 (pp. 229-230; 334-335).
"Le più belle
pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe, Carabba,
Lanciano 1928 (vol. VI, pp. 3-13).
"I poeti minori
dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958 (vol.
IV, pp. 350-352).
Testi
MARCIA LUGUBRE
Le nubi affittian
senza posa
al cielo notturno il
suo vel,
e in linea lunga,
dogliosa
gemeano i fanali nel
gel.
In fievole lume i
fanali
gemean; mezzanotte
scoccò
e il primo dei
lugubri pali
la tenue fiammella
agitò.
Al cenno, tre volte
si scosse
ogni altra fiammella
e assentì,
il primo fanale si
mosse
e ognun lento lento
seguì.
Il vento fischiava
fischiava,
le nubi addensavansi
ancor,
e il cupo corteo
seguitava
la marcia lentissima
ognor.
Movean lungo un
tacito fiume
le smorte fiammelle
pel ciel,
riflesso dell'acque
un barlume
più smorto seguiva
fedel.
Alfine la schiera
dolente
dal fiume nei boschi
passò;
pei boschi infinita,
silente,
spandendosi tutta,
sostò.
Discese la candida
neve,
le nere boscaglie
coprì;
gli smorti fanali,
giù lieve
calando, d'estinguer
finì.
La neve ogni cosa
sommerse,
nascose ogni cosa nel
cuor,
i boschi e i canali
coperse
d'immane, d'algente
candor.
(Da "Sposa
mistica e altri versi")
PENDOLA FRA I BOSCHI
La pendola del
settecento,
impaurita ai clamori
del vento
fra i solitari abeti,
pare che tremi quando
dal timido cuore
d'argento
sospira un lamento
blando,
le ore annoverando.
Non solea noverar
l'ore a poeti
che ascoltassero il
gran fremito arcano
della foresta come un
mar lontano;
a poeti cui fosse
allegro suono
il correre pei cieli
alti del tuono
e l'ampio sibilar
della foresta
nella tempesta.
Oh dame incipriate
nella sala lontana,
ove fra ninnoli di
porcellana
la pendola del
settecento
col suo tintinno
d'argento
soleva in ritmo
modular gl'inchini
dei damerini!
Ma forse un qualche
giorno,
fra i cappelli a
tricorno,
le candide parrucche
e gli spadini,
vide il sorriso amaro
del Parini.
(Da "Verso
l'Oriente", 1902)
Nessun commento:
Posta un commento