E tra gli animali
domestici più cari agli uomini non possono essere dimenticati i cavalli.
Utilissimi, servili, imponenti, silenziosi, eleganti, bellissimi... quanti altri aggettivi
si potrebbero trovare per i mammiferi maggiormente utilizzati dagli uomini.
Prima dell'avvento dei motori i cavalli costituivano il principale mezzo di
trasporto; sono stati anche usati per fare vari lavori, soprattutto nell'ambito
agricolo e, infine, nello sport, vista la loro ubbidienza e le loro formidabili
capacità. Ma a me piace vederli, quando mi capita di andare in campagna, nei
campi recintati, seppure non del tutto liberi di spaziare e di nutrirsi su un
terreno erboso, tranquilli e beati, lontani dagli stress a cui troppo spesso li
costringono gli uomini.
IL MORELLO
di Andrea Agueci
(1906-2002)
Nacque vestito a
lutto: ché, rannicchiato ancora nel grembo materno,
natura gli stampò sul
tenero corpo un nero suggello.
E ancor polledro (il
suo pelo rilucea come la pece e i suoi fianchi erano snelli come quelli de'
levrieri),
fu attaccato ad un
carro funebre.
Veste di lutto, la
sua; ma, sotto quel nero, scorrevan purpurei fiotti di vita.
Le strade bianche,
diritte, sterminate gli davano una smania folle di correre,
correre tagliando
l'aria come una rondine,
e gittando acuti
nitriti.
Invece, a tirare il
cupo e grande carro,
stretta sempre al
morso la bocca fremente,
doveva andar
taciturno, a passi brevi,
strascinando l'ossa
barcollanti del suo compagno.
E che tristezza quel
silenzio e tutte quelle donne che s'affacciavano alle siepi,
con gli occhi pieni
di lagrime, e mormoravano requiem!
(Certe vittime, per
rattristarlo di più,
anche gli alberi che
fiancheggiavan la strada,
lagrimavano gocciole
di pioggia e sussurravano requiem).
Oh certo egli avrebbe
voluto, un gagliardo garzone cavalcandolo,
che, al suo veloce
passaggio,
si fosse affacciata a
una siepe la florida amata,
e contro il viluppo
schiumante e urlante d'ebbrezza nel vento,
avesse per gioco
scagliato un pugno di rose vermiglie
e i sonaglietti
d'argento della sua voluttuosa risata!
(Da
"Crocevia", Studio Editoriale Moderno, Catania 1932)
UNA CAVALLA
di Attilio Bertolucci
(1911-2000)
Una cavalla sola
Pascola
In una radura
Si fa notte
La luna brilla
Nell’aria serena
Vagamente splende
Respira con il muso
alto
I profumati effluvi
Della notte che viene
Comincia un piccolo
trotto
Grazioso e musicale
Già è notte
E nulla più si vede
Intorno.
(Da
"Sirio", Minardi, Parma 1929)
GIOCHI, 2
di Massimo
Bontempelli (1878-1960)
Felicità che cavalchi
il cavallo
cavallo di legno coda
di stoppa.
In un angolo
quattro tony
in giro in giro
l'un mette
all'altro in testa un cappello,
Felicità.
E tu cavalcando
precipiti a terra
- oh il cavallo di
legno e di stoppa era vivo -
mentre
nell'angolo
i quattro tony
han buttato i cappelli
ma in giro in
giro
continuano a
mettersi in testa l'un l'altro
niente,
Felicità.
Muori pensando: - fu
bello
galoppare sul mio
purosangue
che m'ha portato
all'eternità -
Il Purosangue
che in mezzo dondola
è nell'angolo
quattro cappelli
senza tony girano
girano intorno
su teste di niente,
Felicità.
(Da "Il
Purosangue", Facchi, Milano 1919)
SE NE VANNO I CAVALLI
di Raffaele Carrieri
(1905-1984)
Come spavaldi ragazzi
castani
Se ne vanno i cavalli
Alle facili terre
dell'acqua
E non si voltano a
guardarmi.
No che non si
voltano,
I cavalli dal cuore
di argento
Non si voltano a
guardarmi.
Più allegri degli
zingari
Alla fine di un
bottino
Se ne vanno i cavalli
Sentendo da lontano
il mare
Come gli zingari il
rame.
Se ne vanno i cavalli
E non si voltano a
guardarmi.
No che non si
voltano.
I cavalli dal cuore
d'argento
Non si voltano a
guardarmi.
(Da
"Stellacuore", Mondadori, Milano 1970)
IL CAVALLO
di Giovanni Alfredo
Cesareo (1860-1937)
Talora sobbalzando
ascolto
In sogno un remoto
galoppo
Che sordo, continuo,
disciolto,
Ruina su me senza
intoppo.
Mi volgo a spiarlo,
ma troppo
Nereggia la tenebra
spessa,
E tutto m'accoscio in
un groppo,
L'orecchia alla pésta
che appressa.
Il cuore tremante non
cessa
Che non mi si sbatta
nel petto,
Ond'io, per placarne
la ressa,
Com'orbo a fuggire mi
metto.
Ma sento le gambe in
difetto
Piegare sotto la
persona:
S'è il buio da torno
ristretto
E d'orridi scalpiti
suona.
Già parmi avvistare
la prona
Cervice dell'atro
cavallo
Che slungasi, e zolfo
sprigiona
Dagli occhi, né mette
unghia in fallo.
Un attimo: e in breve
intervallo
Già spare tra il
rigno fremente
E me, che smarrito
traballo
Per l'ansia dell'urto
imminente.
Sferzato dal rombo
crescente,
Precipito in cerca di
scampo:
L'ignoto cavallo si
sente,
Ma non se ne scerne
lo stampo;
E ognora così, senza
un lampo
Su' selci o un
nitrito nel vento,
Chi sa per qual
magico inciampo,
Incalza lo
scalpitamento
Né giunge: morire io
mi sento
Né muoio: agghiadito,
stravolto,
Oppresso dal
soffocamento
Di chi, vivo ancora,
è sepolto.
(Da "I canti di
Pan", Zanichelli, Bologna 1920)
NOZZE DI CAVALLI
di Libero De Libero
(1906-1981)
Vanno a nozze i
cavalli
e la pianura è di
biade,
alle criniere
conviene il vento,
si dedica il cielo
per gli occhi.
Ondosi nei fianchi li
adorna
ancora un fasto
marino,
il sole invoglia le
rapide
schiene alla lotta
per un fiato d'erba
ai ginocchi.
Nel giorno si gloria
l'inno
delle teste e sono
gli echi
guerrieri tra i denti
aperti,
ora del sangue è
sciolta la frusta.
(Da "Scempio e
lusinga", Mondadori, Milano 1972)
UN CAVALLO
di Ofelia Mazzoni
(1883-1935)
Con occhi bruciati di
pianto,
vedo - ora - un
dolore peggiore
di quello che soffro:
un cavallo stracco,
malato
(un'ugna è ravvolta
di stracci)
sovraccaricato,
tutto teso e vibrante
di sforzo,
discoperto il
giallore dei denti
in un ghigno di fiera
agonia.
Appetto a me, che ho
parole
e singhiozzi per il
mio male,
la bestia che soffre
e non piange,
la bestia malata e
legata
corporalmente al
tormento,
più grande è al
dolore! s'aderge
silenziosa imagine
viva
di maledizione per
l'uomo,
che crudelissimo è
su tutte le creature
e tutte le cose esistenti
e gli stessi ciechi
elementi.
(Da "Verso la
foce", Treves, Milano 1921)
IL CAVALLO
di Roberto Roversi
(1923-2012)
Freme la fonte,
s’abbevera il
cavallo.
Fra il cavallo che
beve, succhiando
avido e ampio, e io
che guardo
non c’è differenza
alcuna.
Anch’egli trasalisce
a quest’aria dorata
che si spinge
neghittosa, verso la
campagna.
Gioioso vento
d’aprile.
Alza il muso grondante,
inarca
le orecchie e
ascolta.
Con una mano sfioro
il suo morbido dorso.
Maestà della natura,
arcana
artefice. Quali
tempeste
o gioie lo agitano?
quali richiami?
la voce che lieve
si insinua fra
l’erbe,
o l’odore, il sapore
aspro
della femmina?
S’avventa con un
nitrito per il sentiero.
(Dalla rivista
«Officina», maggio 1955)
IL POLEDRO
di Sebastiano Satta
(1867-1914)
Meraviglia a vederlo!
la cervice
Stellante tra la
nitida criniera
Erse il poledro,
schiusa la narice
Ai soffi ardenti
della primavera.
Nessun dei
giovinetti, audace schiera
Di ardimenti e di
prove sfidatrice,
Osava premer quella
groppa nera
Come il tormento e
correr la pendice.
— Gloria a chi primo
lo cavalca! — disse
Il vecchio. Ai
giovinetti tremò il cuore.
Allor nella criniera
gli confisse
Egli l’artiglio, e
saldo in groppa come
Un drago, sparì via
col corridore,
Dritto il bel capo
tra le grigie chiome.
(Da "Canti
barbaricini", La Vita Letteraria, Roma 1910)
HO INTRAVISTO IL
CAVALLO
di Toti Scialoja (1914-1998)
Ho intravisto il
cavallo
ritto e fermo sul
prato
affiancato ad un
altro
orientato all'inverso
- il passaggio a
livello
era levato - un
bianco
e un nero
nell'incastro
che sbarra il mondo
perso.
(Da "Le sillabe
della Sibilla", Scheiwiller, Milano 1988)
Giovanni Fattori, "Cavallo tirando un carro" (Da https://commons.wikimedia.org/wiki/File%3AGiovanni_Fattori_052.jpg) |
Nessun commento:
Posta un commento