"Il cane è il
migliore amico dell'uomo": questa si può definire una frase fatta, ma
descrive una realtà incontestabile, poiché, se è vero che l'amico umano più
sincero potrebbe rivelarsi tutt'altro, il cane è fedele di natura e il
tradimento non fa parte del suo DNA. Forse, la sua pecca sta nel fatto che
regala facilmente amicizia e fedeltà anche a chi non le merita affatto; ad
esempio a quegli esseri inqualificabili che lo abbandonano in strada perché non
si divertono più a tenerlo in casa o perché devono partire per la
villeggiatura. Come il gatto, anche il cane non è amato da tutti perché
rumoroso (quindi fastidioso) e, in alcuni casi, perché troppo aggressivo.
Sappiamo però che in moltissime circostanze, il carattere del cane si adegua a quello
del padrone, il quale, indirizzando l'animale verso determinati comportamenti
con gli estranei, è diretto responsabile di tutto ciò. Nelle dieci poesie che
seguono si noterà, in più di un caso, l'intenzione di sottolineare la bontà dei
cani, anche di quelli che all'apparenza sembrano cattivi perché ringhiano e
abbiano. C'è poi chi si sofferma ad osservare i comportamenti del proprio cane,
o chi cerca di dare una spiegazione a precisi atteggiamenti che assumono, in
particolari circostanze, questi animali domestici. C'è infine chi vuole mettere
in evidenza il legame strettissimo che può nascere tra un uomo e un cane: così
stretto da accomunare padrone ed animale come fosse un solo essere; e se dovesse venire a mancare uno dei due, di conseguenza verrebbe a mancare anche l'altro.
IL CANE LIEBE
di Luigi Bartolini
(1892-1963)
Durante la strada si
divertì
quanto noi, come noi,
il cane Liebe,
corse dietro a
ramarri, a lucertole
e, pei nascosti fra
crepe del solleone,
ruspò la terra,
squassò le buche;
poi ritrovò una gazza
morta dove era
un groviglio di rami,
soto una quercia;
e andò
dilindoleggiandola per istrada
dinanzi a noi che, a
testa china,
seguivamo i nostri
pensieri.
(Da "Poesie
1911-1963", Rebellato, Padova 1964)
BUONGIORNO, CANI,
CIAO
di Dino Buzzati
(1906-1972)
Buongiorno, cani,
ciao
cagnolini cagnolini
cagnazzi
misterioso dono della
natura
a noi carogne.
Perché?
Incantevoli compagni
di viaggio
che ci fissate negli
occhi
con esagerata.
Belli come boschi
come il vento
girano su e giù per
la casa
come fiumi come rupi
come nuvole innamorate.
Belli quando ronfate
fate bave spazzate
immondizie.
Egoisti, sporchi,
noiosi
rompiscatole,
puzzolenti, ingordi,
sudicioni, petulanti,
tangheri,
Dio vi benedica.
(Da "Le
poesie", Neri Pozza, Venezia 1982)
CAREZZA AL CANE
di Paolo Buzzi
(1874-1956)
Cane, bontà degli
uomini perduta,
o fedeltà di tanti
falsi amici,
il mio cuore ti pensa
e ti saluta!
Questa vita di tedï e
malefici
te la dirò
dentr'un'orecchia, o cane,
che i miei segreti
ascolti e non li dici.
Le pupille tue fonde
e più che umane,
san la mia dolce
illusïon caduta.
E la tua testa è
calda come un pane...
(Da "Bel
canto", Studio Editoriale Lombardo, Milano 1916)
IL CANE
di Aldo Palazzeschi
(1885-1974)
Molti conosco che non
coltivano
eccessiva simpatia
per il cane
e denunciano per
prima cosa
quell'insistente
quanto noioso abbaiare.
Ma non è forse il suo
linguaggio
che noi
come già quello degli
Etruschi,
non riusciamo a
comprendere?
Udiste mai per la
campagna
durante la notte
quando da un casolare
abbaia un cane?
Dai casolari di
quella zona
ogni altro si mette
ad abbaiare
tanto da lasciar
credere
in un impianto
telefonico esemplare e incorruttibile.
E non farà lo stesso
effetto
il nostro eterno
cicalume
a chi nei nostri
confronti meglio di noi capisce?
Infatti, se voi
mettete un nome al vostro cane
con quello
infallibilmente risponde
e quando non risponde
v'informerà
con un moto
dell'orecchio impercettibile
che ha capito
perfettamente
ma che fa finta di
non sentire
perché occupato in
più importanti faccende.
(Da "Via delle
cento stelle", Mondadori, Milano 1972)
IL CANE NOTTURNO
di Giovanni Pascoli
(1855-1912)
Nell’alta notte sento
tra i queruli
trilli di grilli,
sento tra il murmure
piovoso del Serchio
che in piena
trascorre nell’ombra
serena,
là nell’oscura valle
dov’errano
sole, da niuno viste,
le lucciole,
sonare da fratte
lontane
velato il latrato
d’un cane.
Chi là, passando
tardo per tacite
strade, fra nere
siepi di bussolo,
con l’eco dei passi,
in un’aia
destava quel cane,
che abbaia?
Parte? ritorna?
Lagrima? dubita?
ha in cuor parole
chiuse che batton
col suono d’alterno
oriuolo?
ha un’ombra, ch’è
sola con solo?
Va! Va! gli dice la
voce vigile
sonando irosa di tra
le tenebre.
Traspare dagli alberi
folti
la casa, che sembra
che ascolti…
come tra il sonno,
chiuse le palpebre
sue grandi… L’uomo
dorme, ed un memore
suo braccio, sul
letto di foglie,
sta presso la florida
moglie.
E dorme nella zana di
vetrici
la bimba, e gli altri
piccoli dormono.
S’inseguono al buio
con ali
di mosche i loro
aliti uguali.
Uguali uguali,
passano tornano
con ronzìo lieve,
dentro le tenebre
cercandosi: e l’anime
ancora,
si cercano, sino
all’aurora,
per le ignorate
lunghe viottole
del sonno; e al fine
si ricongiungono;
e scoppia sul fare
del giorno
l’allegro vocìo del
ritorno.
(Da "Odi e
inni", Zanichelli, Bologna 1906)
OH NELLA NOTTE IL
CANE
di Sandro Penna
(1906-1977)
Oh nella notte il
cane
che abbaia di
lontano.
Di giorno è solo il
cane
che ti lecca la mano.
(Da
"Poesie", Garzanti, Milano 1997)
IL CANE SORDO
di Antonia Pozzi
(1912-1938)
Sordo per il gran
vento
che nel castello vola
e grida
è divenuto il cane.
Sopra gli spalti – in
lago
protesi – corre,
senza sussulti:
né il muschio sulle
pietre
a grande altezza lo
insidia,
né un tegolo rimosso.
Tanto chiusa e intera
è in lui la forza
da che non ha nome
più per nessuno
e va per una sua
segreta linea
libero.
(Da
"Parole", Garzanti, Milano 1989)
LA PIOGGIA RADA CADE
A LENTE GOCCE
di Beppe Salvia
(1954-1985)
la pioggia rada cade
e lente gocce
picchiano sul dorso
d'un can pastore
sordo e che il
pesante incedere
rende pauroso ai
bimbi che
visitano la villa,
e invece è buon
amico, lappa le mani
culla col muso i
cuccioli, perfino
il gatto bigio si
trastulla con l'ombra
di costui can che un
cartello
irriguardoso addita,
cave canem,
a fuggire, e invece
molce l'animo
il suo alito caldo,
danzano
gli occhi suoi e
dolce lume brillano -
poi corre presto via
inseguendo
un frullo d'ale oltre
lo steccato,
abbiamo una
fotografia,
Garibaldino!
(Da
"Estate", Il Melograno-Edizioni dell'Abete, Roma 1985)
BIANCHINA
di Leonardo
Sinisgalli (1908-1981)
Bianchina la slava
seminapulci, la
zingara
ha figliato nella
legnaia.
Porta i cuccioli
appresso
raminga per amore
di libertà. Rifiuta
il latte, ruba
per non mendicare,
ringhia per non farsi
lisciare.
(Da "Mosche in
bottiglia", Mondadori, Milano 1975)
MÀRTIN ANDAVA COL SUO
VECCHIO CANE
di Diego Valeri
(1887-1976)
Màrtin andava col suo
vecchio cane
per viottole di
monte.
L'uno a fianco
dell'altro, senza dire
motto, solo
scambiando qualche sguardo.
Ora non so del cane.
So che Màrtin
se n'è andato dal
mondo dei viventi.
Chissà se c'è laggiù
monti, sentieri
di bosco, cani: un
vecchio cane
che gli cammini al
fianco
in silenzio,
scambiando qualche occhiata.
(Da "Poesie
scelte", Mondadori, Milano 1977)
Arthur Wardle, Hunting dogs (from work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=45988263) |
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