Scampoli di letteratura dell'Ottocento e del Novecento, poeti dimenticati, vecchie antologie e altro ancora.
lunedì 22 luglio 2013
La poesia di Carlo Vallini
Un giorno è un poemetto che differisce completamente rispetto a La rinunzia; nel secondo volume in versi di Vallini diminuiscono di molto infatti i toni dannunziani e prevale l'elemento mistico, in particolare quello del buddismo, insieme ad una profonda e amara ironia (L'ironia non a caso è il titolo di uno dei capitoli del poemetto). Questa è da considerarsi sicuramente l'opera migliore del poeta milanese, che raggiunge i suoi momenti migliori quando riesce a far riflettere e a far meditare senza idealismi di alcun genere e con estrema franchezza sul significato dell'esistenza umana. Ecco, in proposito, alcuni versi che fanno parte di La folla:
...
Ma dietro quel vertice acclive
sentivo poco lontana
la specie temuta, l'umana
specie simile a me:
la specie degli uomini, che
non si meraviglia di vivere;
quella che fu favorita
da nostra madre Natura
col privilegio più raro;
ma che si chiede di raro,
per non far brutta figura,
il gran perché della vita:
la sola specie che crede
ben fatto il coprirsi di panni;
la specie che avrà disinganni
finchè vorrà avere una fede,
la specie gravata dal cupo
retaggio d'un odio mai domo,
la specie maligna dell'uomo
che all'uomo sarà sempre lupo,
la specie infinita che figlia
in modo vertiginoso,
che figlia senza riposo
al pari d'una coniglia,
che germina, alligna, rampolla
ovunque possa trovare
un posto: e che forma quel mare
vivente detto la folla.
...
Alcune poesie di Carlo Vallini sono state incluse in prestigiose antologie sulla poesia italiana del Novecento, ne ricordo due: Poesia italiana del Novecento a cura di Edoardo Sanguineti, Einaudi, Torino 1969 e Antologia della poesia italiana, vol. III - Ottocento e Novecento a cura di Cesare Segre e di Carlo Ossola, Hoepli, Milano 1999. Prima dell'edizione citata all'inizio di questo post, l'intera opera poetica di Vallini era stata raccolta e pubblicata da Edoardo Sanguineti nel volume Un giorno e altre poesie, Einaudi, Torino 1967 (vedi immagine sotto); qui si può leggere l'interessante prefazione dello stesso Sanguineti. Da segnalare anche il saggio su Valini scritto da Giuseppe Farinelli nel suo libro Vent'anni o poco più, Otto/Novecento, Milano 1998.
domenica 14 luglio 2013
Poeti dimenticati: Ulisse Ortensi
Opere poetiche
"Versi", Sarasino Editore, Modena 1893.
"Nuove poesie", Emporium, Bergamo 1896.
"Poveri sogni", Roux & Viarengo, Roma 1904.
"Liriche", Tip. F. Centenari e C., Roma 1907.
Testi
SPLEEN INVERNALE
Quando cadono le foglie, quando cadono le brume,
quando il Sol dà fioca luce, quando il mar dà nere spume
il mio core si rifugge, come un povero romito,
nel più oscuro asil del petto e là chiuso sbigottito,
pulsa pieno di mestizia, mentre sulla grigia pieve
fischia il vento dell'inverno e s'accumula la neve.
Come stanco della vita il mio cuore si raccoglie,
quando cadono le brume, quando cadono le foglie!
Quando i venti tempestosi urlan sull'eremitaggio,
quando scuotono i tuguri del mio povero villaggio;
il mio cuore si rifugge, come un essere atterrito
nel più oscuro asil del petto: là, tremante, sbigottito
pulsa e piange, piange e pulsa, mentre il vecchio campanile
rimodernano le nevi con un bianco e nuovo stile.
Pulsa e piange, piange e pulsa il mio cor senza coraggio,
quando i venti tempestosi urlan sull'eremitaggio!
(da "Versi")
LA CAMPANA FUNEBRE
(Alla memoria di Maria T...)
Tu devi avere un cuore. Ahi! che lamento
affannoso si udì nella tua voce
quando Maria spirò! Com'era lento
il tuo rintocco in quell'istante atroce!
Che funebri singhiozzi sopra il tetto
passavano portati via dal vento,
mentre cadevan ne l'estremo affetto,
le fredde rose sul bel corpo spento!
Quel giorno orrendo era la casa mia
come un tempio nei giorni di Passione:
v'eran la morte e la disperazione
e in tutti gli occhi il pianto sol fiorìa.
La tua voce venìa come parola
di condoglianza e di conforto. Ahi! quante
dolci cose dicea! Ma non consola
nulla al mondo chi piange un bel sembiante.
Le capinere sopra il campanile
pareano morte; il freddo umido vento
ne la casa deserta e nel cortile
univa alla tua voce il suo lamento.
Quanta passion scendea da la tua gola
che gemeva sui tetti della pieve!
Sopra la casa mia una parola
eterna si posava con la neve.
(da "Poveri sogni")
venerdì 12 luglio 2013
Poeti dimenticati: Bino Binazzi
Opere poetiche
"Eptacordo", Assisi 1907.
"Turbini primaverili", La Vita Letteraria, Roma 1910.
"La via della ricchezza", Vallecchi, Firenze 1919.
"Poesie", Vallecchi, Firenze 1934.
Presenze in antologie
"Le più belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe, Carabba, Lanciano 1928 (vol. 1, pp. 102-111).
"I crepuscolari", a cura di Nino Tripodi, Edizioni del Borghese, Roma-Milano 1966 (pp. 499-503).
"Le notti chiare erano tutte un'alba", a cura di Andrea Cortellessa, Bruno Mondadori, Milano 1998 (pp. 319-320).
Testi
EMMA
Giù ne la cognita valle da l'orizzonte serrato,
ma preciso e tranquillo siccome risolto problema,
noi scenderemo a ritesser placide gioie infantili
lungo le sponde del fiume, dove più blanda fluisca
l'acqua azzurrina; ed i giorni blandi fluiranno ed azzurri
sopra l'anime nostre francate di tutti i desiri.
Poi che l'estrema canzone de la vendemmia si taccia,
e cedano le foglie al soffio dell'ultimo autunno -
biancheggiando da lungi framezzo ad i pioppi sfrondati,
sommesso il collo al giogo, i lenti mugghianti giovenchi -
Emma, il tuo nome sereno quasi meriggio d'aprile
mi spenderà nel cuore, quasi tubar di colomba
ridesterà la nota canzone di rose e d'amore.
L'attonita dolcezza de gli occhi tuoi chiari infantili
cercherà le nascoste chiesuole fra ciuffi di quercie
vibranti all'aer puro lor sacro linguaggio d'argento
da' bianchi campanili; e insiem troveremo la eterna
ignota al mondo tristo, preghiera che esalta e consola.
Tu sarai la sorella, la candida buona sorella
che poserà innocente sull'omero adusto che seppe
la dura ignobil croce per l'erta implacata de gli anni,
flagellando il mio spirto la sferza d'un aspro desire.
E nel tuo bianco volto mirando con occhio d'amore
risentirò la mite dolcezza di giorni remoti.
Oh felice sapienza all'onda fluente dell'ore
accordare il buon ritmo d'un vergine cuor di fanciulla!
(Da "Poesie")
martedì 9 luglio 2013
"Bruges la morta" di Georges Rodenbach
"Bruges la morta" (1892) è il titolo di un romanzo scritto da Georges Raymond Constantin Rodenbach (Tournai 1855 - Parigi 1898), letterato belga di lingua francese che divenne celebre soprattutto per le sue opere poetiche ("La bianca giovinezza" e "Il regno del silenzio" quelle più importanti) le quali, per i toni fortemente malinconici, influenzarono Guido Gozzano e i poeti crepuscolari. Non dissimile dai suoi versi questo romanzo che trasforma la città di Bruges nel luogo più decadente e sognante del mondo, colmo di atmosfere tristi, piovose, grigie che preannunciano un disfacimento lento e ineluttabile. La storia è quella di un vedovo che non riesce ad accettare la scomparsa improvvisa della sua amata compagna e, per questo motivo, va a vivere nella città fiamminga rimanendo volontariamente esiliato nelle sue vie pervase da una cupa rassegnazione. Ma un giorno, durante una delle sue rituali passeggiate, il vedovo vede una donna che somiglia in maniera incredibile alla moglie morta; da quel giorno l'uomo inizierà a seguire questa donna misteriosa in modo ossessivo, fino a cercare con decisione un approccio per instaurare un rapporto amichevole che poi si trasformerà in morbosa passione. Il romanzo, come già detto, diventò un punto di riferimento per alcuni poeti italiani del primissimo Novecento; questi furono attratti in particolare dalla città di Bruges che Rodenbach nel suo libro riesce a descrivere con parole indimenticabili. A titolo dimostrativo si leggano questi versi tratti da "Armonia in grigio et in silenzio" di Corrado Govoni: «Ma ecco che l'autunnale contagio / si propaga: e le cose più ordinarie / ne le stanze si sentono a disagio / come de le novelle pensionarie. / / I monasteri dai muri di cloro / su cui l'inverno allenta le sue chiuse / incominciano tutti ad appassire; / / e le sperse campane, da le loro / grige casucce da le porte chiuse, / fanno la propaganda di morire»; si confrontino ora con questo passo del romanzo di Rodenbach: «Un'impressione funebre emanava da quelle case serrate, dai vetri offuscati come occhi di agonizzanti, dai frontoni che ripetevano nelle acque le loro scale luttuose. [...] E dovunque, sul suo capo, un gelido gocciolìo, le piccole note salate delle campane delle chiese, gettate come un aspersorio che benedica un feretro». Anche questi altri versi di Marino Moretti sono significativi: «Lenta lenta lenta va / nei canali l'acqua verde / e coi bei cigni si perde / nella grigia immensità, / nell'eterno mezzo lutto / mentre il giunco tristemente / s'è chinato a bere il flutto / della placida corrente... / Il tintinno d'una folla / di campane fa tremare / lievemente la corolla / d'uno smorto nenufare»; e ancora un brano di "Bruges la morta": «L'influsso della città su di lui riprendeva: lezione di silenzio che gli veniva dai canali immobili, che con la loro calma meritavano di esser frequentati dai nobili cigni; esempio di rassegnazione offerto dai quais notturni; soprattutto esortazioni di pietà e di austerità che cadevano dagli alti campanili di Notre Dame e di San Salvatore, sempre emergenti dal fondo delle prospettive».
Da ricordare infine che la prima traduzione in italiano del romanzo di Rodenbach fu realizzata ad opera di Fausto Maria Martini, altro poeta crepuscolare, mentre, le citazioni presenti in questo post, provengono dalla versione di Piero Bianconi, uscita per la Rizzoli, a Milano nel 1955 (immagine in alto).
domenica 7 luglio 2013
Il difetto nella poesia italiana decadente e simbolista
Poesie sull'argomento
Vittoria Aganoor: "Val di Sella" in "Leggenda eterna" (1900).
Ugo Betti: "I magri" in "Canzonette - La morte" (1932).
Paolo Buzzi: "La gabbia" in "Aeroplani" (1909).
Corrado Govoni: "Ascoltando un doppio" in "Armonia in grigio et in silenzio" (1903).
Guido Gozzano: "L'incrinatura" in "Gazzetta del Popolo della domenica", maggio 1904.
Luigi Gualdo: "Rose appassite cui non rise il sole" in "Le Nostalgie" (1883).
Pietro Mastri: "Fuor di stagione" in "Lo specchio e la falce" (1907).
Nicola Moscardelli: "Vuoto" in "Abbeveratoio" (1915).
Angiolo Orvieto: "Filo d'argento" in "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya" (1898).
Nino Oxilia: "Contraddizione" in "Gli Orti" (1918).
Giovanni Pascoli: "Il nido" in "Myricae" (1900).
Giovanni Pascoli: "Il fringuello cieco" in "Canti di Castelvecchio" (1903).
Yosto Randaccio: "Atonia" in "Poemetti della convalescenza" (1909).
Testi
CONTRADDIZIONE
di Nino Oxilia
I
Io maschio ben costrutto
per l’amore ed avvezzo agli sportivi
giochi fisici, io, l’uomo dai lascivi
impeti, l’uomo in cui l’istinto è tutto,
io sono triste.
Io fecondo animale
che non conosco il rispetto
dell’altalena sociale,
e mi compiaccio dando lo sgambetto
alle dottrine dell’intelligenza,
saltando di piè pari sopra il petto
della menzogna detta convenienza,
io sono triste.
Io che passeggio sul puritanismo
a torso nudo come un gladiatore,
che sputo su Loyola con furore
e prendo a calci l’indeterminismo,
io che il metodo aborro e il sillogismo
e il fato greco e il mistico fervore,
io che son sperma e mani e occhi e creta
ma che non son poeta,
io sono triste.
Io che ho la penna in mano e fumo e stono
come un treno diretto,
che sono tutto in marcia, testa, petto,
gambe, riso, bestemmie, urla, perdono,
io sono triste...
III
O tristezza! Tu sei la benvenuta,
o amante dei poeti simbolisti.
Noi farem l’orgia delle cose tristi
sulla coltre dell’anima svenuta.
Adàgiati che possa contemplarti.
Sei figlia del rimpianto? Od il rimedio
dell’Impotenza? Maschera del Tedio,
o la modella delle Belle Arti?
Che sei? La febbre della notte eterna,
o un principio di gastrica? La morsa
dell’attesa o il respiro della corsa?
Sei la provincia o la città moderna?
Oggi, ieri, o domani? Il magnetismo
di un occhio ignoto, a un bivio, tra gli specchi?
L’elica di un Caproni od i cernecchi
d’un postiglione del romanticismo?
(Da "Gli Orti")
venerdì 5 luglio 2013
Da "La città dell'anima" di Giorgio Vigolo
(Da "La città dell'anima" di Giorgio Vigolo, Greco & Greco, Roma 1994)
Le città dell’anima è la prima opera letteraria di Giorgio Vigolo (Roma 1894 – ivi 1983). Fu pubblicata per la prima volta nel 1923, dallo Studio Editoriale Romano. Una ristampa dell’opera prima di Vigolo, è uscita grazie all’editore Greco & Greco di Roma nel 1994. Da quest’ultima (vedi foto sopra) ho trascritto un frammento che a me sembra significativo, poiché qui, come in tutto il libro, la protagonista è la città di Roma (lo sarà, spesso, anche nel resto dei versi e delle prose di Vigolo), vista dal poeta come se fosse un essere vivente. Naturalmente, consiglio a tutti di leggere queste prose dedicate alla bellezza della capitale italiana.
mercoledì 3 luglio 2013
Antologie: "Poeti minori dell'Ottocento italiano"
POETI MINORI DELL'OTTOCENTO ITALIANO
I
Diodata Saluzzo, Gabriele Rossetti, Giovanni Berchet, Jacopo Sanvitale, Silvio Pellico, Giovanni Marchetti, Tommaso Grossi, Giovita Scalvini, Andrea Maffei, Luigi Carrer, Niccolò Tommaseo, Alessandro Poerio, Giunio Bazzoni, Cesare Betteloni, Paolo Emilio Imbriani, Francesco Dall'Ongaro, Giuseppe Giusti, Agostino Cagnoli, Pietro Paolo Parzanese, Giulio Carcano, Giuseppe Revere, carlo Tenca, Arnaldo Fusinato, Vincenzo Padula, Luigi Mercantini, Goffredo Mameli, Ippolito Nievo, Erminia Fuà Fusinato.
II
Giulio Uberti, Aleardo Aleardi, Giovanni Prati, Giacomo Zanella, Giovanni Raffaelli.
III
Paolo Emilio Castagnola, Costantino Nigra, Pietro Cossa, Giambattista Maccari, Augusto Caroselli, Giuseppe Maccari, Vincenzo Riccardi di Lantosca, Emilio Praga, Bernardino Zendrini, Vittorio Betteloni, Vittorio Imbriani, Iginio Ugo Tarchetti, Arrigo Boito, Felice Cavallotti, Mario Rapisardi, Giovanni Camerana, Arturo Graf, Remigio Zena, Contessa Lara, Olindo Guerrini, Corrado Corradino.
IV
Biagio Miraglia, Giuseppe Chiarini, Enrico Nencioni, Giuseppe Cesare Abba, Tommaso Cannizzaro, Enrico Panzacchi, Luigi Pinelli, Domenico Milelli, Antonio Fogazzaro, Maria Alinda Bonacci Brunamonti, Giuseppe Aurelio Costanzo, Giuseppe Manni, Luigi Morandi, Edmondo De Amicis, Emilio De Marchi, Giovanni Marradi, Ulisse Tanganelli, Mercurino Sappa, Vittoria Aganoor Pompilj, Severino Ferrari, Guido Biagi, Emilio Girardini, Giuseppe Picciola, Guido Mazzoni, Giacinto Ricci Signorini.
V
Domenico Gnoli, Raffaele Salustri, Ugo Fleres, Nicola Marchese, Giovanni Alfredo Cesareo, Giulio Salvadori, Pompeo Bettini, Adolfo De Bosis, Antonio Della Porta, Enrichetta Capecelatro.
VI
Sebastiano Satta, Giovanni Bertacchi, Giovanni Cena, Ada Negri.