sabato 18 maggio 2019

L'intensa e breve stagione di una generazione sfortunata


  Circa un secolo fa la gloriosa storia della nostra letteratura poté contare su una generazione di scrittori molto validi, che però non furono altrettanto fortunati, tanto è vero che un numero cospicuo di essi morì prematuramente (chi nel fiore della giovinezza, chi un po' dopo) per motivi che vanno dalla grave malattia, alla guerra, al suicidio; alcuni smisero di scrivere ancor giovani, altri ancora diradarono moltissimo le loro pubblicazioni e qualcuno finì in manicomio. La generazione di cui voglio parlare è quella di letterati italiani nati pressappoco tra il 1882 ed il 1889; tra di essi ci sono poeti, prosatori, commediografi, filosofi e critici letterari che lasciarono un segno indelebile nella letteratura italiana. Chi non ricorda infatti i nomi di alcuni poeti che furono definiti crepuscolari (Guido Gozzano e Sergio Corazzini su tutti), di intellettuali che si imposero per il loro talento e le loro innovazioni, facendosi notare soprattutto per le cose pubblicate in famose riviste quali La Voce, Riviera Ligure e Lacerba; mi riferisco sia a poeti (Clemente Rebora, Dino Campana, Camillo Sbarbaro) sia a prosatori (Scipio Slataper, Federigo Tozzi) sia a critici (Giovanni Boine, Renato Serra) sia a filosofi (Carlo Michelstaedter) sia a commediografi (Sandro Camasio, Nino Oxilia). Penso che sia arduo trovare una situazione simile, per il gran numero di talenti ma anche per i fermenti ed i fervori creativi, ripercorrendo l'intera storia letteraria dell'Italia; per questo motivo mi preme ricordarli ad uno ad uno, riassumendo i loro dati biografici e le loro opere più rilevanti. Preciso che nella lista sottostante sono esclusi tutti quegli scrittori che, pur essendo altrettanto validi e pur essendo nati nel periodo di anni citati in precedenza, hanno continuato a scrivere per tutta la vita e quindi sono rimasti attivi e presenti per lungo tempo nello scenario letterario nazionale; non sarebbe spiegabile altrimenti l'esclusione di alcuni nomi importanti (per citarne alcuni: Giuseppe Ungaretti, Umberto Saba, Vincenzo Cardarelli, Emilio Cecchi e Aldo Palazzeschi).




GIOVANNI BOINE (Finalmarina 1887 - Porto Maurizio 1917). Critico letterario e scrittore, fu un assiduo collaboratore della "Voce". Di lui si ricordano le pungenti e impeccabili recensioni letterarie di Plausi e botte (postumo, 1918), un romanzo sperimantale: Il peccato (1914) e le prose liriche, anch'esse sperimentali e pregne di una espressività nuova, che furono raccolte, dopo la sua morte, col titolo Frantumi (1918). Morì di tisi a soli trent'anni.

SANDRO CAMASIO (Isola della Scala 1886 - Torino 1913). Commediografo, il suo nome è indissolublimente legato a quello di Nino Oxilia col quale scrisse commedie come La zingara (1909) e Addio giovinezza! (1911); fu anche regista cinematografico. Morì a causa di una meningite a ventisette anni.

DINO CAMPANA (Marradi 1885 - Castel Pulci 1932). Poeta visionario, fu autore di un unico volume di versi: Canti orfici (1914) che lo pone al vertice della poesia italiana primonovecentesca grazie ad alcuni elementi che molto ricordano le "Illuminations" di Arthur Rimbaud. Fu afflitto da problemi mentali e passò lunghi periodi in cliniche psichiatriche, fino al ricovero definitivo in manicomio avvenuto nel 1918.

Dino Campana


CARLO CHIAVES (Torino 1882 - ivi 1919). Poeta crepuscolare, è autore di un unico volume di versi: Sogno e ironia (1910) che pure gli diede dicreta fama, grazie anche al critico Giuseppe Antonio Borgese che parlò del suo libro in un articolo in cui ebbe a chiamare le poesie di Chiaves, così come quelle di Marino Moretti e di Fausto Maria Martini, "crepuscolari". Morì a trentasette anni nella sua Torino.

SERGIO CORAZZINI (Roma 1886 - ivi 1907). Poeta crepuscolare, scrisse versi languidi e malinconici in cui si percepisce una predisposizione alla morte, che d'altra parte lo colpì giovanissimo, a causa della tisi. Le sue opere poetiche più importanti sono: L'amaro calice (1905), Piccolo libro inutile (1906) e Libro per la sera della domenica (1906). Postumo uscì il volume riassuntivo Liriche (1908).

Sergio Corazzini


GUIDO GOZZANO (Torino 1883 - ivi 1916). Tra i maggiori poeti italiani del XX secolo fu definito da alcuni critici come l'ultimo dei classici; i suoi versi, raccolti nei volumi La via del rifugio (1907) e I colloqui (1911), mostrano la propensione di Gozzano verso l'ironia e la malinconia, motivo per il quale fu associato ai poeti crepuscolari. Morì di tisi a trentatre anni.

Guido Gozzano


PIERO JAHIER (Genova 1884 - Firenze 1966). Figlio di un pastore protestante, si dimostrò scrittore fortemente "moralista" sia nelle sue prose che nelle sue poesie presenti in opere come Resultanze in merito alla vita e al carattere di Gino Bianchi (1915), Ragazzo (1919) e Con me e con gli alpini (1919); fu anche assiduo collaboratore di riviste letterarie come "La Voce" e "Riviera Ligure". Dopo l'avvento del fascismo tacque perchè in forte contrasto col regime, per tale motivo la sua opera si riassume tutta nel primo ventennio del Novecento.

TITO MARRONE (Trapani 1882 - Roma 1967). Poeta che, per certi aspetti, anticipò il crepuscolarismo, pubblicò due sole raccolte: Cesellature (1899) e Liriche (1904); tra il 1905 ed il 1907 pubblicò su varie riviste molte poesie che, secondo un progetto mai realizzato dal poeta, avrebbero dovuto far parte, insieme ad altre rimaste inedite, di un volume che però non fu mai stampato. A seguito di delusioni amorose e di gravi lutti che lo colpirono profondamente, a partire dal 1908 e per un lunghissimo periodo di tempo si assentò dal mondo letterario, tornando a dedicarsi alla letteratura e al teatro soltanto in tarda età.

CARLO MICHELSTAEDTER (Gorizia 1887 - ivi 1910). Si impegnò negli studi filosofici con assiduità e pubblicò uno scritto: La persuasione e la rettorica (1912), in cui si afferma il tema che si ritrova anche nei suoi versi (mai pubblicati in vita): il contrasto tra la vita e la morte, vissuto da Michelstaedter con particolare intensità fino alla decisione, avvenuta quando lo scrittore aveva appena ultimato la sua tesi di laurea a soli ventitre anni, di togliersi la vita.

Carlo Michelstaedter


NINO OXILIA (Torino 1889 - Monte Tomba 1917). Commediografo e poeta, scrisse in collaborazione con Sandro Camasio Addio giovinezza! (1911), commedia che riscosse un tale, eccezionale successo da farla tramutare in operetta. Fu autore di versi a metà strada tra tendenze crepuscolari e futuriste, le sue poesie migliori furono raccolte postume in Gli orti (1918). Fece in tempo a dedicarsi anche al cinema prima di perire nella Grande Guerra a soli ventotto anni.

CLEMENTE REBORA (Milano 1885 - Stresa 1957). Dopo la laurea in lettere cominciò a collaborare con varie riviste, tra cui "La Voce", per le edizioni della quale pubblicò la sua opera poetica più importante: Frammenti lirici (1913), caratterizzata da un espressionismo ed una intensa vitalità che ne fanno una tra le più originali del XX secolo. L'esperienza della Grande Guerra lo colpì drammaticamente (si possono leggere a tal proposito le sue prose liriche scritte in quel preciso periodo) e, dopo una esigua raccolta: Canti anonimi (1922) in cui già è possibile preconizzare il futuro del poeta milanese, Rebora smise di scrivere. In seguito abbracciò la fede cattolica e prese i sacramenti. Le poesie religiose che episodicamente scrisse dopo la svolta religiosa della sua vita non sono significative come il resto della sua opera in versi. Morì a seguito di una lunga e dolorosa malattia a settantadue anni.

CAMILLO SBARBARO (Santa Margherita Ligure 1888 - Savona 1967). Dopo una raccolta di versi tradizionali (Resine, 1911), si pose in evidenza con Pianissimo (1914), opera poetica di grande valore dove Sbarbaro esprime la sua estraneità, la sua passività nei confronti della vita e dell'umanità, il tutto utilizzando un linguaggio semplice, essenziale e particolarmente efficace. Non trascurabili le sue prose liriche raccolte in Trucioli (1920). Col passare degli anni diradò di molto le sue pubblicazioni sia in prosa che in versi e rielaborò la sua opera principale: Pianissimo, con risultati in verità non apprezzabili.

Camillo Sbarbaro


RENATO SERRA (Cesena 1884 - Monte Podgora 1915). Insigne critico letterario, dopo la laurea in lettere visse quasi sempre nella sua Cesena dove, oltre a dirigere una biblioteca, si dedicò assiduamente a studi, letture e ricerche da cui nacquero poi i suoi saggi più famosi e in particolare Esame di coscienza di un letterato (1915), una meditazione profonda sulla guerra cui partecipò perdendo la vita durante un combattimento a soli trentuno anni.

SCIPIO SLATAPER (Trieste 1888 - Monte Podgora 1915). Fu tra i primi collaboratori de "La Voce", nel 1912 pubblicò Il mio Carso, sorta di diario lirico che rimane la sua unica e notevole opera, sono infatti meno significativi gli Scritti letterari e critici, riuniti postumi (1920) a cura del suo concittadino Giani Stuparich. Deciso interventista, partì per la prima guerra mondiale dove cadde a soli ventisette anni.

FEDERIGO TOZZI (Siena 1883 - Roma 1920). Si dedicò inizialmente alla poesia con modesti risultati; dopo varie vicissitudini che lo portarono ad una situazione di indigenza, trovò il modo d'imporsi pubblicando le prose liriche Bestie (1917) cui seguirono i più famosi romanzi Con gli occhi chiusi (1919), Tre croci (1920) e Il podere (postumo, 1921) in cui, oltre a caratteristici personaggi della provincia toscana, lo scrittore senese inserisce alcuni elementi autobiografici. Tozzi morì a trentasette anni a causa di una epidemia di influenza spagnola.

Federigo Tozzi


CARLO VALLINI (Milano 1885 - ivi 1920). Dopo un'adolescenza turbolenta frequentò l'università di Torino ed arrivò alla laurea in lettere. Sempre a Torino conobbe Guido Gozzano di cui divenne amico; è a quel periodo che risalgono le sue due raccolte poetiche: La rinunzia e Un giorno, entrambe del 1907; è degna di nota soprattutto la seconda: sostanzialmente un poemetto filosofico che contiene ironiche e sconsolate riflessioni sulla vita e sulla morte. Negli anni successivi interruppe la sua produzione letteraria e partecipò alla Grande Guerra dove rimase gravemente ferito e, per questo motivo, morì a soli trentacinque anni.

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