In molti casi il
fuoco si esplicita tramite un rogo che sempre ha il compito di distruggere
cose, pensieri, illusioni e persino gli autori dei versi, i quali tramite il
fuoco che tutto brucia intendono liberarsi di ciò che li fa soffrire, fosse
anche la loro esistenza. In altri casi il fuoco ha una funzione magica (ad
esempio nella poesia di Betti) e serve ad evidenziare una pulsione
(probabilmente sessuale) o, comunque, una forte passione. Altrove (Giorgieri
Contri) il fuoco del tramonto fa rinascere le "vampe" di un amore
morto; Arturo Graf vede nei fuochi fatui dei cimiteri la propria anima che
precocemente si spegne nell'infinità. Esistono infine casi di descrizioni di
luoghi fantastici dove il fuoco (custodito, invadente, onnipresente) può
rappresentare vari, misteriosi simboli.
Poesie sull'argomento
Diego Angeli:
"Pomeriggio di decembre ai Monti Parioli" in "La città di
Vita" (1896).
Alfredo Baccelli: "Il
rogo" e "Ultime veglie" in "Fiamme e tenebre" (1910).
Ugo Betti: "Il
fuoco" in "Il Re pensieroso" (1922).
Giovanni Camerana:
"Il rogo" in "Poesie" (1968).
Carlo Chiaves:
"Distruzione inutile" in "Sogno e ironia" (1910).
Guelfo Civinini,
"La vana lotta", in "L'urna" (1900).
Lionello Fiumi:
"Fiamma di candela" in "Polline" (1914).
Aldo Fumagalli:
"Per rinascere" in "Arcate" (1913).
Cosimo Giorgieri
Contri: "Foco non spento" in "Primavere del desiderio e
dell'oblio" (1903).
Arturo Graf:
"Fuochi fatui" in "Morgana" (1901).
Arturo Graf:
"Alla fiamma" in "Le Rime della Selva" (1906).
Remo Mannoni:
"Il rogo" in «Il Trionfo d'Amore», maggio 1903.
Nicola Marchese:
"Ballata della notte, 5" in "Le Liriche" (1911).
Marino Marin: "I genii nei silenti penetrali" in
"Sonetti secolari" (1896).
Arturo Onofri: "Potenze d'aria crollano..." in
"Terrestrità del sole" (1927).
Nino Oxilia: "Fuoco superbo che dall'ombra enorme"
in "Canti brevi" (1909).
Aldo Palazzeschi:
"Palazzo Mirena" in "Lanterna" (1907).
Giuseppe Zucca:
"Le fiaccole" in "Io" (1921).
Testi
POMERIGGIO DI
DECEMBRE AI MONTI PARIOLI
di Diego Angeli
Dentro la selva
brilla ancora un fuoco.
Bacche vermiglie
stanno in cima ai rami
degli agrifogli sul
colle selvoso;
i tordi dentro i
lecci hanno richiami,
nel plumbeo tramonto
accidioso.
Ondeggia un bianco
fumo tortuoso
da un focolare ove
non è più fuoco.
Chi accese mai quel
rogo moribondo?
Forse quelli che
vennero a tagliare
gli agrifogli che
debbono il giocondo
albero di Natale
inghirlandare?
L'albero luminoso
nelle chiare
stanze allietate da
un immenso fuoco.
L'ultime luci e
l'ultimo bagliore
del triste focolare
semispento:
s'agita a poco a poco
nel mio cuore
il bel sogno
infantile di un momento.
Stasera ascolterò
gemere il vento
leggendo un vecchio
libro a canto al fuoco.
(Da "La città di
vita")
Arnold Böcklin, "Heiliger Hain" |
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