giovedì 6 dicembre 2012

Il cipresso nella poesia italiana decadente e simbolista

La simbologia del cipresso, come si può facilmente intuire, è strettamente connessa all'oltretomba e la presenza di questi alberi nei cimiteri lo dimostra. Il cipresso, sempre per lo stesso motivo ma anche perchè sempreverde, rappresenta la vita eterna; la sua forma, che suggerisce un innalzamento verso il cielo, è stata collegata all'anima che sale verso il regno divino. In altri casi questo albero ha attinenza con la luce (perché la sua forma ricorda vagamente quella della fiamma) e con il dolore.
 
 
 
Poesie sull'argomento
Diego Angeli: "I cipressi legati" in "L'Oratorio d'Amore" (1904).
Enrico Cavacchioli: "Convegno tra i cipressi" in "L'Incubo Velato" (1906).
Guelfo Civinini: "L'albero che ascolta" in "I sentieri e le nuvole" (1911).
Adolfo De Bosis: "Cipressi isnelli..." in "Amori ac silentio e Le rime sparse" (1914).
Diego Garoglio: "Spiriti fraterni" in "Sul bel fiume d'Arno" (1912).
Cosimo Giorgieri Contri: "Il convegno dei cipressi" in "Il convegno dei cipressi" (1894).
Domenico Gnoli: "Tra i cipressi" in "Nuove odi tiberine" (1885).
Domenico Gnoli: "Il cipresso" in "Fra terra e astri" (1903).
Corrado Govoni "I cipressi e le rose" e "Il cipresso" in "Gli aborti" (1907).
Arturo Graf: "Al cipresso" in "Le Danaidi" (1897).
Giuseppe Lipparini: "Cipressi" in "Stati d'animo e altre poesie" (1917).
Fausto Maria Martini: "In cordis vigilia" e "Il cipresso" in "Le piccole morte" (1906).
Pietro Mastri: "Il cipresso inghirlandato" in "La Meridiana" (1920).
Aldo Palazzeschi: "Guardie di notte" in "Poemi" (1909).
Giovanni Pascoli: "Il cuore del cipresso" in "Myricae" (1900).
Ceccardo Roccatagliata Ceccardi: "Il cipresso" in "Sonetti e poemi" (1910).
Aurelio Ugolini: "Inter viburna cupressi..." in "Viburna" (1905).
 
 
 
 
Testi
IL CIPRESSO
di Domenico Gnoli

Ho abbracciato coll'anima un fosco
obelisco vivente, un cipresso
solitario sull'erma collina
nella luce vespertina.
L'ho penetrato l'ho vissuto
tutto, dal tronco all'acuto
vertice; colle serpenti
radici dalle latenti
mammelle della terra madre
ho succhiato. coll'umore
della vita, l'amore
e il dolore.

Per rimmobilità del mio tronco,
de' miei rami, dell'irte fogliuzze
aspiranti il sereno e la piova,
su su per la mia nova
funerea compostezza
saliva una tenerezza
di cari morti, una tristezza
di passato, un senso d'addio,
un desiderio d'oblio.

A un soffio soave di vento
dondolavo la cima con lento
abbandono, accennavo un saluto
al silenzio disteso
dall'azzurro lontano del monte
a' pascoli verdi, all'acceso
giro dell'orizzonte.
Solo, non udita
da alcuno, pigolava una vita
di gemiti e piccoli stridi
dal tepore de' nidi
nascosti amorosamente
dentro le fide làtèbre
della vita dolente.

(Da "Poesie edite e inedite")

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