Un bambino faceva le
bolle di sapone
dalla finestra quando
mi fucilarono
sulla piazza piantata
di alberi senza nome,
una mattina deserta
con poco sole
tra i rami secchi che
non trattenevano le voci,
tra quinte grige
d'imposte sprangate
oscillavano effimere
formazioni, grappoli
subito disfatti in
acini trasparenti.
Un bimbo, solo una
tenera macchia viva
in un rettangolo
nero,
c'era un vasetto
rosso sul davanzale,
la sola cosa rossa di
quel giorno tutto grigio,
io non potevo vedere
i suoi occhi
sentivo la sua anima
appendersi dondolando
in cima alla
cannuccia di paglia,
staccarsi con un
brivido, volare in silenzio,
trattenere il fiato
per pregare il vento,
attraversare il poco
sole in punta di piedi,
rapita in una smorfia
di felicità.
I miei carnefici gli
voltavano le spalle,
nessuno di loro poté
vedere le sue mani
in adorazione, quando
una bolla
più gonfia, la più
bella di tutte,
partì dal davanzale
come un pianeta di cristallo,
e prima di scendere
salì verso il tetto
come una preghiera,
come una favola
piena d’ogni dolcezza
che non si può perdere,
intatta e vera per il
suo tempo giusto,
non ci sono
abbastanza plotoni di esecuzione
in questo mondo e
ogni altro
per fucilare tutte le
bolle di sapone.
Fucilazione è la ventesima poesia della sezione Materia
prima appartenente al volumetto intitolato Il
cavallo saggio. Poesie Epigrafi Esercizi (Editori Riuniti, Roma 1990), che
raccoglie trentasei testi poetici di Gianni Rodari (Omegna 1920 - Roma 1980).
L'autore, famoso scrittore per l'infanzia, quando uscì questo libriccino era
già scomparso da dieci anni; in realtà, tutte le poesie dello stesso erano già
state pubblicate sulla rivista Il Caffè,
tra il 1961 ed il 1980. Sono, praticamente, quasi tutti i versi che Rodari ha
dedicato al pubblico degli adulti. Nella bella prefazione al libro, Edoardo
Sanguineti parla di influenze surrealiste, di parola che giuoca e di inclinazione favoleggiante. Leggendo queste
poesie non si può negare che tutto ciò sia vero ed anche l'accostamento, sempre
di Sanguineti, dello scrittore piemontese a Palazzeschi e a Lear mi pare
indiscutibile.
La poesia qui
riportata, come dice il titolo, ha come argomento una fucilazione e chi parla è
colui che l'ha subita. L'uomo ricorda alcuni particolari di quella tragica
mattina: la piazza dove è avvenuta l'esecuzione, gli alberi spogli, la scarsa
luminosità, le imposte tutte sprangate, un grigiore diffuso su tutto l'ambiente
circostante e l'assenza di persone, a parte quella di un bambino, affacciato ad una finestra di una casa poco distante dalla piazza, intento a fare delle bolle di sapone.
Soltanto il condannato poteva vedere il piccolo (i soldati erano di spalle)
estasiato da quelle sferiche formazioni che a grappoli volavano e quindi si
disfacevano; quell'immagine rappresenta l'unica cosa lieta di quel drammatico
momento. Tornando alla prefazione di Sanguineti, egli cita gli ultimi, indimenticabili
tre versi di questa poesia e dice:
[...] le «bolle di
sapone» sono, ad un tempo, emblema della vita che si innalza, con la sua
splendida e inesauribile fragilità, e della favola, intanto, che la rispecchia
con la sua iridescente leggerezza.
A ciò si potrebbe
aggiungere che le bolle di sapone possono anche simboleggiare la fantasia
umana, i cui voli troppo spesso infastidiscono determinate persone che
detengono il potere; per tale motivo esse, non di rado, fanno di tutto per annientarla.
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