Scampoli di letteratura dell'Ottocento e del Novecento, poeti dimenticati, vecchie antologie e altro ancora.
mercoledì 26 giugno 2013
Poeti dimenticati: Luigi Pirandello
Opere poetiche
"Mal Giocondo", Clausen, Palermo 1889.
"Pasqua di Gea", Galli, Milano 1891.
"Elegie renane", Tip. Unione Cooperativa, Roma 1895.
"Zampogna", Dante Alighieri, Roma 1901.
"Fuori di chiave", Formiggini, Genova 1912.
"Tutte le poesie", Mondadori, Milano 1982.
Presenze in antologie
"Dai nostri poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903 (pp. 334-336).
"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (p. 435).
"Le più belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe, Carabba, Lanciano 1928 (vol. 6, pp. 140-155).
"Antologia della lirica contemporanea dal Carducci al 1940", a cura di Enrico M. Fusco, SEI, Torino 1947 (pp. 127-129).
"Antologia della lirica italiana. Ottocento e Novecento", nuova edizione, a cura di Carlo Culcasi, Garzanti, Milano 1947 (pp. 209-210).
"La lirica moderna", a cura di Francesco Pedrina, Trevisini, Milano 1951 (pp. 447-451).
"L'altro Novecento, Volume V", a cura di Vittoriano Esposito, Bastogi, Foggia 1999 (pp. 55-58).
"Sicilia, poesia dei mille anni", a cura di Aldo Gerbino, Sciascia, Caltanissetta-Roma 2001 (354-357).
Testi
ATTESA
Io sono come l’albero che aspetta
la sua stagione e morto intanto pare.
Vien qualche vispa cincia a dimandare:
«Albero, ancora? Bada, è tempo: getta!»
Ma alle cince non dà l’albero retta:
muto ed assorto, rimane a sognare.
Sogna i freschi rampolli, e che tra i rami
verrà per grazia a raccogliere il volo,
ospite prezioso, un rosignuolo.
Piú d’altri uccelli non s’udran richiami.
In ciel, la luna; e magici ricami
d’ombra le frondi stamperan sul suolo.
Sogna e sogna... Ma già forse è passata
la sua stagione, e ad aspettarla sta
l’albero, invano, o forse non verrà
per lui giammai... Se questa, albero, è stata
l’ultima nostra gelida vernata,
che bei sogni la scure abbatterà!
(Da "Zampogna")
domenica 23 giugno 2013
I desideri nella poesia italiana decadente e simbolista
Poesie sull'argomento
Diego Angeli: "Sopra una Gavotta antica" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903" (1904).
Sandro Baganzani: "Attimo" in "Senzanome" (1924).
Bino Binazzi: "Il grido umano" in "Turbini primaverili" (1910).
Giovanni Camerana: "Quies" in "Poesie" (1968).
Enrico Cavacchioli: "La fame" in "L'Incubo Velato" (1906).
Giovanni Cena: "Desideri torbidi" in "In umbra" (1899).
Carlo Chiaves: "Pessimismo" in "Sogno e ironia" (1910).
Guelfo Civinini: "Canzonetta del desiderio onesto" in "I sentieri e le nuvole" (1911).
Sergio Corazzini: "Scena comica finale" in "Libro per la sera della domenica" (1906).
Edmondo Corradi: "L'invito" in «Domenica Letteraria», luglio 1897.
Italo Dalmatico: "Eutanasia" in "Juvenilia" (1903).
Gabriele D'Annunzio: "Suspiria de profundis" in "Poema paradisiaco" (1893).
Guido Da Verona: "È strano" in "Il libro del mio sogno errante" (1919).
Adolfo De Bosis: "Inconsueta ospite la gioja..." in "Amori ac Silentio e Le rime sparse" (1914).
Federico De Maria: "Le Pampas" in "Le Canzoni Rosse" (1904).
Federico De Maria: "Il nuovo" in «Poesia», novembre 1908.
Diego Garoglio: "La fine" in "Sul bel fiume d'Arno" (1912).
Luisa Giaconi: "Il Desiderio" in «Pro Guardia Medica» (1897).
Cosimo Giorgieri Contri: "Primavera del desiderio" in "Primavere del desiderio e dell'oblio" (1903).
Domenico Gnoli: "Il bersaglio" in "Poesie edite e inedite" (1907).
Corrado Govoni "Voglia di piangere" e "Al sole" in "Gli aborti" (1907).
Arturo Graf: "Anelito" in "Le Rime della Selva" (1906).
Amalia Guglielminetti: "Cose maliose" in "Le Seduzioni" (1909).
Gian Pietro Lucini: "I miei Desiri, cupidi sparvieri", "Tenea sotto un broccato a padiglione" e "Coi lucidi guinzagli il buon Valletto" in "Il Libro delle Figurazioni Ideali" (1894).
Gian Pietro Lucini: "Di «Un altro Pomo»" in "Le antitesi e le perversità" (1971).
Remo Mannoni, "Il canto dei vent'anni" in «L'Amore Illustrato», febbraio 1905.
Enzo Marcellusi: "Desiderio tropicale" in "I canti violetti" (1912).
Tito Marrone: "Cenerentola" in «La Vita Letteraria», gennaio 1907.
Arturo Onofri: "Vorrei per me una casetta bianca..." in "Canti delle osai" (1909).
Nino Oxilia: "Piccole cose che m'avete dato" e "Io la seguivo nella notte..." in "Canti brevi" (1909).
Giovanni Pascoli: "La grande aspirazione" in "Primi poemetti" (1904).
Guido Ruberti: "Desideri" in "Le fiaccole" (1905).
Umberto Saffiotti: "L'attesa" in "Le Fontane" (1902).
Emanuele Sella: "Fuor della storia" in "Monteluce" (1909).
Carlo Vallini: "O settembre, nel bel parco silente" in "La rinunzia" (1907).
Carlo Vallini: "Alcuni desideri" in "Un giorno" (1907).
Remigio Zena: "Venite all'ombra delle ciglia d'oro" in "Le Pellegrine" (1894).
Giuseppe Zucca: "Le terrazze alte" in "Io" (1921).
Testi
IL GRIDO UMANO
di Bino Binazzi
Rigidi pioppi da le foglie d'oro
eretti intorno al ciel, profondo, azzurro;
nell'aria non un vol, non un sussurro,
sol d'una fonte il mite e lungo ploro.
Lontano i monti persi nell'azzurro.
È il giorno in cui lo spirito, diffuso,
vive nell'aria e con tutte le cose.
Furono, o gramo corpo le affannose
doglie? Col tempo ogni ricordo è chiuso;
grava l'Eternità sopra le cose
e tutto è santo! Oh torniamo alla vita
intera, pur se falli, e poi si penta,
e rida, e pianga; pur se acuto senta
lo strazio d'insanabile ferita,
e vegga fuggir l'attimo sgomenta.
Oh torniamo alla vita austera e folle
che soffre e impreca, che s'inebria e spera!
Che sia fatica, verità, chimera
sappia, e di sangue imporpori le zolle,
e clami luce entro sua notte fiera.
E torni il pianto, dolce e pio lavacro,
torni la nube e solvasi in tempesta,
ma non risplenda invano alla mia testa
il sole, come a bianco simulacro
che freddo nacque e inanimato resta.
E tu che chiami da un'ignota landa
ignota figlia d'Eva, il tuo sorriso
rivela, e questo freddo paradiso,
e questi gigli che ne fan ghirlanda
dileguino all'umano tuo sorriso.
(Da "Turbini primaverili")
giovedì 20 giugno 2013
L'estate in dieci poesie di 10 poeti italiani del XX secolo
di Diego Angeli (1869-1937)
Riposo delle umide valli
solcate di fiumi lucenti!
A lunghi intervalli passavano i venti
sui boschi più lievi di un lieve sospir!
Anemoni bianchi ed azzurri
stellavan le rive dei fossi,
oscuri sussurri scorrevan sui bossi...
oh dolce nell'ombra soave dormir!
Chi dunque nei mesi vicini
d'Autunno vedrà queste cose?
Chi dentro i giardini remoti, le rose
già tutte appassite per noi coglierà?
Chi mai sveglierà la silente
dimora? Quali occhi vedranno
nel bosco frondente la morte dell'anno?
Tu no! Questo è un sogno lontano di già!
(Da "L'Oratorio D'Amore. 1893-1903", Alighieri, Roma-Milano 1904)
COMPOSIZIONE
di Giovanni Titta Rosa (1891-1972)
Non erano feste le mie estati lontane.
Corpo di fanciullo
stretto nel dovere senza colore.
Solo i meriggi m'erano frangiati abbandoni freschi sotto gli alberi
ma chiamava il bollore schiumoso della terra.
Sulle toppe roventi
s'attaccavano le mie mani sterpose,
mani che non ebbero carezze di mamma.
Oh il salso del mio sudore
scolarmi sui labbri come una passione soffocata -
povero piccolo rassegnato senza sorriso.
La sera
un volo sperduto mi ricordava il mio esilio.
Camminato avrei verso il tramonto
come l'assetato pellegrino dei racconti:
ma erano lagrime piene sulla gola -
(dolore che non sapeva le sue parole).
Ora vivo nel ricordo di quella mia faccia
estatica nel tremor dell'aria.
(Da "Plaustro istoriato", Zanichelli, Bologna 1919)
ESTIVA
di Vincenzo Cardarelli (1887-1959)
Distesa estate,
stagione dei densi climi
dei grandi mattini
dell’albe senza rumore -
ci si risveglia come in un acquario -
dei giorni identici, astrali,
stagione la meno dolente
d’oscuramenti e di crisi,
felicità degli spazi,
nessuna promessa terrena
può dare pace al mio cuore
quanto la certezza di sole
che dal tuo cielo trabocca,
stagione estrema, che cadi
prostrata in riposi enormi,
dai oro ai più vasti sogni,
stagione che porti la luce
a distendere il tempo
di là dai confini del giorno,
e sembri mettere a volte
nell’ordine che procede
qualche cadenza dell’indugio eterno.
(Da "Giorni in piena", Quaderni di Novissima, Roma 1934)
CORO D'ESTATE
di Scipione (Gino Bonichi, 1904-1933)
Io sono la voce dell'albero che cade,
la mia corteccia sarà accarezzata
quando si vedrà che dentro sono bianco.
Le mie radici sono d'avorio e sono
nascoste - la terra fine le ricopre.
Il mio corpo è rotondo,
l'aria sola mi toccava.
Gli uccelli hanno nidificato nei miei rami,
i loro occhi vedevano tutte le mie braccia,
le foglie li nascondevano.
Sotto di me l'uomo si è riposato.
Io sono la voce del fanciullo,
le mie osse sono tenere e possono cadere
e non si romperanno.
Le mie gambe corrono, i miei piedi
non lasciano impronta.
Il timbro della mia voce somiglia
alla campana del mattino,
al bronzo leggero.
(Da "Le civette gridano", Scheiwiller, Milano 1938)
ESTATE
di Cesare Pavese (1908-1950)
C'è un giardino chiaro, fra mura basse,
di erba secca e di luce, che cuoce adagio
la sua terra. È una luce che sa di mare.
Tu respiri quell'erba. Tocchi i capelli
e ne scuoti il ricordo.
Ho veduto cadere
molti frutti, dolci, su un'erba che so,
con un tonfo. Cosí trasalisci tu pure
al sussulto del sangue. Tu muovi il capo
come intorno accadesse un prodigio d'aria
e il prodigio sei tu. C'è un sapore uguale
nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.
Ascolti.
La parole che ascolti ti toccano appena.
Hai nel viso calmo un pensiero chiaro
che ti finge alle spalle la luce del mare.
Hai nel viso un silenzio che preme il cuore
con un tonfo, e ne stilla una pena antica
come il succo dei frutti caduti allora.
(Da "Lavorare stanca", Einaudi, Torino 1943)
PRINCIPIO D'ESTATE
di Umberto Saba (1883-1957)
Dolore, dove sei? Qui non ti vedo;
ogni apparenza t'è contraria. Il sole
indora la città, brilla nel mare.
D'ogni sorta veicoli alla riva
portano in giro qualcosa o qualcuno.
Tutto si muove lietamente, come
tutto fosse di esistere felice.
(Da "Ultime cose", Quaderni di Lugano, Lugano 1944)
ENTRO LA DENSA LENTE DELL'ESTATE
di Sergio Solmi (1899-1981)
Entro la densa lente dell’estate,
nel mattino disteso che già squarciano
lunghi, assonnati e sviscerati i gridi
degli ambulanti, - oh, i bei colori! Giallo
di peperoni, oscure melanzane,
insalate svarianti dal più tenero
verde all’azzurro, rosee carote,
e vesti accese delle donne, e muri
scabri e preziosi, gonfi ippocastani,
acque d’argento e di mercurio, e in alto
il cielo caldo e puro e torreggiante
di tondi cirri, o bel compatto mondo.
Lieto ne testimonia, sul pianeta
Terra, nella città Milano, mentre
vaga, di sé dimentico e di tutto,
lungo le calme vie che si ridestano,
- oggi, addì ventisette Luglio mille
novecento cinquanta - un milanese.
(Da "Levania e altre poesie", Mantovani, Milano 1956)
ESTIVA
di Angelo Barile (1888-1967)
In quest'ora di nude
forme, di lingue di fiamma, noi siamo
le tristi salme che bruciano in riva
a un mare fermo come una palude.
Dal nostro rogo
guardiamo a te ventilata fanciulla!
Nel mezzogiorno vitreo di luglio
sulla spiaggia che brulica t'apparti
innamorata.
Ti stendi nella vampa
come nel letto giovanile, ancora
fresco di sogni;
e il capo che hai liberato, la guancia
che sa di mare,
posi nel taglio d'ombra d'una chiglia.
Sui margini di fuoco
ad ora ad ora
chiudi improvviso
apri netto il respiro delle ciglia.
Ed ogni volta, a quel battito senti
un àsolo che viene
da refrigeri d'anima, ti tocca
in viso
la brezza intermittente dei pensieri
che ti stormiscon nei verdi recinti:
giuocano all'angolo della tua bocca.
(Da "Quasi sereno", Neri Pozza, Venezia 1957)
IL PRIMO GIORNO D'ESTATE
di Antonio Barolini (1910-1971)
Il camioncino dei gelati
(la campanella allegra)
passa tra gli alberati
viali residenziali.
I bambini,
che giocano nel prato a perdifiato,
smettono e gli vanno incontro:
i nichelini in mano.
I cani, risvegliati,
abbaiano per chiasso
e gli uccelli cinguettano tra i rami.
Si dondolano, frullano
in alto e in basso.
Una cicala urla
nell'ora meridiana:
è la prima di un'estate
di tenere piogge,
che pareva una burla.
È scoppiata e si sente
l'avvenuto momento
da come il cielo vibra
sull'erba radente.
Ogni cosa, nella luce,
ha la trasparenza dell'aria.
C'è un paese al mondo,
dove non sia questa festa?.
(Da "Elegie di Croton", Feltrinelli, Milano 1959)
ERA ESTATE DI FARFALLE
di Nico Orengo (1944-2009)
Era estate di farfalle
perché troppi fiori
erano rimasti da
una primavera tarda.
La nube di farfalle
aveva confuso
l'immobilità delle tortore
che avevano abbandonato
i lunghi fili dell'Enel
per rifugiarsi alle case
dei cacciatori, spente
nei rovi di polverose
more, eco di sparo.
(Da "Cartoline di mare vecchie e nuove", Einaudi, Torino 1999)
sabato 15 giugno 2013
"Ali in cielo" di Francesco Biondolillo
Predomina il tema della malattia nel componimento intitolato Agonie che è diviso in tre sezioni di cui la prima è una esortazione fatta dal malato morente affinchè il maggior numero di persone possibile si avvicini a lui e lo vegli nel momento della morte; in questi versi pare evidente una sorta di masochismo o esibizionismo della sofferenza e della propria morte: «Venite, venite, sorelle; / scaldate col fiato il mio volto, / toccate l'esangue mia mano, / baciate la bocca già smorta / e gli occhi velati di morte!». Nella seconda parte il malato si rivolge alla madre con parole disperate e rassegnate al peggio: «Or la vita mi fugge: / io la vedo fuggire, / io mi sento sfinire, / o madre mia lontana, / io mi sento morire...». L'ultima sezione si apre con la descrizione dei ceri che contornano il letto del moribondo e che costui guarda infastidito, per questo chiede che vengano aperte le imposte della finestra affinchè possa veder le stelle e sentire il suono delle ultime campane: «Aprite la sola finestra; / ch'io veda le stelle brillare / nel cielo, stavolta soltanto! / Ch'io senta sonar le campane / vicine, stavolta soltanto!». Sembra evidente in questi ultimi versi il riferimento al mondo ultraterreno verso cui l'agonizzante, in sentore di morte, si sente fortemente attratto.
Un clima decisamente triste e malinconico ancora una volta la fa da padrone nelle terzine di In silenzio..., poesia che attinge largamente dal repertorio dei decadenti e dei simbolisti: « [...] è l'urna del pianto segreta, / aerea, invisibile, l'ombra, / che accoglie la voce inquieta / / de l'anima nostra già stanca; / la voce dei gigli sfioriti, / che muore, che piegasi e sbianca...» Concludendo mi sembra giusto affermare che, insieme ai poeti più conosciuti e meritevoli che all'inizio del XX secolo apportarono radicali rinnovamenti nella poesia italiana, Francesco Biondolillo operò e contribuì nel suo piccolo a tale rinnovamento.
giovedì 13 giugno 2013
Antologie: "La nuova poesia religiosa italiana"
LA NUOVA POESIA RELIGIOSA ITALIANA
Cesare Angelini, Antonino Anile, Paolo Arcari, Piero Bargellini, Giovanni Bertacchi, Ugo Betti, Calogero Bonavia, Giuseppe Antonio Borgese, Tito Casini, Erminio Cavallero, Giovanni Alfredo Cesareo, Francesco Chiesa, Auro D'Alba, Silvio D'Amico, Federico De Maria, Giovan Battista De' Seta, Vincenzo De Simone, Francesco Di Chiara, Luigi Fallacara, Giuseppe Fedele, Lionello Fiumi, Augusto Garsia, Igino Giordani, Domenico Giuliotti, Corrado Govoni, Augusto Hermet, Angelina Lanza, Geraldo Lentini, Nicola Lisi, Guglielmo Lo Curzio, Giuseppe Longo, Giuseppe Maggiore, Guido Manacorda, Marino Marin, Pietro Mastri, Ofelia Mazzoni, Pietro Mignosi, Nicola Moscardelli, A. M. Nasalli Rocca, Ada Negri, Luciano Nicastro, Angiolo Silvio Novaro, Gino Novelli, Giovanni Papini, Carlo Pastorino, Enrico Pea, Renzo Pezzani, Luca Pignato, Mario Puccini, Giuseppe Ravegnani, Nino Salvaneschi, Gino Saviotti, Emanuele Sella, Silvio Tissi, Luigi Tonelli, Giorgio Umani, Giuseppe Urbani, Nicola Valenza, Caterina Vanni, Diego Valeri, Pietro Zanfrognini.
APPENDICE BIBLIOGRAFICA
Lucy Pignato Griffo, Giuseppe Messana, Vittorio G. Gualtieri, Maria Pia Borgese, Aristide Puglia, Andrea Agueci, Ottavio Profeta.
venerdì 7 giugno 2013
"Il Porto Sepolto" di Giuseppe Ungaretti
In memoria di Moammed Sceab
Il porto sepolto
Lindoro di deserto
Veglia
A riposo
Fase d'oriente
Annientamento
Tramonto
Finestra a mare
Fase
Silenzio
Peso
Dannazione
Risvegli
Malinconia
Destino
Perché?
Soldato
C'era una volta
Sono una creatura
Immagini di guerra
I fiumi
Paesaggio
La notte bella
Sonnolenza
S. Martino del Carso
Attrito
Distacco
Nostalgia
Italia
Poesia
sabato 1 giugno 2013
Giugno in 10 poesie di dieci poeti italiani del XX secolo
Giugno: mese in cui ha inizio la calda estate. Quanti bei ricordi mi suscita questo piacevolissimo mese! Quasi tutti questi ricordi appartengono al periodo della meravigliosa infanzia, quando, verso la metà di giugno terminavano le scuole. Allora, per me era l’inizio del più sfrenato divertimento: tre mesi in cui potevo dedicarmi soltanto al gioco, trascorrendo intere lunghissime giornate all’aperto, da solo o magari con altri bambini. Mi alzavo presto, la mattina, ed i miei genitori, che dovevano recarsi sul posto di lavoro, mi portavano dai nonni, dove rimanevo fino a sera. Dopo una colazione veloce aprivo la porta e uscivo correndo nel cortile; da qui in avanti c’era solo e soltanto un puerile divertimento destinato a ripetersi per tutti i mesi estivi rimanenti. Ma giugno era certo il mese più bello, soprattutto dopo la graditissima notizia della promozione scolastica, che mi garantiva spensieratezza totale per l’intera estate.
di Giuseppe Albini (1863-1933)
È l'aureo giugno, e ciascun giorno un'ora
Il ciel s'oscura e freme.
Vaste frusciando inchinano le spiche,
E punta da nemiche
Aure ogni frasca abbrividisce e freme.
Deh sia vana minaccia! Oggi matura
L'annua speme al lavoro:
Biondeggi in aria e per i campi l'oro,
E te baci la gioia, o fronte pura.
(Da "Poesie", Zanichelli, Bologna 1901)
FINE DI GIUGNO
di Francesco Chiesa (1871-1973)
Papaveri, ciani, nel grano ch'è già tutto d'oro!
color della fiamma che ondeggia, del cielo che sta.
E tu, oro immenso... Oro folto che i solchi e i sentieri
dissimuli: grande che arrivi ai pampini e agli olmi!
Agli olmi onde scroscia la tempesta dell'ebbre cicale...
E voi, miti azzurri dispersi nell'oro, acri fuochi.
Papaveri, avvii d'una porpora miracolosa
che tessono in qualche lor selva dorata le fate.
Papaveri sparsi, come macchie d'eroico sangue
nell'aurea leggenda dei popoli, nel carme dei vati!
Nel gran che si muove tutto biondo, e le spighe già fanno
un fremere d'elitre vive, un sibilo immenso;
nel mar che diventa più colore di sole ogni giorno,
o boccioli, screzi di cielo! famiglia di fiamme!
Miti occhi cerulei di bimbi, di vergini: o ciani!
Azzurri, che par la festiva tua veste, o Madonna.
(Da "Fuochi di primavera", Formiggini, Roma 1919)
GIUGNO
di Corrado Alvaro (1895-1956)
Canti e il tuo canto è grazioso
come il fiore che ha perso
il ricordo dei campi e cresce gracile.
Canti e batton le tue opre in cadenza.
La tua voce è più intensa -
Cicala che inasprisce il suo metro
se il sole è più maestoso.
Aria senza riposo
corre l'estate della lunga veglia.
Con la chioma sconvolta
sembri discesa da un lungo percorso
attraverso l'inverno.
Ecco l'estate, il tuo antico regno
dove entrasti trionfante
sovra un carro adornato di ghirlande
di fiori artificiali.
Fanciulle nuove corrono con ali
spaventate e dipinte.
Mentre le stupefatte donne incinte
ammoniscono ad ogni angolo mute
come incantati segni zodiacali.
Ma tu, invece, risorta dall'inganno
procederai parata
di colori maestosi
compagna del generativo giugno.
Somigliano i tuoi anni a una pianura,
dove nell'aria muta si prolunga
il ricordo del verso
delle cicale, dopo che si è sperso
fuggendo l'ombra dell'ultima altura.
(Da "Almanacco letterario", Mondadori, Milano 1925)
GIUGNO
di Armando Perotti (1865-1924)
Re della gleba, re del Tavoliere,
iapigia prole, mietitor rubesto,
che i culmi arguti con il sacro gesto
stringi nel pugno quanto può tenere;
recidi a un palmo della terra, e questo
mannel d'ariste, fiore del podere,
offri adorando alle presenti e vere
divinità del tuo dominio agresto;
tu solo accogli senza meraviglia
la compiuta promessa, il premio atteso,
lo spirto vivo in realtà pagane:
nel solco che del sangue s'invermiglia,
che s'imbeve del pianto, ecco è disceso
il calore del sol che si fa pane.
(Da "Poesie", Laterza, Bari 1926).
MOTTETTO DI GIUGNO
di Elpidio Jenco (1893-1959)
L'ultimo raggio si scontra con l'ultimo trillo canoro,
e spolvera di lucciole i grigi maggesi l'està.
Un grillo infila a un raggio di luna il suo tremolo d'oro,
e a passi svelti la luna trascorre le nuvole già.
(Da "Essenze", Emiliano Degli Orfini, Genova 1933)
GIUGNO
di Attilio Bertolucci (1911-2000)
Stan le ciliege rosse tra le foglie
nella calma sera estiva
vedo il mio amore che le coglie
seria come una bambina, e così sola e schiva.
Non oso chiamarla, tanta grazia
è nella mano bruna che spicca...
Qualcuna ne mangia, ma come sazia,
movendo la capigliatura nera e ricca.
(Dalla rivista «Circoli», settembre-ottobre 1934)
LA MAGNOLIA DI GIUGNO
di Leonardo Sinisgalli (1908-1981)
Sono i giorni di un nuovo inferno
per me, la magnolia si spoglia
a un colpo basso di vento.
Ogni ramo cede una foglia
alle vampe di giugno.
Dietro le imposte son qui che abbocco
l'aria torbida di scirocco.
(Da "I Nuovi Campi Elisi", Mondadori, Milano 1947)
30 GIUGNO
di Maria Luisa Spaziani (1922)
Bruciano e si consumano le stelle,
regna la Grande Estate.
Passano dentro l'ombra dei balconi
figure esauste dagli occhi lucenti.
Grava sopra gli asfalti la polvere di Milano,
al chiosco dei giornali i fogli gialli
pendono come bandiere disertate.
Morder l'erba vorrei. Morire un poco
(con te, senza di te) contro la terra
che aspra inonda di profumo anche
la luna piena
come quando (è certo)
lunghe notti di grilli inebriate
splenderanno di fuochi e di comete
sopra la cieca pietra che fu un giorno
Maria Luisa.
(Da "Le acque del sabato", Mondadori, Milano 1954)
NEL MESE DI GIUGNO
di Mario Luzi (1914-2005)
Nel mese di giugno
la città quando sospesa
e alta sopra il nostro sperdimento
si desta alla frecciata delle luci
all'ora incerta tra vigilia e sonno
che il corpo inciampa nel suo peso
ma si rialza sulla sua fatica
nella pausa del tempo tra la rondine e l'assiolo
tra la vita e la sua sopravvivenza,
Tu che spezzi la servitù e l'orgoglio
- dicono - della sofferenza, vieni
se già non sei dovunque
in veste di randagio,
d'infermo, di bambino tribolato.
Segui il timido, accosta il solitario,
ripeti: la virtù quando non giunge
fino all'amore è cosa vana.
È quell'ora della metà dell'anno
che il senza tetto strascica i suoi cenci
sull'erba pesticciata, cerca asilo,
la lucciola lampeggia, il cane abbaia.
(Da "Onore del vero", Neri Pozza, Venezia 1957)
GIUGNO MIETUTO
di Edoardo Cacciatore (1912-1996)
Rondimi rèndimi uguale al tuo giugno
Immortalmente nella gola in cui mi uccidi
Saliva in cielo la corda stretta in pugno
Infuocata prima e intanto ghiaccio nei gridi
Svolgendosi avvinta a un anno ora è parete
Angoli e vincoli s'incurvano a collane
Abbraccio agli steli del pensiero che miete
La tua fretta nera ove la morte rimane
Un momento divisa da se stessa e incerta
Tra il precipizio allegro di cui sei la scorta
O l'infinita leggerezza rampa in erta
Luna a flagello e il silenzio solo sopporta
Cielo lacero al tramonto irto di ali
Senti il mio stelo e il giugno alfine sono eguali.
(Da "Il discorso a meraviglia", Einaudi, Torino 1996)