domenica 22 luglio 2018

L'infanzia in due frammenti in prosa e una poesia


Se ripenso alla mia infanzia, spesso provo sensazioni così emozionanti che mi vien da piangere. È come se, in quel favoloso e irripetibile periodo, io abbia vissuto in un'altra realtà; era, il mio, un mondo di favola, dove tutto appare più bello, più colorato e più emozionante. Quegli anni, ormai lontanissimi, mi sembrano semplicemente meravigliosi, al di là di ciò che erano veramente (furono definiti "gli anni di piombo", perché in Italia e non solo, alcuni gruppi di terroristi portarono a compimento una serie di azioni violente, che lasciarono sul campo parecchie vittime). Mi succede di pensare a certi momenti che ho vissuto: dei lampi della mia lontana esistenza che ora, a ricordarli, sembrano appartenere ad un universo a sé stante, inverosimile, fantastico. Nascono, questi miei ricordi, da frammenti di tempo, minuti o secondi che si sono impressi nella mia memoria per non andarsene più; ora, sono diventati come le apparizioni della Madonna per i credenti: dei veri e propri sogni ad occhi aperti. Così, quando con la mente rivado a pescare qualcosa di quel mio mitico periodo, mi sembra che allora, la mia vita così come quella di tutti coloro che erano vivi in quegli anni, fosse più che mai felice e spensierata; la vedo, insomma, come un'età dell'oro. Naturalmente, mi rendo ben conto che questa non è la verità, e che le mie sensazioni erano tali perché stavo vivendo il periodo più bello della mia vita. Con il passare degli anni, mi sono accorto che, gradualmente, ho perduto quel modo unico di vedere le cose che appartiene solamente all'infante; crescendo, sempre più dai miei occhi sono caduti quel veli che coprivano la vera e dura realtà delle cose. A proposito di ciò, voglio qui inserire due frammenti tratti da altrettanti libri, in cui a mio parere viene precisato in modo eccelso, quel concetto di "infanzia mitica" che, con parole meno forbite ho voluto esprimere in queste poche righe. Il primo frammento appartiene a Feria d'agosto di Cesare Pavese, e si trova nel sottocapitolo intitolato: Del mito, del simbolo e d'altro.

Nessun bambino ha coscienza di vivere in un mondo mitico. Ciò s’accompagna all’altro noto fatto che nessun bambino sa nulla del “paradiso infantile” a cui a suo tempo l’uomo s’accorgerà d’esser vissuto. La ragione è che negli anni mitici il bambino ha assai di meglio fare che dare un nome al suo stato. Gli tocca vivere questo stato e conoscere il mondo. Ora, da bambini il mondo s’impara a conoscerlo non – come parrebbe – con immediato e originario contatto alle cose, ma attraverso i segni di queste: parole, vignette, racconti. Se si risale un qualunque momento di commozione estatica davanti a qualcosa del mondo, si trova che ci commoviamo perché ci siamo già commossi; e ci siamo già commossi perché un giorno qualcosa ci apparve trasfigurato, staccato dal resto, per una parola, una favola, una fantasia che vi si riferiva e lo conteneva. Al bambino questo segno si fa simbolo, perché naturalmente a quel tempo la fantasia gli giunge come realtà, come conoscenza oggettiva e non come invenzione (Che l'infanzia sia poetica è soltanto una fantasia dell'età matura). Ma questo simbolo, nella sua assolutezza, solleva alla sua atmosfera la cosa significata, che col tempo diviene nostra forma immaginativa assoluta. Tale la mitopeia infantile, e in essa si conferma che le cose si scoprono, si battezzano, soltanto attraverso i ricordi che se ne hanno. Poiché, rigorosamente, non esiste un «veder le cose la prima volta»: quella che conta è sempre una seconda.

Ora, volendo meditare su questo scritto di Pavese, trovo che, particolarmente nella prima parte, abbia pienamente centrato il bersaglio; l'inconsapevolezza della propria felicità è palese nel bambino, preoccupato soltanto di vivere quel tempo seguendo i suoi istinti, senza pensieri esistenziali che non appartengono a quell'età. Infatti, io mi ricordo che ebbi, per la prima volta, una vaga sensazione della mia felicità, quando avevo già compiuto dodici anni: ero quindi quasi al limite dell'infanzia. Verissimo anche il concetto relativo alla fantasia infantile, che fa divenire le cose, le persone e tutto ciò che ci capita sotto gli occhi, qualcosa di stupendamente bello (e anche di irreale).
Ecco, come secondo frammento, la parte iniziale de Il fanciullino di Giovanni Pascoli.

È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo distinto nell'età giovanile forse così come nella più matura, perché in quella occupati a litigare e perorare la causa della nostra vita, meno badiamo a quell'angolo d'anima d'onde esso risuona. E anche, egli, l'invisibile fanciullo, si perita vicino al giovane più che accanto all'uomo fatto e al vecchio, ché più dissimile a sé vede quello che questi. Il giovane in vero di rado e fuggevolmente si trattiene col fanciullo; ché ne sdegna la conversazione, come chi si vergogni d'un passato ancor troppo recente. Ma l'uomo riposato ama parlare con lui e udirne il chiacchiericcio e rispondergli a tono e grave; e l'armonia di quelle voci è assai dolce ad ascoltare, come d'un usignuolo che gorgheggi presso un ruscello che mormora.

Quindi, il Pascoli afferma che il bambino (o fanciullino che dir si voglia) rimane in noi anche dopo la fine dell'infanzia, ma, se durante la giovinezza sembra quasi assente perché viene rinnegato con una certa vergogna, a mano a mano che gli anni passano, tende a rifarsi vivo e diventa sempre più fondamentale per l'uomo maturo, che lo ama e lo ricorda dolcemente. Personalmente, devo dire che non ho mai rinnegato la mia infanzia, neppure in età giovanile, ma l'ho rimpianta fin dall'adolescenza, perché già la percepivo quale periodo indiscutibilmente migliore della mia vita. Oggi, come ho già detto, adoro la mia infanzia come fosse un Dio.
Termino questa mia dissertazione con una poesia di Tito Marrone intitolata Un fanciullo; fa parte della raccolta Liriche, pubblicata dall'editore Artero di Roma nel 1904. In questi ventiquattro versi il poeta racconta una storia che potrebbe essere un sogno, o un fantasioso, ipotetico mondo che immagina possa esistere dopo la morte; è, alla fine, un desiderio di ritornare indietro nel tempo e rivivere l'età infantile.



UN FANCIULLO

Tu che mi guidi per mano
lungo le gelide vie,
senza parlarmi, straniero,
dove mi porti? Io ti seguo

docile: sono un fanciullo
docile. Oh, portami al sole!
Io non so stare nell'ombra
senza la mamma vicina.

Quando, la notte, dormivo,
io non temevo di niente;
c'era con me la mia mamma
c'era nell'ombra la luce.

Ora, non so perché faccia
questo infinito viaggio;
sono stanchissimo: cade
sopra il mio petto la testa.

Sembrami che di lontano
vengano voci infantili.
Per ch'io sorrida, mi porti
verso i piacevoli giochi?

Vedo lontani fanciulli.
Sono i miei piccoli amici?...
C'è la mia mamma con loro?...
Sono contento. Sorrido.



domenica 15 luglio 2018

Poeti dimenticati: Ettore Moschino


Nacque a L'Aquila nel 1867 e morì a Roma nel 1941. Oltre che poeta fu drammaturgo, narratore e giornalista. Completò i suoi studi a Napoli; qui strinse amicizia con Gabriele D'Annunzio, divenendone fervente ammiratore. Si trasferirsi quindi a Roma, dove collaborò a varie riviste e iniziò la sua carriera di letterato. La sua unica raccolta di versi: I lauri, uscì nel 1908. In questo volume, che diede una certa notorietà allo scrittore abruzzese, si evidenzia, oltre all'influenza del conterraneo ed amico D'Annunzio, una certa ricorrenza di temi cari alla poesia decadente. In seguito proseguì la sua attività giornalistica nonché letteraria, pubblicando negli anni alcuni poemi drammatici, romanzi e novelle.   



Opere poetiche

"I lauri", Treves, Milano 1908.




Presenze in antologie

"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (pp. 413-414).
"La fiorita francescana", a cura di Tommaso Nediani, Istituto italiano d'arti grafiche, Bergamo 1926 (pp. 113-115).



Testi

AMEBEO D'AMORE. ALL'ALBA

Schiude l'Aurora i veli
bianchi a le fiamme d'oro;
s'alzano in lento coro
sospiri umani a' cieli.

Brilla un lume soave
su le innocenti cose,
da le rose odorose
sorge un bisbiglio d'ave.

Trema ne le fontane
l'inno de gli astri spenti;
giungon echi su' vènti
di campane lontane.

Oh prodigio! Oh fervore
del mondo che s'innova!
Ei richiama a sua prova
l'onnipossente amore!

Tutto rinasce, e assorta
sola in tuo sogno taci?
Oh terrore! Tu giaci
sì come Ofelia: morta!

(dalla rivista "Poesia", ottobre 1905)




IL CIGNO

Il Sol, che per le vie grigie de l'aria,
il pallido invernale oro distende,
calando nella gran selva risplende
come lampada in urna funeraria.

Non grido o passo ne la statuaria
calma; non ala il marsio bosco fende.
Morte, le ninfe: sol la nebbia scende
grave ne la tristezza solitaria.

Canta un cigno su 'l lago: dolcemente
canta, ed invoca la sua bianca assente;
ma poi che tutto ne l'ombra soggiacque,

ei, reclinando il puro collo a l'acque,
e l'ali aprendo a foggia d'una lira,
stanco, l'armoniosa anima spira...

(da "I lauri")


sabato 7 luglio 2018

L'importanza delle antologie


Le antologie poetiche sono state fondamentali per la mia conoscenza di molti poeti italiani dell'Ottocento e del Novecento. Fin da quando nacque in me la passione per la poesia, nelle occasioni in cui mi capitava di entrare in una libreria, era facile che le cercassi e, in certi casi, le acquistassi. La prima, la comperai in una libreria del quartiere Prati di Roma; s'intitola: Gozzano e i crepuscolari. Fino a quel momento, pur avendo già letto qualcosa al riguardo, non conoscevo affatto i versi dei cosiddetti poeti crepuscolari, a parte Sergio Corazzini, di cui avevo già in casa l'intera opera poetica. Sfogliando quell'antologia, per la prima volta mi entusiasmai alla lettura delle poesie di Marino Moretti, Corrado Govoni, Aldo Palazzeschi, Carlo Vallini, Fausto Maria Martini, Carlo Chiaves ecc. In seguito trovai un'altra antologia, intitolata I crepuscolari, che molto si rifaceva ad una con lo stesso titolo, pubblicata quasi trenta anni prima e, ormai, non più reperibile. Grazie a quest'ultima, ebbi modo di approfondire ulteriormente la mia conoscenza dei crepuscolari, trovando anche altri poeti interessanti come Tito Marrone, Auro D'Alba e Remo Mannoni. Però i crepuscolari non mi bastavano: i miei interessi poetici erano molto più estesi e comprendevano quasi tutta la poesia italiana novecentesca. Per tale motivo decisi di acquistare alcune antologie in cui fossero presenti i poeti italiani del XX secolo; quelle che trovai in commercio furono tre: Poeti italiani del Novecento della Mondadori; Poesia italiana: Il Novecento della Garzanti; Poesia italiana del Novecento della Einaudi. Le prime edizioni di queste tre opere risalgono, rispettivamente al 1978, al 1980 e al 1969; fortunatamente furono ristampate più di una volta e, tutt'ora, credo sia facile trovarle in libreria. Grazie a queste antologie il mio orizzonte si allargò decisamente, e conobbi ottimi poeti che fino ad allora ignoravo; infatti, tra gli antologizzati, oltre ai nomi più famosi, che già conoscevo perché presenti nei testi scolastici, come Giuseppe Ungaretti, Umberto Saba, Vincenzo Cardarelli, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Alfonso Gatto e Mario Luzi, ci trovai anche quelli di Mario Novaro, Paolo Buzzi, Carlo Michelstaedter, Diego Valeri, Camillo Sbarbaro, Giorgio Vigolo, Adriano Grande, Carlo Betocchi, Sergio Solmi, Raffaele Carrieri, Libero De Libero, Leonardo Sinisgalli, Attilio Bertolucci, Giorgio Caproni, Antonia Pozzi, Vittorio Sereni, Umberto Bellintani, Alessandro Parronchi, Giorgio Bassani, Margheria Guidacci, Bartolo Cattafi, Roberto Roversi, Rocco Scotellaro ecc. Tutti poeti che mi piacquero (qualcuno alla follia), e che cominciai a ricercare negli scaffali delle librerie. Ma, nel frattempo, cominciai ad interessarmi anche della poesia italiana dell'Ottocento. Mi resi presto conto che, la parte più coinvolgente di questo secolo, era per me l'ultima: presso a poco quella compresa tra il 1880 e il 1899. Conoscevo piuttosto bene la poesia di Giovanni Pascoli, di cui avevo già acquistato dei libri; sapevo qualcosa di Gabriele D'Annunzio, di Giosuè Carducci (che però non mi appassionava più di tanto) e degli scapigliati. Per il resto, si può dire che fossi completamente all'oscuro. Anche in questo caso, fu grazie ad un'antologia trovata in una delle tante librerie romane che visitavo (Poesia italiana: L'Ottocento della Garzanti) che ebbi l'opportunità di scoprire ulteriori poeti interessantissimi come Enrico Panzacchi, Olindo Guerrini, Giovanni Camerana, Arturo Graf, Pompeo Bettini e Adolfo De Bosis; costoro, seppi, furono determinanti per la nascita successiva della a me tanto cara poesia crepuscolare. Continuai quindi a cercare le antologie della poesia italiana ottocentesca, scoprendone diverse - tutte interessanti - in cui questi poeti sopra citati, così come tanti altri ancora, erano definiti "minori" (tra le altre: I poeti minori dell'Ottocento della Rizzoli, Poeti minori dell'Ottocento della Ricciardi e Poeti minori dell'Ottocento italiano della Vallardi) e, ovviamente, le acquistai tutte. Un giorno, recandomi in una grande libreria che si trovava (e forse si trova ancora) in via Appia Nuova, riuscii a trovare un'antologia unica, originalissima e preziosissima: Dal simbolismo al dèco, pubblicata nel 1981 dalla Einaudi; questa, credo sia la sola opera antologica che si occupi in modo capillare di alcune tendenze poetiche presenti nel nostro paese tra l'ultimo decennio dell'Ottocento e il primo ventennio del Novecento. Nelle pagine dei due tomi di cui si compone, finalmente ebbi modo di leggere alcuni versi di poeti tutt'al più citati in vari saggi e in qualche antologia (Diego Angeli, Federico De Maria, Luisa Giaconi, Cosimo Giorgieri-Contri, Giuseppe Lipparini, Marino Marin, Pietro Mastri, Domenico Tumiati, Mario Venditti). A distanza di molti anni, riuscii a reperire anche Poeti simbolisti e liberty in Italia, ovvero l'antologia che per prima si occupò, sebbene in modo meno approfondito e più generalizzato, di questo determinato settore poetico. A questo punto, considerando il fatto che, negli anni, avevo continuato ad aggiungere, negli scaffali della mia biblioteca, un numero non indifferente di antologie poetiche riguardanti varie branche temporali e settoriali, i miei acquisti in tale ambito divennero molto più rari - anche perché nasceva il rischio di acquisire opere che non avevano valore, raccogliendo versi di autori insignificanti o quasi -. Ma ancora oggi, molte delle antologie che posseggo mi vengono utili, per non dire necessarie, perché mi consentono di fare ulteriori scoperte riguardanti poeti che, chissà come, mi sono sfuggiti nelle precedenti letture, o che non avevo approfondito abbastanza. Allo stesso tempo, mi sono utili i saggi introduttivi dei curatori di opere antologiche: spesso pieni di importanti argomentazioni, notizie e giudizi. Chiudo con un nutrito elenco di antologie che sono state e sono per me fondamentali; non ho inserito quelle incentrate sui poeti di una o più regioni italiane, quelle relative a riviste e qualche altra poco significativa, che comperai perché curioso di conoscerne i contenuti. I lettori più attenti e preparati, leggendolo noteranno l'assenza di alcune opere antologiche basilari, soprattutto per quel che riguarda la poesia italiana novecentesca; ebbene questi libri ancora non sono entrati a far parte della mia biblioteca ma, non escludo che in futuro, se si dovessero presentare le occasioni giuste, possano entrarci.


LE MIE ANTOLOGIE 

"Dai nostri poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903
"I poeti della Scuola romana (1850-1870), a cura di Domenico Gnoli, Laterza, Bari 1913
"I Poeti Italiani del secolo XIX", a cura di Raffaello Barbiera, Treves, Milano 1913
"Poeti italiani d’oltre i confini", a cura di Giuseppe Picciòla, Sansoni Firenze 1914
"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923
"Poeti d'oggi: 1900-1925", 2° edizione aumentata a cura di Giovanni Papini e Pietro Pancrazi, Vallecchi, Firenze 1925
"La fiorita francescana", a cura di Tommaso Nediani, Istituto italiano d'arti grafiche, Bergamo 1926
"Le più belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe, Carabba, Lanciano 1928
"Poeti Novecento", Mondadori, Milano 1928
"La poesia italiana di questo secolo", a cura di Pietro Mignosi, Edizioni del Ciclope, Palermo 1929
"La nuova poesia religiosa italiana", a cura di Gino Novelli, La Tradizione, Palermo 1931
"Antologia della lirica contemporanea dal Carducci al 1940", a cura di Enrico M. Fusco, SEI, Torino 1947
"Antologia della lirica italiana. Ottocento e Novecento", nuova edizione, a cura di Carlo Culcasi, Garzanti, Milano 1947
"Mezzo secolo di poesia", a cura di Luigi Fiorentino, Maia, Siena 1951
"Antologia della poesia itlaiana 1909-1949", a cura di Giacinto Spagnoletti, Guanda, Bologna 1952
"Antologia della poesia religiosa italiana contemporanea", a cura di Valerio Volpini, Vallecchi, Firenze 1952
"Lirica del Novecento", a cura di Luciano Anceschi e Sergio Antonielli, Vallecchi, Firenze 1953
"Poeti minori del secondo Ottocento italiano", a cura di Angelo Romanò, Guanda, Bologna 1955
"I poeti minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958
"Dal Carducci ai contemporanei", a cura di Giovanni Getto e Folco Portinari, Zanichelli, Bologna 1957
"La giovane poesia. Saggio e repertorio", a cura di Enrico Falqui, Colombo, Roma 1957
"Un secolo di poesia", a cura di Giovanni Alfonso Pellegrinetti, Petrini, Torino 1957
"Poeti minori dell'Ottocento", a cura di Luigi Baldacci, Ricciardi, Napoli 1958
"Antologia della Poesia Italiana Cattolica del Novecento", a cura di Mario Nanteli, UPSCI, Roma 1959
"Poesia italiana contemporanea: 1909-1959", a cura di Giacinto Spagnoletti, Guanda, Parma 1959
"Poeti minori dell'Ottocento", a cura di Giuseppe Petronio, Utet, Torino 1959
"Poeti della scapigliatura", a cura di Mario Petrucciani e Neuro Bonifazi, Argalia, Urbino 1962
"L'antologia dei poeti italiani dell'ultimo secolo", a cura di Giuseppe Ravegnani e Giovanni Titta Rosa, Martello, Milano 1963
"La poesia italiana contemporanea dal Carducci ai nostri giorni", a cura di Giorgio Barberi Squarotti e Stefano Jacomuzzi, D'Anna, Firenze 1963
"Poeti minori dell'Ottocento italiano", a cura di Ferruccio Ulivi, Vallardi, Milano 1963
"La poesia femminile del '900", a cura di Gaetano Salveti, Edizioni del Sestante, Padova 1964
"Poesia satirica nell'Italia d'oggi", a cura di Cesare Vivaldi, Guanda, Parma 1964
"I poeti della Scuola romana dell'Ottocento", a cura di Ferruccio Ulivi, Cappelli, Bologna 1964
"Le cinque guerre", a cura di Renzo Laurano e Gaetano Salveti, Nuova Accademia, Milano 1965
"I crepuscolari: saggio e composizioni", a cura di Nino Tripodi, Edizioni del Borghese, Milano 1966
"Poeti simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972
"Letteratura dell'Italia unita: 1861-1968", a cura di Gianfranco Contini, Sansoni, Firenze 1968
"Poesia dell'Ottocento", a cura di Carlo Muscetta ed Elsa Sormani, Einaudi, Torino 1968
"Poesia italiana del Novecento", a cura di Edoardo Sanguineti, Einaudi, Torino 1969
"Secondo Ottocento", a cura di Luigi Baldacci, Zanichelli, Bologna 1969
"Poeti italiani del XX secolo", a cura di Alberto Frattini e Pasquale Tuscano, La Scuola, Brescia 1974
"Poesia italiana dell'Ottocento", a cura di Maurizio Cucchi, Garzanti, Milano 1978
"I poeti del Futurismo 1909-1944" a cura di Glauco Viazzi, Longanesi & C., Milano 1978
"Poeti della rivolta", a cura di Pier Carlo Masini, Rizzoli, Milano 1978
"Poeti italiani del Novecento", a cura di Pier Vincenzo Mengaldo, Mondadori, Milano 1978
"L'albero a cui tendevi la pargoletta mano", a cura di due anonimi, Mursia 1979
"Poeti del riflusso", a cura di Rina Gagliardi, Savelli, Roma 1979
"Poesia italiana del Novecento", a cura di Piero Gelli e Gina Lagorio, Garzanti, Milano 1980
"Dal simbolismo al déco", a cura di Glauco Viazzi, Einaudi, Torino 1981
"Poesia italiana del Novecento", a cura di Elio Gioanola, Librex, Milano 1986
"I futuristi", a cura di Francesco Grisi, Newton Compton, Roma 1990
"Poesia italiana del Novecento", a cura di Elio Pecora, Newton Compton, Roma 1990
"Otto secoli di poesia italiana", a cura di Giacinto Spagnoletti, Newton Compton, Roma 1993
"Marinetti e i futuristi", a cura di Luciano De Maria, Garzanti, Milano 1994
"Poesia religiosa italiana", a cura di Ferruccio Ulivi e Marta Savini, Piemme, Casale Monferrato 1994
"Con la violenza la pietà : poesia e Resistenza", a cura di Roberto Cicala, Interlinea, Novara 1995
"Nuovi poeti italiani contemporanei", a cura di Roberto Galaverni, Gualardi, Rimini 1996
"Poeti italiani del secondo Novecento, 1945-1995", a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi, Mondadori, Milano 1996
"Il canto strozzato: Poesia italiana del Novecento", a cura di Giuseppe Langella e Enrico Elli, Interlinea, Novara 1997
"Cento anni di poesia nella Svizzera italiana", a cura di Giovanni Bonalumi, Renato Martinoni e Pier Vincenzo Mengaldo, Dadò, Locarno 1997
"Lirici della Scapigliatura", seconda edizione aggiornata a cura di Gilberto Finzi, Mondadori, Milano 1997
"Melodie della terra: Novecento e natura", a cura di Plinio Perilli, Crocetti, Milano 1997
"Poesia italiana del Novecento", a cura di Ermanno Krumm e Tiziano Rossi, Skira, Milano 1997
"Le notti chiare erano tutte un'alba", a cura di Andrea Cortellessa, Bruno Mondadori, Milano 1998
"Antologia della poesia italiana. Ottocento-Novecento", diretta da Cesare Segre e Carlo Ossola, Einaudi, Torino 1999.
"I poeti crepuscolari", a cura di Giorgio De Rienzo, Mondadori, Milano 1999
"Dagli scapigliati ai crepuscolari", a cura di Gabriella Palli Baroni, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 2000
"Poesia e realtà 1945-2000", a cura di Giancarlo Majorino, Tropea, Milano 2000
"Il pensiero dominante: poesia italiana 1970-2000", a cura di Franco Loi e Davide Rondoni, Garzanti, Milano 2001
"La poesia del Novecento italiano", a cura di Niva Lorenzini, Carocci, Roma 2002
"La poesia italiana oggi", a cura di Giorgio Manacorda, Castelvecchi, Roma 2004
"Dopo la lirica: poeti italiani 1960-2000", a cura di Enrico Testa, Einaudi, Torino 2005
"Poesie di Dio", a cura di Enzo Bianchi, Einaudi, Torino 2005
"Torino Art Nouveau e Crepuscolare", a cura di Roberto Rossi Precerutti, Crocetti, Milano 2006
"La poesia scapigliata", a cura di Roberto Carnero, Rizzoli, Milano 2007
"Poesia surrealista italiana", a cura di Gabriella Sica, San Marco dei Giustiniani, Genova 2007
"Gruppo 63: l'antologia", a cura di Nanni Balestrini e Alfredo Giuliani, Bompiani, Milano 2013

domenica 1 luglio 2018

La luna nella poesia italiana decadente e simbolista


La luna in ambito poetico, è stata, è e sarà sempre un argomento portante. Sono numerosissime le poesie famose che vedono la luna protagonista (si pensi al Leopardi), e tante sono anche quelle scritte nel periodo compreso tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Analizzando queste ultime, si nota che le ambientazioni sono diverse e, in alcuni casi, atipiche; spesso però è presente una situazione di plenilunio che crea un mondo fantastico, in cui uomini, animali e vegetali assumono comportamenti strani; i raggi lunari rendono visibili luoghi affascinanti e misteriosi, che durante il giorno sembrerebbe impossibile vedere. Spesso il poeta si rivolge al satellite e gli fa delle domande, oppure lo invoca semplicemente, come fosse un dio. Varie sono anche le forme in cui, con molta fantasia, questi poeti riescono a vedere la luna: una medaglia, uno specchio, una lampada, un teschio... La luna, a sua volta, in taluni casi assume le fattezze umane (ha occhi, bocca e persino un ventre) e parla, magari confessando di non provare amore. Infine la luna, proprio come un essere vivente, muore, e finisce in un cimitero di margherite (Emanuele Sella).



Poesie sull'argomento

Vittoria Aganoor: "Schizzo" in "Leggenda eterna" (1900).
Antonino Anile: "Plenilunio" in "Poesie" (1921).
Paolo Buzzi: "Notte di luna" in "Aeroplani" (1909).
Enrico Cavacchioli: "Notturno d'agosto" in "Le ranocchie turchine" (1909).
Giovanni Alfredo Cesareo: "Il trionfo della luna" in "I canti di Pan" (1920).
Arturo Colautti: "Plenilunio" in "Canti virili" (1896).
Luigi Donati. "Poesia morta" in "Poesia di passione" (1928).
Diego Garoglio: "Occhio velato..." in "Sul bel fiume d'Arno" (1912).
Giulio Gianelli: "Silenziosa musica di luna" in "Intimi vangeli" (1908).
Cosimo Giorgieri Contri: "Insonnia lunare" in "La donna del velo" (1905).
Alessandro Giribaldi: "Luna su i Gigli" in "Il 1° libro dei trittici" (1897).
Alessandro Giribaldi: "Madrigale alla luna" in "Canti del prigioniero e altre liriche" (1940).
Corrado Govoni: "La luna" in "Poesie elettriche" (1911).
Arturo Graf: "Medaglia antica" in "Morgana" (1901).
Arturo Graf: "Fantasma lunare" in "Le Danaidi" (1897).
Arturo Graf: "Luna sorgente" e "Luna cadente" in "Le Rime della Selva" (1906).
Gian Pietro Lucini: "Luna classica e piena per le lunatiche", "Parade", "Miraggi di luna" e "Un tisico alla luna" in "Le antitesi e le perversità" (1971).
Mario Malfettani: "Luna su le viole" in "Il 1° libro dei trittici" (1897).
Enzo Marcellusi: "Buona mamma del cielo" in "I canti violetti" (1912).
Nicola Marchese: "Alla luna" in "Le Liriche" (1911).
Fausto Maria Martini: "Selene" in "Le piccole morte" (1906).
Pietro Mastri:"La spola (luna mattutina)", "Lo specchio (luna piena)" e "Il diadema (Luna calante)" in "L'arcobaleno" (1900)
Arturo Onofri: "Elegia con la luna" in "Canti delle oasi" (1909).
Francesco Pastonchi: "Nascer di luna" in "Belfonte" (1903).
Antonio Rubino: "Insidie lunari" in "versi e disegni" (1911).
Cristoforo Ruggieri: "Plenilunio d'Ottobre" in "Ritmi" (1900).
Raffaele Salustri: "Bianco raggio di luna" in "Poesie" (1891).
Emanuele Sella: "Trittico della morte della luna" in "Monteluce" (1909).
Emanuele Sella: "Laetitia lunae" in "L'Ospite della Sera" (1922).
Alessandro Varaldo: "Luna su le Rose" in "Il 1° libro dei trittici" (1897).
Alessandro Varaldo: "Mezzanotte: cielo sereno" in "Marine liguri" (1898).
Mario Venditti, "Il martire insonne" in "Il terzetto" (1911)



Testi

LUNA SU LE ROSE
di Alessandro Varaldo

Un getto d'acqua in fondo a quel viale
invisibile piange ne la sera:
su l'orizzonte che ben lento annera
spunta la luna in un letiziale

sorriso e bacia come una sincera
bocca di donna tutta un'augurale
cesta di rose al nuziale
destino e forse all'ultima preghiera.

Quale bacio è più dolce in su le rose
un poco gialle poi che è morto il giorno?
Ride la luna e lentamente passa

sorgendo e bacia tutti i fiori intorno.
Più d'una rosa umile il capo abbassa,
tristi fanciulle e giovinette spose.

(da "Il 1° libro dei trittici")




INSIDIE LUNARI
di Antonio Rubino

Simili a immensi mausolei diruti
guardan le cime ai laghi ferrugigni:
passa la luna, cadono i minuti
freddi sul cuore ignudo dei macigni.

Passa la luna fredda sui macigni
senza che il volto dell'orrore muti:
la gran ruina è piena di sogghigni
come un ammasso di teschi caduti.

Morta, che i campi della Morte irrighi
liquida luna, a cui bocche infinite
di teschi si protendono per bere,

io ti sento su me pendula bere,
intenta luna, poi che le stupite
vie del silenzio non un sogno irrighi.

(da "Versi e disegni")


Peder Severin Krøyer, "Summer evening on the beach at Skagen. The painter and his wife"
(da questa pagina)