giovedì 7 giugno 2012

Sotto i colpi

C'è gente che ci passa la vita
che smania di ferire:
dov'è il tallone gridano dov'è il tallone,
quasi con metodo
sordi applicati caparbi.

Sapessero
che disarmato è il cuore
dove più la corazza è alta
tutta borchie e lastre, e come sotto
è tenero l'istrice.



Questa poesia di Nelo Risi fa parte del volumetto "Pensieri elementari" (Mondadori, Milano 1961) ed è una delle più profonde e più belle liriche del poeta milanese. Il testo, nella sua prima parte, parla del gusto, si direbbe sadico, che prova molta gente nel colpire il suo prossimo per farlo soffrire nel modo più crudele possibile; cercano, per tale motivo, di individuare il "tallone d'Achille" sì da poterlo ferire mortalmente. Nella seconda parte Risi invita ad una riflessione riguardo alla fragilità che accomuna più o meno tutti gli esseri umani, malgrado alcuni di loro esibiscano certi comportamenti atti a nascondere, con una palese dimostrazione di forza e di invulnerabilità, la presenza più che mai marcata di debolezza, nascosta strenuamente ostentando una falsa personalità tutta piena di atteggiamenti aggressivi; esattamente come fa l'istrice che per non essere attaccato si chiude entro la sua pungente corazza.
 

mercoledì 6 giugno 2012

Antologie: "Dagli Scapigliati ai Crepuscolari"

"Dagli Scapigliati ai Crepuscolari" è un vero e proprio volume enciclopedico stampato nel 2000 a Roma dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato. Trattasi di un'antologia poetica realizzata dal critico letterario Gabriella Palli Baroni e dal poeta Attilio Bertolucci che fa parte della collana "Cento libri per Mille anni". Nelle 1082 pagine del volume sono presenti versi scelti di 29 poeti italiani attivi tra il 1861 e il 1924. Un sessantennio che, come fa intendere il titolo dell'opera, parte dalla nascita del movimento letterario definito "Scapigliatura" (nel 1861 uscì la prima raccolta poetica di Emilio Praga, poeta scapigliato per eccellenza), e giunge fino al completo esaurimento della cosiddetta poesia crepuscolare. Se si vanno a leggere i nomi di tutti i poeti compresi dai curatori, certo si noterà l'assenza della triade più importante della poesia italiana, per quel che riguarda il periodo compreso tra il secondo Ottocento e i primi dieci anni del Novecento: Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli, Gabriele D'Annunzio; ma il motivo è spiegato dal fatto che, almeno ai primi due, è stato dedicato un volume autonomo all'interno della collana stessa. Altra cosa che salta all'occhio è la particolare attenzione riservata a due poeti: Guido Gozzano e Sergio Corazzini; i massimi esponenti della poesia crepuscolare sono infatti qui rappresentati da un largo numero di poesie, decisamente maggiore rispetto a tutti gli altri. Si nota poi con piacere la presenza, in quest'antologia, di poeti che in tempi recenti sono stati sempre ignorati: parlo di Luigi Gualdo, Luisa Giaconi, Ada Negri, Giovanni Cena, Pietro Mastri, Angiolo Silvio Novaro e Nicola Moscardelli. Se è vero che i versi di costoro non rappresentino un sostanziale rinnovamento della poesia italiana, è anche vero che la loro qualità, se non eccelsa, è sicuramente più che buona; per questo è ingiusto, a mio avviso, non considerarli affatto, sia che si parli di lirica del XIX secolo che di quella del Novecento. Riguardo alle esclusioni invece, qualche perplessità può nascere nel non trovare alcuni crepuscolari piuttosto importanti come Carlo Vallini e Giulio Gianelli, così come altri poeti vicini al crepuscolarismo (Guelfo Civinini e Francesco Gaeta per esempio); anche l'assenza di alcuni poeti minori del secondo Ottocento come Domenico Gnoli, Enrico Panzacchi e Adolfo De Bosis in parte dispiace. Non si può discutere sul fatto che, comunque la si pensi circa i nomi selezionati, questa antologia sia tra le migliori pubblicate nell'ultimo ventennio: sia considerando la struttura, sia la scelta delle poesie e sia anche l'aspetto. Un libro insomma molto elegante e raro, da leggere, rileggere e conservare con la massima cura. Ecco i nomi dei poeti presenti in "Dagli Scapigliati ai Crepuscolari".




 



Emilio Praga, Arrigo Boito, Igino Ugo Tarchetti, Giovanni Camerana, Vittorio Betteloni, Luigi Gualdo, Remigio Zena, Contessa Lara, Olindo Guerrini, Pompeo Bettini, Arturo Graf, Sergio Corazzini, Amalia Guglieminetti, Guido Gozzano, Carlo Chiaves, Fausto Maria Martini, Luisa Giaconi, Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Ada Negri, Giovanni Cena, Pietro Mastri, Nicola Moscardelli, Angiolo Silvio Novaro, Mario Novaro, Diego Valeri, Nino Oxilia, Marino Moretti, Corrado Govoni, Aldo Palazzeschi.

domenica 3 giugno 2012

Da "L'idiota" di Fjodor Dostojevskij

Davanti a sé vedeva il cielo limpidamente azzurro, sotto di sé il lago, intorno l'orizzonte luminoso, senza principio né fine. Ed egli contemplava tutto ciò con l'anima torturata. Ora si ricordò come tendeva le braccia verso quell'azzurro risplendente e lontano e piangeva. Si sentiva estraneo a quella magnificenza, e ne soffriva. Che cos'era quel banchetto, quella continua festa immensa, che durava eternamente e alla quale si sentiva attratto da gran tempo, fin dalla prima infanzia, senza mai potervi prendere parte in alcun modo? Ogni mattina spunta lo stesso sole luminoso; ogni mattina, sulla cascata, s'incurva l'arcobaleno; ogni sera, laggiù, all'estremo limite del firmamento, si accende di una fiamma purpurea la cima del monte più alto, coperta di neve; ogni «piccolo moscerino che continua a ronzare intorno a lui in un raggio di sole partecipa a quel coro festoso, vi ha il proprio posto, lo ama ed è felice», ogni fuscello cresce ed ha la sua parte di felicità! Ogni essere, ogni cosa ha il suo sentiero ben tracciato, che percorre tra i canti; egli solo non sa nulla, non capisce nulla, è estraneo agli uomini, estraneo ai suoni, a tutto, è un rinnegato della natura.

(Da "L'Idiota" di Fjodor Dostojevskij, Mursia, Milano 1962, pp. 543-544)

"Onore del vero" di Mario Luzi

Nel 1957 Mario Luzi pubblica il suo sesto volume di poesie, intitolato "Onore del vero" (Neri Pozza, Venezia); si tratta dell'opera migliore di Luzi, ormai lontano dalla poetica dell'ermetismo di cui era stato tra i migliori esponenti nelle sue prime pubblicazioni come "Avvento notturno" (1940) e "Un brindisi" (1946). Superata la soglia dei quarant'anni, il poeta toscano inserisce nei suoi versi molte note esistenziali, fa un bilancio (spesso amaro) della propria esistenza, descrive i paesaggi dei posti dove vive o dove si reca, che divengono simbolo dei suoi stati d'animo e della sua vita; a tal riguardo è molto bello un articolo di Pier Paolo Pasolini incluso in "Passione e ideologia" (Garzanti, milano 1973) in cui lo scrittore friulano elenca una serie di poesie del volume citato, sottolineando le caratteristiche del paesaggio che ne emerge: « [...] Insomma nella terra in cui vive Luzi, piove sempre o quasi, o soffia il vento, o gela. Se c'è il sole, è un sole insano, che dà malessere; se c'è sereno, è quel sereno allucianato e faticoso che tormenta il corpo del malato, del convalescente, dello psicastenico... A questa «scelta» del paesaggio nel paesaggio reale, corrisponde un'analoga «scelta», diciamo, sociologica. [...] Abbiamo tuguri in periferie fluviali, baraccamenti, campi di profughi, osterie tristi come antri, ecc. I personaggi che popolano questi posti sono, più che dei poveri, dei miserabili, degli zingari, molto vivaci e coloriti nella loro stravaganza sociale, benché atrocemente grigi ». Quindi, oltre ai paesaggi, anche i personaggi di queste poesie riflettono gli umori cupi di Luzi; non è assente poi una religiosità quasi celata, che un altro poeta, Giovanni Raboni, ha posto in evidenza in quest'altro articolo: « Nelle Primizie del deserto e, ancora di più nell'Onore del vero, il dibattito religioso che rappresenta la continuità della poesia di Luzi ci appare ormai indissolubilmente connesso a un paesaggio, a una cronaca essenziale perfettamente identificabile nel suo nucleo di persone, abitudini, mestieri. Queste relazioni non soltanto rendono comunicabili gli estremi della vicenda interiore, ma la proiettano, duplicandone il significato, sull'area di una precisa condizione storica ». Nelle 31 poesie di "Onore del vero" risiede il momento di massima maturità poetica di Luzi, l'apice di una nuova fase già iniziata con l'opera precedente: "Primizie del deserto" (1952) e che si sarebbe conclusa con quella successiva (cronologicamente parlando): "Sul fondo delle campagne" (1965). Ecco quindi, dal suddetto volume, una tra le migliori poesie.
 

NOTIZIE A GIUSEPPINA DOPO TANTI ANNI

Che speri, che ti riprometti, amica,
se torni per così cupo viaggio
fin qua dove nel sole le burrasche
hanno una voce altissima abbrunata,
di gelsomino odorano e di frane ?

Mi trovo qui a questa età che sai,
né giovane né vecchio, attendo, guardo
questa vicissitudine sospesa;
non so più quel che volli o mi fu imposto,
entri nei miei pensieri e n’esci illesa.

Tutto l’altro che deve essere è ancora,
il fiume scorre, la campagna è varia,
grandina, spiove, qualche cane latra,
esce la luna, niente si riscuote,
niente dal lungo sonno avventuroso.
 

sabato 2 giugno 2012

Poeti dimenticati: Raffaele Salustri

Raffaele Salustri
Raffaele Salustri nacque a Roma nel 1843; nella città eterna visse facendo l'impiegato e morì nel 1892. In gioventù conobbe e apprezzò i poeti della Scuola romana, soprattutto i fratelli Maccari da cui assimilò la rara semplicità spirituale. Successivamente approfondì gli studi della letteratura europea e diventò fervente seguace di Victor Hugo. Le sue poesie riflettono un'anima intenta ad osservare con meraviglia le cose del mondo; un'anima pregna di spiritualità e conscia della propria, profonda solitudine.

 


Opere poetiche

"Versi", Pallotta, Roma 1866.
"Solitudini", Tipografia del Senato, Roma 1878.
"Solitudini e visioni", Forzani e C., Roma 1886.
"Myosotis", Tip. Fratelli Centenari, Roma 1888.
"Poesie", Artero, Roma 1891.
"Poesie e prose scelte edite e inedite", Forzani e C., Roma 1905.
 


Presenze in antologie

"I poeti minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958 (volume terzo, pp. 319-322).
"Poeti minori dell'Ottocento italiano", a cura di Ferruccio Ulivi, Vallardi, Milano 1963 (pp. 701-707).

 


Testi

La luna alta e serena
Tutta inradia l'amena
Fonte, e dà svariate
Bianchezze a le cascate,
Agl'intrecci, a le fughe,
A le placide rughe
Del bacin, da cui gronda,
Lento diluvio, l'onda,
Al fluttuar solenne
E di veli e di penne
E di frangie, che il vento
Scioglie in nebbia d'argento.
Ma i multiformi albori
Vince co' suoi candori
Lo zampillo, simile
A stelo alto e gentile,
Onde piovon croscianti
Fiori di diamanti.
Da l'acqua armoniosa
Un sospir senza posa
Esce; talor soave,
E talor triste e grave.

(Da "Poesie e prose scelte edite e inedite")


Pini

All'estremo orizzonte, i grandi pini
se n'andavano curvi, in lunga traccia,
a uno a uno come pellegrini;
e ciascuno recava per bisaccia,
alto sopra la livida brughiera,
una nuvola d'oro della sera.

(Da "Ariele" di Diego Valeri, Mondadori, Verona 1924, p. 15)


Spesso i migliori esiti della poesia di Diego Valeri si ritrovano in pochi versi che contengono immagini nate da una ineguagliabile e inaspettata fantasia. È il caso di "Pini", una poesia semplice in cui gli alberi vengono sottoposti ad una personificazione, divenendo così, nell'immaginario di chi li vede come non li vedono gli altri, dei pellegrini curvi che camminano in fila indiana lungo una brughiera e si portano sulle spalle delle bisacce, che in realtà sono nuvole, presenti e osservate da Valeri al di sopra degli alberi stessi: all'ultimo orizzonte.

venerdì 1 giugno 2012

Una frase di George Orwell

"La pubblicità è il rumore di un bastone in un secchio di rifiuti".


Questo pensiero di George Orwell non avrebbe bisogno di commenti tanto è eloquente; quante volte si è detto: "La pubblicità è l'anima del commercio", sarà anche così ma la sua invadenza penso abbia superato ogni limite. Ammesso che sia giusta la sua presenza non si capisce il motivo per cui debba essere inserita scriteriatamente in trasmissioni della TV, film, quotidiani, riviste e altro ancora. Ricordo la presa di posizione di alcuni grandi registi del nostro cinema quando, anni fa, gli spot pubblicitari venivano inseriti in modo massiccio all'interno di capolavori durante la loro mesa in onda: semplicemente scandaloso. E ricordo ancora di più i giornalini dei miei fumetti preferiti che comperavo da ragazzo, gradualmente essere letteralmente invasi dalle inserzioni pubblicitarie, tanto che alla fine trovavo più pagine commerciali che strisce di fumetti: vergognoso. Anche nello sport la pubblicità ha lentamente invaso il palcoscenico, basti pensare che una volta (e lo ricordo anch'io) era vietato qualsiasi tipo di pubblicità sulle casacche dei calciatori. Insomma con la scusa che la pubblicità produce ricchezza e migliora l'economia ce la propinano in gran quantità rendendocela nauseante.